Capitolo 47: l'ultima ballata (Prima Parte)

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- (Cos'è ... questo rumore?)

Lo sentiva una volta lineare, una volta intermittente e ripetuto a piccoli intervalli. Non provenivano da quegli esseri che gli camminavano attorno, ma dalle macchine in movimento sulla strada. Non aveva mai sentito prima d'ora un clacson, ma concordò con la maggior parte di coloro che ci avevano a che fare, per quanto riguardava l'effetto che aveva su di sé.

- (Che fastidio...)

E non era solo quello: anche il brusio di quegli esseri gli dava sui nervi. Come appena svegliato in quel mondo, si ricoprì le orecchie. Il brusio tuttavia aumentò, così come la potenza delle trombe di quegli esseri di metallo. Si sentì male: chiuse gli occhi per bloccare la sensazione di vomito che stava provando. In quel tentativo di difndersi, sentì un clacson così forte da rendere inutile i suo sforzi, spazzando via la sua volontà e costingendolo ad aprire gli occhi. Quando lo fece, una macchia che non aveva visto prima si presentò in quella pittura movente, così vivida che gli sembrò di non vedere più un'illusione. A differenza di quelle sfumature grigie, la macchia in questione era nitida, netta, e non sembrava nemmeno una di quelle nuvole sull'asfalto. Le macchine sparirono: nei suoi occhi vi rimase solo quella macchia. Riconobbe che era uno di loro: aveva una forma molto simile a quegli esseri dalle zampe lunghe e strette come i bastoni, ma aveva delle fattezze molto più piccole, come se fosse il corrispondente cucciolo di quella specie. Era accucciato su una panchina verde, con le braccia conserte sulle ginocchia e la testa affogata in quel distante abbraccio solitario. Il Totodile lo guardò confuso: non riuscì a capire perché quell'essere era più visibile degli altri, o del perché lui stesso si sentiva attratto da lui. In quel silenzio, colui che era sulla panchina alzò la testa accorgendosi di essere osservato, e puntò lo sguardo sul coccodrillo che aveva perso la strada di casa. Sobek si spaventò: quell'essere lo stava guardando dritto negli occhi, segno che a differenza degli altri lui lo stava vedendo. Si sentì inoltre inquietato dai suoi bulbi oculari: erano neri come il fondo di un precipizio, così neri che il pokémon non riusciva a scorgervi le pupille. Nel vederlo, nel riconoscere l'espressione di un volto, riuscì a dire senza alcun dubbio che si trattava di un essere vivente. Nel vedere quelle scure perle, tuttavia, una sensazione strana si fece spazio nelle sue viscere.

- (C-chi è... questo?)

Era capace di leggere le intenzioni di un altro essere vivente dai movimenti del suo corpo, una prerogativa molto utile quando si trattava di combattere contro chi si aveva davanti. Ma, nel continuare a vedere quegli occhi, quegli occhi senza pupille, non vi riusciva a scorgere né le sue motivazioni né la benché minima emozione.

- (E'...morto?) - Concluse senza risposta il pokémon Mascellone.

- Lo sapevo!

- WUAH!

(Ost time traveling kagome)

All'improvviso, il bianco e il nero si sostituirono con colori verdi erba, marrone e giallo di legno. Si ritrovò anche una macchia blu e una gialla, sfumate rispettivamente dal nero e dal rosso.

- Non mi ero sbagliata! Ti ho visto entrare in casa assieme a Nuzleaf! Chi sei?! Da dove vieni?!

La macchia blu aveva la forma di un Riolu, mentre quella gialla aveva le sembianze di un Fennekin. Dalla voce, quest'ultimo pokémon sembrò essere una femmina. Per quanto fosse confusa l'immagine precedente vista in quel mondo, alla presenza di qualcosa di più famigliare Sobek riuscì ad arrivare alla conclusione più velocemente di quanto si sarebbe aspettato da lui stesso. Riuscì a farsi un'idea precisa di quello che stava vedendo e il mondo in cui si trovava.

PSMD: le Cronache dell'Oricalco. Primo Intermezzo: la ballata delle Zanne Nere.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora