Capitolo 36 - seconda parte

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Marfa sembrava in preda al panico nero.
Maximilian rimase impassibile davanti alla ragazza e quando provò a tenderle una mano per aiutarla a farla rialzare, lei la allontanò con disgusto.
«Marfa per favore... »
«Scomparite dalla mia vista, Maximilian!»
Io, che nel frattempo ero rimasta ad assaporarmi la scena, prima con una sensazione di imbarazzo per lo spiacevole episodio, poi con una sensazione di incredulità, non potei credere che quei due si conoscessero veramente.
«Voi due vi conoscete?» fu questa la domanda più banale che il mio cervello sfornò a seguito di quello scambio di battute.
Maximilian mi fissò con gli occhi e quel gesto fu sufficiente a confermare che sì, si conoscevano e che si trattava di un segreto che non doveva essere condiviso con nessuno.
Tesi la mano a Marfa per aiutarla a rialzarsi e la abbracciai da dietro, a senso di protezione, questa successivamente si avvinghiò a me e cominciò a piangere.
«Dovete andarvene subito! Subito! Scomparite dalla mia vista come avete fatto già anni fa!»
Non capii quasi nulla ma non mi azzardai a chiedere, al contrario divenni trasparente per loro due.
«Sono venuto qui solo per una commissione e me ne stavo andando proprio ora.» ribatté questo, non lasciandosi scalfire dalle urla di Marfa.
«Il giorno stesso in cui vi ho conosciuto mi avete rovinata e ancora di più, avete terminato di annullarmi quando mi avete abbandonata!»
Vidi Maximilian essere lì lì per perdere la pazienza. Era evidente cercasse disperatamente una scappatoia, era palese sentisse il bisogno di terminare quella sceneggiata.
Marfa, al contrario, sembrava a quel punto essere sul piede di guerra. I suoi occhi iniettati di rosso e la bava che, incontenibile, fuoriusciva dagli angoli della sua bocca, erano solo la dimostrazione più superficiale di come dovesse sentirsi in quel momento.
«Ora basta così!» inveì Maximilian, indossando nuovamente la coppola e rimettendo a posto la borsa dalla quale poco prima aveva estratto la mia collana.
«Basta?» urlò Marfa in preda alla pazzia. Per mezzo di tutta l'adrenalina che doveva scorrergli in corpo, gonfiò le braccia e si divincolò da me, pronta a scaraventarsi sull'uomo. Fu questione di attimi e per poco non vidi le sue unghie sul volto di Maximilian. Questi, a una velocità felina, si scostò e io ebbi il tempo di gettarmi su di lei per bloccarla e impedire che questa attuasse la fantasia sanguinolenta che le passava per la testa.
La trattenevo forte per le braccia, così forte che le mie unghie divennero viola malgrado poi più forza ci mettevo, più sembrava mettercene per liberarsi.
Mi sentii a una certa allo stremo delle forze e mi accovacciai quasi di peso per impedirle di fuggire dalla mia presa. Fortunatamente fu una mossa che sortì i suoi effetti e compromessa dalla fatica che parve iniziare ad accusare anche lei, si limitò a sfogarsi con le urla.
«Sapete come mi avete lasciata? Sapete con chi mi avete lasciata? Vi è mai interessato qualcosa?» Marfa gridava, incurante di chi potesse ascoltarla.
«So bene con chi vi ho lasciata.» rispose freddamente Maximilian.
All'improvviso rilassò i muscoli e si accovacciò a terra, in preda a un nubifragio che le razziò il volto.
Il suo respiro si accorciò ancora di più e, tra una convulsione e l'altra, ebbi quasi paura non riuscisse a respirare. Mi alzai per chiedere aiuto, per trovare anima viva che potesse venire in mio soccorso.
Non so se si trattò di manna scesa dal cielo, ma da lontano vidi Ethelwulf.
«Ethelwulf!» gridai con tutta l'aria che mi era rimasta nei polmoni.
Questi riconobbe la mia voce e iniziò a girarsi intorno per capire dove fossi, solo dopo alcuni momenti di tentennamento mi vide e macinò le scale alla velocità di una lince.
«Per favore portatemi dell'acqua!»
«Acqua? Vado subito!» scappò, più velocemente di prima.
Per la disperazione Marfa cominciò a farneticare parole senza senso, alternate invece a confessioni tra le linee.
«Mi avete annientata come donna e mi avete annientata come m...» non terminò la frase perché un attacco di panico le strozzò la parola.
Presi la sua testa tra le mani «Come cosa Marfa! Potete spiegarmi cosa vi prende per favore?»
Non ricevetti risposta, ma solo mani ricoperte di muco e saliva.
Maximilian si voltò, intento ad andarsene una volta per tutte «Signorina Gleannes, è stato un piacere conoscervi. Contrariamente a come eravamo rimasti d'accordo non posso rimanere altro tempo qui dentro, rimandiamo quindi il caffè alla prossima volta.»
Lo salutai con un cenno delle mani ma non mi vide, essendosi già allontanato di molto.
Ethelwulf tornò subito dopo, portando con sé un bicchiere quasi ricolmo. Nell'alzarmi velocemente per afferrarlo, la catenina mi cadde dalla tasca in cui l'avevo infilata e questi ebbe la premura di raccoglierla.
Marfa trangugiò i sorsi d'acqua con molta difficoltà, ancora presa dall'agitazione: alcuni le andarono di traverso altri invece le bagnarono il colletto.
Una volta riacquisita un po' di calma, le tamponai il viso con il grembiule e poi le feci una leggera carezza sulla guancia, per confermarle la mia vicinanza.
La aiutai a farla rialzare da terra e la esortai ad andare in camera, con la promessa che di lì a breve sarei andata a farle compagnia.
Marfa mi ascoltò e si diresse al piano di sotto, con l'andatura e il pallore di un cadavere.
«Cosa è successo?» mi chiese Ethelwulf, una volta assicuratosi che Marfa fosse così lontana da non poterlo udire.
«Non credo di saperlo neanche io, è successo tutto così all'improvviso.» giurai.
Mi porse poi la catenina però non mi permise di rimetterla nella tasca.
«Un ciondolo così bello risulterebbe sprecato se non indossato.»
Mi girò a centottanta gradi, mi spostò i lacci della cuffietta e poi fece passare il gioiello da davanti.

