Oltre a loro, nella sala erano rimasti solo i figli di Zen che, al momento, erano accovacciati su di lei e piangevano il loro dolore. Yanzù, la più grande, singhiozzava disperata tra le braccia del fratello Cho di due anni più giovane.

Tike non aveva idea di dove fossero i figli della donna, probabilmente erano soli a gridare nella loro stanzetta, ma erano molto piccoli, probabilmente si sarebbero ripresi presto dallo shock; non avevano ancora conosciuto abbastanza sofferenze.

Daren era sparito, era stato il primo a riprendersi e aveva approfittato della situazione per salire sull'elevatore e andarsene. A Tike non era mai andato troppo a genio, ma da quando aveva scoperto che era stato lui ad aiutare Nauìya a fare tutto quello, aveva proprio iniziato a odiarlo. Era stato lui, inoltre, a sparare ad Aika, sapeva che non doveva fargliene una colpa visto che, come tutti loro, era controllato dall'esagonite, ma era certo che avrebbe seguito l'ordine di Nauìya anche senza di essa.

Aveva fatto bene ad andarsene, altrimenti Tike non avrebbe esitato un solo secondo a fargli raggiungere la sua cara moglie defunta.

Tike notò che Aaris si stava guardando attorno sconvolta. Per lui era un altro segno della sua buonafede, aveva voluto liberare le persone ma non ne aveva previste le conseguenze. Tutti facevano degli errori, e Tike sapeva di essere un buon esempio, ma l'importante era tentare di rimediare, proprio come aveva intenzione di fare lui.

Si avvicinò lentamente e a fatica alla ragazza. Non era abituato a provare il dolore del suo corpo vecchio, il rivestimento lo aveva celato per troppo tempo, e ora ci sarebbe voluto un po' prima che imparasse a convivere con tutto quello.

«Io sono Tike» si presentò, «grazie per averci liberati» le disse.

Aaris lo guardò con un misto di felicità e disperazione.

«In quanti sono morti a causa mia?» Domandò senza aspettarsi una risposta. Doveva sentirsi tremendamente in colpa per ciò che era accaduto.

«Nessuno, queste morti sono e devono restare esclusivamente nella coscienza di Nauìya, è lei che ha creato tutto questo, tu hai solo tolto il velo che nascondeva la realtà» le rispose.

«Ma Louid... e Zen...» disse lei, guardando i due corpi distesi a terra.

A Tike dispiaceva moltissimo per loro, le loro vite erano state un tormento continuo e senza fine; era questa la sorte di chi stava vicino a Nauìya.

«Aaris, non è colpa tua!» Intervenne il ragazzo che aveva distrutto la cupola. Le aveva preso una mano con fare protettivo. Tike vedeva dai suoi occhi quanto si sentisse confuso dall'aver perso il rivestimento, ma era felice di ciò che aveva fatto.

La ragazza abbassò lo sguardo, era evidente che non era consolata dalle parole che le venivano rivolte, lui sapeva che, per poter accettare le parole degli altri, doveva prima di tutto riuscire a perdonarsi lei stessa, doveva rendersi conto che ciò che era accaduto, non era una sua colpa.

«Sai, io ho fatto uccidere mia sorella e ho sparato alla mia migliore amica. Le uniche due persone che io abbia mai amato se ne sono andate a causa mia» disse allora Tike. Aaris sollevò lo sguardo per puntarlo su di lui, stupita.

«Non potrò mai perdonarmi per ciò che ho fatto, è colpa mia se Nauìya ha realizzato tutto questo» continuò.

Aveva ormai conquistato l'attenzione della ragazza che lo guardava senza fiatare, in attesa che lui arrivasse al punto.

«Adesso che ci hai liberati, avrei potuto abbandonarmi al mio dolore, avrei potuto decidere di farla finita, di odiarmi per il resto dei miei giorni per quello che ho fatto... e, effettivamente, penso che sarebbe stata la scelta più facile» continuò, «ma poi ho pensato a come sono morte, a ciò per cui combattevano, e ho capito che abbandonandomi al dolore avrei abbandonato anche loro, sarebbe stato come ucciderle una seconda volta».

MOÌRIAS-L'ombra della luce-Where stories live. Discover now