Capitolo 217: Venerdì, 27 luglio 2012

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"Ma..."

Da quando mi sono ammalato non ho mai, mai, pensato che potrebbe ammalarsi anche lei. È un pensiero inconcepibile. Come se dentro di me avessi sempre pensato che due disgrazie in famiglia sono già abbastanza e che un'altra non può di certo capitare. E se invece sì? Se invece capitasse?!

"Te lo ha detto la Strega di farlo?" le domando mentre faccio fatica a deglutire.

"No, è stata una mia idea. Ne ho parlato con lei ed è stata subito d'accordo con me, anche se prima ha voluto che ne parlassi con uno psicologo."

"Certo che quella è proprio fissata con gli psicologi!"

"Voleva essere sicura che fossi in grado di affrontare le conseguenze di questo esame, nel bene o nel male".

Io annuisco e distolgo lo sguardo, guardando fuori dalla finestra. "Ho capito..."

"Senti, papà non sa niente di questa cosa."

"Chissà perché lo immaginavo!" dico con un sorriso sarcastico, tornando a guardarla.

"Non voglio dargli altri pensieri."

"E certo!"; appoggio la testa contro la parete e faccio un sospiro amaro. "Dovrebbe essere lui a proteggere noi e non il contrario! Lo sai questo?!"

"Lo so..." mi risponde lei con un tono di voce molto dolce ma anche tanto triste. "Ma cerca di capire, in questo momento..."

"Sì sì, io devo sempre cercare di capire. Devo capire tutto. Hai ragione tu."

"Dai Leo, non t'arrabbiare... Più avanti glielo dirò."

"Se va bene glielo dirai. Se va male scommetto di no" le dico con durezza, e lei non ribatte perché sa che è così. "Se va male..., manco a me lo dirai, ci scommetto".

Lei abbassa lo sguardo e si sposta dietro l'orecchio una ciocca di capelli che è sfuggita alla matita. "Perché? Tu al mio posto non faresti lo stesso?".

Sì.

Ha ragione.

È così.

Io al suo posto farei esattamente lo stesso.


Un'altra giornata sprecata.

Un'altra giornata persa ad aspettare che passasse e basta, nella speranza che quella di domani possa essere migliore.

Mi sento derubato di tutti questi giorni che avrei dovuto vivere diversamente.

Settimane, anzi.

Ormai sono settimane.

E le settimane presto diventeranno mesi.

E io continuerò a perdere tutto: le giornate, i capelli, l'estate e tutto il resto.

Sono stato per tutto il giorno a letto, così debole che per poco non chiedevo a Ulisse il pappagallo, perché pure arrivare fino in bagno mi stanca da morire. Alla fine il mio orgoglio ha avuto la meglio e sono sempre riuscito ad alzarmi, ma ho bevuto pochissimo proprio per evitare di dover fare pipì in continuazione.

Non ho nemmeno pranzato. C'ho provato, ma aveva tutto quello schifoso sapore metallico e poi mi sentivo troppo stanco pure per starmene seduto. Ho praticamente dormito per tutto il pomeriggio e mi sono svegliato quando è arrivata la cena. Quella l'ho mangiata perché il mio stomaco brontolava dalla fame; il sapore era sempre disgustoso ma almeno non ho vomitato.

È tornata Asia e mi ha portato le carte di Uno e di Munchkin, ma ero troppo stanco e troppo poco lucido per giocare. Abbiamo guardato la tv e parlato un po'; anzi, più che altro lei parlava e io ascoltavo, perché perfino parlare sembrava essere uno sforzo troppo grande per me.

Leo (Io non ho finito)Where stories live. Discover now