Nell'esatto momento in cui me lo stava per allacciare, entrarono nella stanza Sir Jacques e il principe.
«Si può capire da dove provengono queste urla? Buon Dio che spavento che ho avuto!» brontolò il maggiordomo trafelato, con un velo di timore per il rischio che pensava di aver corso.
La mia attenzione fu però catturata da Carlyle dal momento in cui lo vidi cambiare completamente espressione, da una di preoccupazione a causa degli avvenimenti che aveva solo udito, a una di incredulità e ira.
Aveva gli occhi puntati su Ethelwulf, poi sulle sue mani che mi sfioravano il collo e infine sulla vicinanza che aveva il suo corpo al mio. Lo vidi da lontano stringere la mascella talmente forte che gli spuntò una vena rigonfia sulla gola e notai nuovamente i suoi occhi sfumare verso un colore più scuro.
Avevo capito che quando capitava, o si trattava di una situazione che gli creava particolarmente piacere o di una situazione che gli procurava molta rabbia.
«Che cosa state facendo?» tuonò il principe con gli occhi sbarrati.
Ethelwulf ci mise un po' a capire che il principe si stesse riferendo proprio a lui.
«Nulla Vostra Maestà, sto solo allacciando questo regalo alla Signorina Gleannes.» si giustificò prontamente il taglialegna.
Aprì le orbite così tanto che le sue iridi scomparvero nel bulbo bianco «Regalo avete detto?»
«Sì, Vostra Maestà.» risposi io, anticipando Ethelwulf.
Carlyle strinse i pugni così violentemente che le mani gli divennero bianche per lo sforzo, poi osservò nuovamente Ethelwulf con occhi di lupo.
Lo avrebbe incenerito se avesse potuto.
«E voi perché siete ancora qui? Vi pago per essere nei boschi, giusto?»
Domanda retorica, alla quale Ethelwulf non diede risposta verbale, ma si limitò a fare un inchino e ad abbandonare il palazzo, non prima di avermi rivolto un tenero saluto.
Carlyle a quel punto urlò ancora di più, tanto da far impaurire lo stesso Sir Jacques.
«Andate ho detto!»
Era per caso una scenata di gelosia quella a cui avevo appena assistito?

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