D'un tratto però, Nauìya sentì dei passi. A giudicare dalla regolarità dell'andamento, e dall'insistenza del suono, dovevano essere soldati di pattuglia, e anche molti.

Fece un cenno agli altri due che capirono immediatamente e poi, una volta posato lo schermo in modo che non fosse visibile, corse a nascondersi dietro un vicolo e si arrampicò a fatica sulla parete per entrare all'interno del basso fabbricato che affiancava l'edificio dove avrebbero dovuto mettere lo schermo.

Si sporse per controllare che Louid e Zen fossero riusciti a trovare un riparo e vide le loro ombre scomparire all'interno dell'edificio, era troppo lontana per raggiungerli, sperava solo che non venissero scoperti, altrimenti non avrebbe saputo come aiutarli.

-

Louid

L'edificio era avvolto da un'oscurità sconcertante se si considerava il sole che c'era all'esterno. Gli ci volle qualche minuto per abituare la vista e iniziare a distinguere i contorni del locale che li circondava. Lo spazio era molto grande, il pavimento era in legno, il parquet più liscio e ben conservato che Louid avesse mai visto. La luce entrava debole in piccole strisce derivate dalle tapparelle chiuse e, nei punti in cui i raggi attraversavano la sala tagliando l'oscurità, si potevano vedere i piccoli granelli di polvere volteggiare e inseguirsi, danzando per la stanza tutt'attorno a loro.

Vi era una calma e un silenzio surreali, lo spazio era completamente vuoto, eccezion fatta per un pianoforte marcito e abbandonato, forse perché non più funzionante.

Louid si avvicinò lentamente allo strumento mentre Zen controllava furtiva la strada attraverso una delle aperture delle tapparelle. Lui posò un dito su uno dei tasti per vedere se fosse ancora funzionante, e questo emise un suono acuto che fece sobbalzare la ragazza.

«Louid! Ci farai scoprire!» lo rimproverò sussurrando.

Lui scosse la testa, non sapeva perché ma in quel luogo sentiva di stare bene, era tranquillo come non era mai stato, inoltre aveva imparato che i soldati erano più attenti in situazioni di silenzi sospetti o rumori improvvisi, quando sentivano delle risa all'interno delle case, o vedevano aleggiare la tranquillità, proseguivano senza indagare più di tanto.

«Vieni, ti faccio vedere una delle mie invenzioni preferite, l'ho fatta mentre ero alla resistenza» le disse con voce sommessa, senza tuttavia sussurrare.

Lei guardò ancora una volta la finestra, poi lo ascoltò e venne verso di lui. Il ragazzo tirò fuori da una delle tasche un piccolo oggetto di legno ripiegato con alcune rotelle a formare un meccanismo. L'intero progetto funzionava in maniera meccanica, era semplice e intuitivo ma, la cosa che gli piaceva di più, era il fatto che non avesse nulla a che fare con la guerra, era un oggetto di felicità.

«Ho sempre voluto imparare a suonare il piano, ma non ne ho mai avuta la possibilità. Un giorno, leggendo un libro che ne spiegava più o meno il funzionamento, ho pensato che non ne avevo veramente bisogno, e ho inventato questo» le disse mostrandole il piccolo oggettino.

Vedeva la sua preoccupazione, temeva che venissero scoperti, ma non doveva avere paura, era certo che nessuno sarebbe entrato lì dentro.

Aprì il coperchio del piano e infilò il prototipo all'interno, tra le corde, allungandolo in maniera che potesse avere accesso a ogni filo, e poi lo richiuse. Posò il dito su un tasto e subito altri iniziarono ad abbassarsi in un susseguirsi di note che in poco tempo si trasformarono in una leggera melodia sognante. Una delle sue canzoni preferite.

Zen incrociò il suo sguardo, gli occhi stupendi brillavano di quella tenue luce che filtrava dalle finestre.

«Ma... Louid... sentiranno e...»

MOÌRIAS-L'ombra della luce-Where stories live. Discover now