Capitolo 207: Martedì, 17 luglio 2012

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"Guarda che a te non cambia mica niente. Ci metteremo solo qualche minuto in più, tutto qui. Adesso ti metto il gel" dice infilandosi un guanto. "È un po' freddo. Pronto?"

Io annuisco e lei comincia a cospargermi la parte alta dell'addome di gel. Rabbrividisco, un po' per la sensazione di freddo e un po' -molto- per la sensazione della sua mano sulla mia pelle. Sento qualcosa agitarsi dentro i miei boxer e devo concentrarmi per impedirgli di sfociare in un'erezione che risulterebbe più che evidente con i pantaloni sottili del pigiama.

Lei comincia a passarmi la sonda sull'addome mentre io la contemplo, pensando che con l'espressione del viso concentrata è ancora più bella.

"Trattieni il respiro... Ancora... Ok, puoi respirare normalmente"; sposta la sonda e di nuovo: "Trattieni... Ancora... Respira... Ancora... Trattieni", con gli occhi fissi sul monitor, mentre i miei sono fissi su di lei; la sua mano muove la sonda premendola sotto, un po' più su, un po' più giù, a destra, a sinistra.

Cerco di interpretare il suo sguardo e comincio ad essere teso, quando finalmente mi annuncia che abbiamo finito e mi porge un paio di salviette di carta.

"È tutto a posto?" le chiedo mettendomi a sedere mentre comincio a ripulirmi dal gel.

"Non posso dirtelo, mi dispiace."

"Come sarebbe?!" esclamo alzandomi dal lettino.

"Siamo tenuti a mandare i referti direttamente ai medici e poi sono loro a comunicarli ai pazienti."

"Ma è un'assurdità! Non puoi fare un'eccezione?" le chiedo sfoderando il mio sorriso ammaliatore.

"No, non posso. Comunque vedrai che in giornata la dottoressa Lisandri ti farà sapere".

Io sbuffo e indosso la maglietta. "Guarda, ti perdono solo perché sei troppo bella!".


"Allora Leo, come sono andati questi due giorni a casa?" mi domanda la Lisandri che nel primo pomeriggio mi ha convocato nel suo studio.

Un vero schifo.

"Normali..." rispondo con noncuranza.

"Hai avuto qualche malessere?"

A parte non riuscire a reggere nemmeno quindici minuti di corsa e ad una specie di attacco di panico?!

"No. Sono solo morto di fame grazie alla sua dieta" dico mentre il dottor Carlo trattiene una risata.

"È positivo che tu avverta la fame, vuol dire che ti sei ripreso bene. E gli esami ce l'hanno confermato."

"Quindi è tutto a posto?"

"Sì. Domattina alle nove comincerai il secondo ciclo di chemio. Ti senti pronto?"

"Sì... sono pronto... Ad essere stroncato di nuovo."

"Cerca di non pensarci, per oggi".

Come faccio a non pensarci?

Sono in ansia.

Ho paura di stare male come l'altra volta.

Ho paura di stare peggio dell'altra volta.

"Ti do il permesso di andare in giardino, d'accordo? Però non stancarti troppo."

"Ah, grazie" dico alzandomi. "Finalmente posso tornare agli Ulivoni!" esclamo lanciando un'occhiata d'intesa al dottor Carlo. "È da un sacco che non ci vado!".


Me ne sto seduto sull'erba, sotto un grande albero di ulivo, avvertendo un forte senso di solitudine.

Mi infilo le cuffie, aziono l'i-pod e cerco una canzone in particolare: With me dei Sum 41.

Sì, voglio proprio farmi male.

La canzone che io e Giulia abbiamo ascoltato insieme tante volte.

Anche quel giorno che stavamo quasi per fare l'amore.

Quello stesso giorno in cui poche ore prima avevo avuto la diagnosi definitiva e terrificante sulla mia gamba.

I don't want this moment, to ever end,

where everything's nothing, without you.

I'll wait here forever just to, to see your smile,

cause it's true, I am nothing without you.

Mi manca.

Provo un fortissimo bisogno di piangere.

Un senso di malinconia e solitudine mi attanaglia.

Mi mancano anche i miei amici, mi sembra così strano non vederli da così tanti giorni, siamo insieme dalla prima media. Ho passato quasi sei anni con loro, forse i più belli della mia vita, chissà se gli manco come loro mancano a me, chissà cosa provano per la mia situazione. Non ne parliamo mai.

Io voglio che non se ne parli mai.

Cosa darei per tornare indietro, a prima di cominciare questa guerra, a prima che la mamma cominciasse la sua guerra.

Quanto vorrei tornare ad avere quel sorriso di prima, quello semplice e felice, quello che non deve a tutti i costi nascondere la paura.

Ormai è iniziata un'altra Era.

Un'altra vita.

Una vita che ruota attorno alle terapie, agli effetti collaterali, alle visite, alle analisi, all'ospedale.

Una vita in cui tutto è assorbito dal cercare di sconfiggere la Bestia.

E anche se dovessi uscirne vincitore, la mia vita non tornerà mai più quella di prima.

La mamma non tornerà più.

La mia spensieratezza non tornerà più.

Sono costretto a crescere in fretta, mi piaccia o non mi piaccia.

Ma giuro che ce la metterò tutta per ritrovare quel mio sorriso, prima che scompaia per sempre.

Perché so che non l'ho perso davvero, no.

Non l'ho ancora perso del tutto.

E lo ritroverò.

Leo (Io non ho finito)Where stories live. Discover now