Seconda parte: Comincia l'avventura (Ziro)

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Una volta il mio abate prese noi giovani apprendisti da parte, dicendo di volerci raccontar una storia. Un'occasione più unica che rara; quando ero in monastero, i monaci insegnarono a me e ai miei compagni le arti della lotta, della geografia e della storia, oltre che a scrivere e far di conto. Cominciò, dopo una tazza di tè, una storia che innumerevoli volte era stata citata dagli altri Fratelli, ma che io non avevo ancora sentito. Faceva così:

<<Prima del Nuovo Mondo, noi umani eravamo avidi, orgogliosi e ingordi. Gli dei presero una decisione, donando, a chi ritenevano degni, dei poteri. Queste maledizioni potevano essere viste sul corpo di chi le usava, poiché compariva sulla pelle un simbolo nero, detto segno, che ne rappresentava le abilità.>>

Si scoprì il braccio e mostrò a tutti quanti un cerchio nero con dentro tre triangoli, a rappresentare delle montagne.

<<Uno dei più devastanti segni uscì alla scoperta, quello di Gea. Cinque uomini con la medesima abilità si misero d'accordo e con questo tremendo potere riplasmarono il mondo e le sue forme. Inutile dire che fu un disastro, pensate a tutte le mappe che dovettero gettare.>>

Sogghignò, riprese fiato e continuò:

<< Io ero uno di quei cinque: mettemmo come confinanti nazioni discordanti, in modo che potessero ristabilire la pace o iniziare una guerra, senza tirare coinvolgere gli altri popoli. Gli dei erano felici del nostro operato, tant'è che Apollo ed Efesto ci dedicarono persino delle statue. Con questi poteri, chiunque poteva opporsi alle prepotenze di chiunque. Ma quella è una storia vecchia, voi siete il futuro e tra qualche anno uscirete per mostrare al mondo le vostre abilità.>>

Infatti oggi sono qui, finalmente, io, Ziro, dopo quindici anni, a varcare per una seconda volta quel maestoso cancello di ciliegio.

Non avevo mai visto questa parte della città; stare chiusi in un monastero è dura, specialmente dopo così tanto tempo. Nonostante ciò riuscii a riconoscere alcune persone, lungo la strada di ciottoli che conduce fuori dalla città incontrai il signor Pin. Fu molto contento di rivedermi, stava portando un carro di mele al monastero; lo salutai per l'ultima volta e partii. Speravo di non incontrare problemi subito e invece...

Udii un grido provenire dal mercato e mi precipitai lì. Vidi una folla di persone intorno all'orribile scena. Un bandito armato aveva aggredito la signora Fa, che inerme a terra aveva un coltello puntato alla gola e sperava nell'aiuto di qualcuno.

<<Datemi i soldi!! Ora!!>>

Il bandito stava minacciando i passanti creando una sorta di, vediamo, elemosina forzata. Un lago di monete si stava formando a terra, sembrava la prima volta che facesse qualcosa del genere.

<<Ehi amico >> dissi <<di' un po', ma tu un segno c'è l'hai?!>>

La folla mi guardava incredula, dandomi del matto. C'erano parecchi stranieri che assistevano alla mia gesta.

<< Un segno? >> rispose << non so cosa sia, ma ti assicuro che questo coltello è molto affilato! >>

Il ladro leccò il coltello. Alzai gli occhi al cielo, imprecando contro l'istruzione di questo mondo. Cercai vicino a me qualche masso, una pietra dalla forma simpatica attirò la mia attenzione.

<<Hai un'ultima speranza di uscire illeso da questo scontro, arrenditi!>>

<<E perché dovrei; tu sei solo, disarmato e io ho un coltello>>

<<Cocciuto come un sasso; anzi io i sassi riesco a convincerli facilmente>>

<<In che senso?>>

Il teppista fece uno sguardo un po' stranito, il massimo da chi possiede due neuroni.

<< Certo! Vedi quel sasso laggiù? Tra un po' non lo vedrai più! >>

Il borsaiolo fece appena in tempo a dire "UH" che la stessa pietra che aveva guardato poco fa gli si piazzò tra gli occhi. Così cominciò la mia avventura, probabilmente la prima di molte altre, che avrebbe portato la nascita dell'eroe del segno di Zeus ed Era. Varcai finalmente i cancelli del villagio.

Fine parte seconda.




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