Sole

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Le esercitazioni continuavano da più di dieci lune e il gruppo delle cacciatrici appena arrivate, oramai poteva superare la prova finale che avrebbe permesso alle nuove reclute di andare a caccia con Artemide stessa.

Il carro del sole aveva quasi terminato il suo giro quotidiano. Le foglie degli alberi filtravano i suoi raggi creando dei disegni rossastri sull'erba fresca.

L'estate stava finendo e a breve Persefone sarebbe tornata da suo marito, negli inferi, lasciando il resto del mondo in un inverno gelido.

Artemide aveva lasciato a Axiopist la gestione momentanea del campo per dedicarsi a una passeggiata nei dintorni del campo provvisorio, in compagnia del cinguettio degli uccellini, ammirando le bellissime colline greche dipinte dei colori del tramonto.

Quel giorno Eos si era proprio data da fare.

Axiopist veniva da Tebe, e come tante era un'ex sacerdotessa di Artemide che preferiva passare il tempo a cacciare o ad allenarsi con l'arco piuttosto che rimanere chiusa in un tempio a pregare.

Si fidava cecamente di lei, infatti quando non c'era affidava a lei il comando del campo.

La dea si sedette ai piedi di un grande faggio, che con i suoi rami e le sue radici possenti sembrava quasi volerla abbracciare.

Restò così per un po', poi sentì un sibilio. Proprio venire verso di lei.

Con una capriola si staccò dalla pianta e si rimise subito in piedi, in allerta.

Si accorse che conficcata nel tronco c'era una freccia d'oro, proprio nel punto dove pochi istanti prima si trovava il suo petto.

Nella sua mano si materializzò il suo arco d'argento e subito incoccò una freccia, per poi scrutare la foresta intorno a sé, con l'arco teso.

Si sentiva solo il fruscio delle foglie, appena mosse da un venticello caldo.

Finché eccola lì, un'altra freccia d'oro, che si conficcò ai suoi piedi.

Senza pensarci due volte, affidandosi completamente all'istinto, Artemide colpì il punto esatto da cui la freccia era partita, su un ramo di un altro faggio a pochi metri da lei; dal quale, con un balzo, scese suo fratello, appena prima che la freccia colpisse proprio quel ramo da dove era sceso.

Apollo si voltò stupito nel vedere come la sorella l'avrebbe preso in pieno se non fosse stato per la sua agilità.

-Ah è così che accogli il tuo fratellino preferito? - Disse il dio in tono scherzoso.

Indossava una tunica bianca e linda come la neve, stretta in vita da una cintura di cuoio semplice, i suoi soliti bracciali d'oro, i suoi sandali altrettanto dorati e quel suo classico sorriso da ragazzo sbruffone. Nonostante tutto, non cambiava mai.

- Ti ricordo che sei stato tu il primo a cercare di colpirmi - Rispose Artemide in tono altrettanto scherzoso.

Il suo arco sparì in una piccola nuvoletta di polvere d'argento e lo stesso fece quello di Apollo, e i due gemelli si abbracciarono dolcemente.

- Era un po' che non ti facevi vedere, devo ammetterlo... Mi sei mancato -

Apollo le posò un bacio sulla fronte.

Era poco più alto di lei, molto più abbronzato e con occhi dorati profondi quanto i suoi.

Erano sempre andati d'accordo, nonostante Apollo ci provasse con lei in continuazione. Ma tanto Apollo ci provava con tutte.

- Anche tu mi sei mancata, Lunetta -

A sentire quel suo nomignolo ridicolo le scappò da ridere. La chiamava così da quando avevano ottenuto un ruolo dagli olimpi, sostituendo Elios e Selene, rispettivamente i titani che prima di loro incarnavano il sole e la luna.

La Mortale E La LunaWhere stories live. Discover now