𝑹𝒊𝒄𝒐𝒓𝒅𝒊 𝒄𝒉𝒆 𝒏𝒐𝒏 𝒗𝒐𝒈𝒍𝒊𝒐 𝒅𝒊𝒎𝒆𝒏𝒕𝒊𝒄𝒂𝒓𝒆

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I giorni passarono come fulmini ed io pensai solamente a noi. Io e lui che giocavamo e sorridevamo anche per le cose più stupide che ci potessero capitare. Eravamo bambini che sognavano.

E quindi i bambini possono sognare.

Era la Vigilia di Natale e la mia tristezza diventò paura.

'Sono terrorizzata dal rimanere sola, forse perchè quello non è solo amicizia. Ma cos'è?'

«Buongiorno, Avery. Domani è Natale, non sei contenta?» ricordò mia madre. 'Sì, che non sono contenta, perderò qualcuno e tu non ne saprai nulla ed io non me lo ricorderò nemmeno.'

«Non vedo l'ora» sorrisi falsamente mentre scendevo dal letto, facendo dei cenni a Frosty, continuavo a guardarla con felicità nei miei occhi.

Ritornò nei suoi passi e mi avvisò che era pronta la colazione. Andammo al piano di sotto e, come sempre, lasciai un po' di cibo a lui.

Ad ogni boccone sorridevo. Forse per non far vedere ciò che si era trasformato in paura, o forse per rassicurarlo che era tutto okay. Ma non lo era.

'Mi chiedo se ci rivedremo dopo questa notte.'

Salii le scale e andai in camera mia, il mio rifugio. Be', diciamo che in camera mia potevo avere l'espressione facciale che mi rappresentava, mentre davanti agli altri bisogna mostrarsi con un sorriso oppure chiederebbero "che è successo?" e dovrei per forza raccontare la verità alla quale non crederebbero nemmeno morti.

"Sapete, dopo aver stretto più di un'amicizia con un elfo, mi dovrò dimenticare di lui."
"Gli elfi non esistono" mi risponderebbero così oppure farebbero i finti tonti e mi darebbero ragione, ma crederebbero ancora che gli elfi non esistono.

"Ci credi ancora a Babbo Natale?"

'Ma alla fine, loro che ne sanno?' Io ci credo tutt'ora e ho sempre sentito queste inutili domande. Alla fine la mia memoria non mente.

Quando ritornai a letto, sentii la porta cigolare: era lui.

«Non sei triste?» mi chiese rimboccandomi le coperte. Feci finta di non sentire e chiusi gli occhi per intendere che stavo dormendo.

'Adesso sai che significa amare?'

No, ma...

«Come vuoi, buonanotte, Avery» mi baciò sulla fronte e chiuse le tende che coprivano il Sole.

'Ma non è buio e non è una buonanotte.'

Le mie guancie si surriscaldavano poco a poco, ma le coprii coi capelli neri. Non mi poteva vedere.

Si sedette davanti a me e mi fissò. Aprii un occhio e controllai, ma era ancora lì. Lo chiusi in immediato e lui si mise a ridere.

«Buongiorno?»

Mi coprii il viso con le coperte come se fossi arrabbiata, però venni scoperta e tutto in freddo mi avvolse.

Mi iniziò a fare il solletico, ma era inutile provare a toccarlo. Non ci riuscivo ancora, ma nonostante ciò continuavo a ridere.

'Anche se questa è una giornata triste, ridiamo. Ci sono altri giorni per piangere, questo non è uno di quelli.'

«Basta, ti prego» risi ancora e lui smise poiché mie suppliche lo avevano stufato.
«Cosa facciamo?» si sdraiò sul mio letto e guardò il soffitto, come io feci.

Gli dissi che potevamo fare due cose: uscire e fare una passeggiata o giocare con le bambole.

Avevo suggerito la prima e lui mi accontentò. 'D'altronde uscire da questa gabbia mi farebbe bene?' Bastava sperimentarlo.

𝒰𝓃 𝓂𝒶𝓰𝒾𝒸ℴ 𝒩𝒶𝓉𝒶𝓁ℯWhere stories live. Discover now