9 - Writing on the wall

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"Cos'è questo?"

Alhaitham lancia dei fogli sulla scrivania, davanti a Kaveh. Lui li osserva di sfuggita.

"Dei conti da pagare?"

"E come mai li hanno dati a me?"

Si guardano. Kaveh lascia cadere la matita che aveva fra le dita e si gira con la sedia, per concedere attenzione. "Ho pranzato in taverna, oggi. Avevo fame e in casa non c'era niente."

"E non potevi pagare il tuo pranzo?"

"No, non potevo. Non ho soldi."

Alhaitham guarda altrove per un momento, poi torna su di lui, perplesso. "Non avevi guadagnato qualcosa, da poco?"

"Li ho spesi."

"E come?"

Kaveh sbuffa. "Oh, saranno fatti miei. E poi sai come sono i soldi, vanno via subito!"

"Kaveh..."

Si acciglia, come se il discorso fosse solo una inutile scocciatura. "Ok, ok, avevo bisogno di un anticipo, ok? Solo per questa volta."

"Per la biblioteca, vero?"

"Ma abbiamo un finanziatore. Davvero! I fondi stanno arrivando, bisogna soltanto avere un minimo di pazienza!" Alhaitham continua a fissarlo, senza cambiare espressione, severo. "Senti, io intanto avevo fame. Non mangiavo da due giorni. Va bene? Scusa se ho fame!"

"Avresti potuto dirmelo prima. Ti avrei portato qualcosa."

"Non voglio la tua elemosina."

"Il mio conto, invece, non sembra turbarti molto."

"Uf..."

Kaveh fa per girarsi di nuovo, verso il foglio ancora quasi del tutto bianco, ma Alhaitham blocca la sedia con un piede e lo costringe a non scappare.

"Sai che non ti farei morire di fame. Quel che chiedo è solo un po' di rispetto. Non puoi mettere tutto sul mio conto come se niente fosse, dopo aver speso tutto in lavori che non verranno mai portati a termine."

"Ecco." Kaveh si mette in piedi di scatto. La sua altezza è quasi identica a quella di Alhaitham, ma per qualche ragione continua a sentirsi microscopico. Allora gonfia il petto e stringe i pugni. "Ecco perché lo faccio. Esattamente per questo."

"Cioè?"

"Perché tu non capisci nulla."

"Ah, chiaro. Un ottimo motivo per rubare i miei soldi."

"Rubare. Hah." Una risata sprezzante. "Li ho usati per nutrirmi! Non hai appena detto che..."

"Sì, e chi ha comprato i tuoi vestiti? La carta che usi per lavoro? Le matite?"

"Allora non comprare niente!" Sta urlando, ormai. "Non comprare proprio niente e lasciami in pace! Chi te l'ha chiesto? Eh? Chi? Non comprare nulla e ciao."

"Sei tu a dover smettere di comprare, non me lo chiedi neppure."

"Va bene! Non comprerò più niente e mi lascerò morire di inedia in camera!"

"La camera che appartiene a me, intendi?"

"Oh, chiaro. Scusi, signor padrone di casa. Allora vado a morire fuori, nella foresta. D'accordo?"

Ma non si muovono. 

"Kaveh..."

"No, non provarci nemmeno."

"Voglio solo dire che..."

"No. Ti odio."

Kaveh fa per raccogliere i fogli, in modo fin troppo goffo, e infine non riesce a raccogliere niente e va via, così, a mani vuote, e solo nella stanza accanto. Si siede sul divano a braccia incrociate, con un'espressione molto arrabbiata.

E basta. Quello è il suo modo di reagire. Alhaitham lo sa, lo conosce. Gli passerà a breve, piangerà un po' e poi tornerà allegro e chiederà del vino.

Si avvicina lento, posa una mano sullo stipite, lo osserva.

"Sono solo preoccupato per te" gli dice.

Kaveh non parla. Non lo guarda. Non si muove.

Abbassa il viso ed evita di lasciargli vedere i suoi occhi.

"Capisco che vorresti..." inizia Alhaitham, ancora.

"Smettila."

Allora sta zitto. Già, non ha senso ripeterlo. Lo hanno già detto, e sembra impossibile giungere a un punto comune. Non serve fare di nuovo la stessa cosa.

Va a sedersi vicino a lui, evitando di guardarlo, perché sa che gli darebbe fastidio.

"Posso anticipare io i fondi" dice infine.

"No, no, Alhaitham, non serve. Ho abbastanza. Eviterò di..."

"Non puoi evitare di mangiare, idiota."

"Eviterò tutto il resto."

"Non sei un cagnolino. Non ti basta la ciotola piena, Kaveh. Davvero, anticipo io. Tu smettila di usare ogni guadagno per questo, ok?"

"Non voglio altri debiti con te."

Alhaitham, ora, si gira. "Allora vattene. Non hai il diritto di scegliere tu quali debiti vanno bene e quali no."

Ed ecco, lo ferisce. Ovvio. Come se non avesse ragione, almeno un po', almeno in fondo.

Kaveh si mette in piedi e sta per correre in camera, per preparare quei dannati bagagli che prepara ogni volta. 

Alhaitham gli afferra un polso, lo trattiene con forza, quasi lo fa cadere indietro.

"Che vuoi, ora?" urla Kaveh. "Me ne vado, giusto?"

"Per favore, sii serio."

"Eh? Io? Hai detto vattene, no? Giusto? E allora perché dopo mi prendi e non mi lasci and..."

"Per favore. Vuoi che ti supplichi di rimanere? Vuoi ripetere le solite scene?"

Forse lo vuole.

Ma a quel punto non si può fingere. Kaveh si ferma, abbassa le spalle.

"Mi viene solo da piangere. Fa tutto schifo."

Alhaitham sospira. "Va bene. Andiamo a dormire, e ci penseremo domani. Ok?"

Oh, sì. Sarebbe bello.

"Davvero?"

Alhaitham si alza, cammina verso la sua camera. Sulla porta, si gira a guardarlo. Poi entra. La porta rimane aperta.

Non c'è nulla di sano e nulla che possa curargli le ferite, ma quell'immagine lo rende contento. Kaveh esita, si sfiora le dita da solo, poi cammina, ed entra.

Domani, sì, vedranno. Con calma.

CeilingsWhere stories live. Discover now