Una parola sulle labbra

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A giudicare dagli sguardi e dai sorrisi che lei gli rivolgeva di tanto in tanto, l'appuntamento stava andando bene. Quando si erano presentati di persona, prima di entrare nel locale e accomodarsi al tavolo, Vittorio aveva riconsiderato in tempo zero tutte le cose che di lei gli erano piaciute mentre si conoscevano in chat ed era giunto alla conclusione di aver fatto un errore di valutazione. Gli occhi della ragazza si muovevano in fretta, troppo, come se il suo sguardo e la sua attenzione non riuscissero a focalizzarsi su nulla di preciso per più di qualche istante. E la loro stretta di mano era stata breve in modo esagerato, data quasi senza pensarci, come se la mente di lei fosse già altrove mentre il suo corpo era ancora impegnato in quel gesto, privo di significato prima ancora di essere portato a termine. Poi, appena preso posto, lei aveva continuato a sistemare le sue cose senza tregua, ora la sciarpa su un lato dello schienale della sedia, ora la borsa sull'altro lato, ora la sedia stessa, una volta troppo distante dal bordo del tavolo, una volta troppo vicina.

Dopo un paio di drink, però, sembrava essersi tranquillizzata e le sue mani avevano smesso di muoversi in modo frenetico sul tavolino. Anche Vittorio si era rilassato a sua volta, felice di vedere riemergere gli aspetti della personalità della ragazza che avevano destato e mantenuto il suo interesse fino a quella sera. L'aperitivo si era quindi protratto fino a cena, avevano mangiato, bevuto vino e chiacchierato con il presentimento, condiviso, che si sarebbero rivisti. La prossima volta che... Quando hai un sabato libero... Suonano da queste parti a marzo, se ti interessa... Poche frasi di entrambi l'avevano messo in chiaro senza doverlo dire in modo più esplicito.

Divisero un dolce, come una coppia di lunga data. Vittorio osservò il cucchiaino della ragazza prendere delle piccole porzioni del tortino al cioccolato con cuore morbido e allo stesso tempo cercò di concentrarsi a non essere lui a prenderne pezzi troppo grossi. Alzò lo sguardo sul viso di lei quando sentì una domanda su ciò che stavano mangiando, e allora la vide. Sul viso della ragazza c'era una piccola macchia, appena sotto il labbro inferiore, su un lato.

«Hai un po' di...» di cioccolato? No, era qualcosa di più scuro, nero, impossibile da scambiare per un agglomerato di briciole o uno sbuffo di cibo. Sembrava quasi uno scarabocchio, come se si fosse appoggiata una penna dal lato della punta sotto il labbro. Ma non c'erano penne, a tavola.

«Un po' di...?» incalzò lei, di nuovo nervosa e insicura come quando era arrivata. Cercò di pulirsi con il tovagliolo di stoffa del ristorante, ma la macchia restò dov'era.

«Aspetta, faccio io» propose Vittorio, già proteso verso di lei con il proprio tovagliolo, come se quello non fosse un gesto intimo e inopportuno, per due persone che si conoscevano appena. Qualunque fosse la natura di quella macchia, venne via e lui le sorrise imbarazzato prima di tornare a sedere composto. Il resto del dolce fu consumato in silenzio, con gli occhi di lei nuovamente sfuggenti, fino a quando si alzò per andare in bagno e Vittorio approfittò della sua assenza per fare un cenno al cameriere in modo che gli portasse il conto. Non aveva idea della piega che avrebbe preso la serata, i segnali di lei erano contrastanti e non era sicuro di aver fatto una buona impressione. L'unica certezza era che quella ragazza gli piaceva e voleva rivederla. Mentre pensava a cosa dirle quando sarebbe tornata, abbassò lo sguardo sul tovagliolo e lo vide ancora: lo strano scarabocchio che fino a poco prima era sulle labbra della ragazza si era trasferito tale e quale sul pezzo di stoffa che ora Vittorio teneva tra le dita. Lo guardò bene, se lo avvicinò al viso, lo allontanò per avere un'altra prospettiva e poi di nuovo sotto il naso. Da qualunque punto di vista guardasse quella macchia l'esito era sempre lo stesso: si trattava di una parola. Le linee erano sottili, nere, nette. E sì, era attorcigliata su sé stessa e ingarbugliata, forse per come era stata strappata dalla bocca della ragazza con poca delicatezza, ma restava, sotto tutti i punti di vista, una parola. Vittorio fece giusto in tempo a farla scivolare nel portafogli mentre riponeva la carta che il cameriere intanto gli aveva riportato, prima che la ragazza tornasse.

«Hai già pagato? Avremmo potuto dividere.»

«La prossima volta» rispose lui, fermandosi un istante di troppo a guardarle le labbra. Ce ne sarebbero state altre? Altre parole da raccogliere e mettere insieme? Lei dovette interpretare quello sguardo come il desiderio di darle un bacio e sorrise. Sorrise anche nel parcheggio, quando si salutarono con due baci sulle guance e poi un goffo bacio a stampo, quindi ognuno prese la propria strada. L'appuntamento in sé non era andato male, sicuramente ce ne sarebbe stato un altro, ma la testa di Vittorio, mentre guidava verso casa, era altrove, fissa su un unico pensiero: che parola era?

Non era nemmeno mezzanotte quando rientrò finalmente a casa. Si svestì in fretta e aprì il portafogli con estrema lentezza, spaventato dall'idea di spezzare le linee di quella parola, mentre la disponeva su un foglio a quadretti recuperato da un bloc notes. Con una penna provò a copiarla, per studiarne le forme, le rotondità. C'erano delle vocali, per forza, ma quali? Forse c'erano delle i, ma non vedeva puntini. Che fossero caduti? E quella specie di cappio era una a? La prese con le dita: tra l'indice e il pollice di entrambe le mani, e provò a tirare, piano, a stirarla. Sembrò in parte funzionare, ma il groviglio di linee al centro restò invariato. Le lettere iniziali e finali erano più definite, scrisse senza sosta tutte le combinazioni che gli venivano in mente. Verso le tre di notte notò un messaggio sul telefono che diceva: "Sono stata bene stasera, spero di rivederti presto." Restò qualche istante a fissare quella scritta, indeciso se chiedere direttamente a lei cosa fosse quella parola, ma sarebbe stato troppo patetico. Non rispose, mise via il telefono e tornò a lavorare sulla sua decodifica personale.

Il giorno successivo si procurò un dizionario da casa dei suoi genitori e subito dopo pranzo riprese a lavorare al suo progetto, deciso a concentrarsi sulla parte iniziale della parola e a procedere in ordine alfabetico. Ma verso sera i progressi erano così scarsi che valutò l'idea di rinunciare. Dopo cena, invece, riprese a lavorarci su, perché ormai c'era quasi, ne era convinto. Doveva per forza essere così, non poteva aver buttato tutta la domenica. Verso mezzanotte vide che lei gli aveva scritto ancora, ma non rispose. Avrebbe dovuto chiamarla, ma cosa avrebbe potuto sentire dalla sua bocca? La sua unica parola sincera, ormai ne era convinto, ce l'aveva lui. Non gli serviva sapere altro. Decise quindi che l'avrebbe richiamata solo una volta scoperto il mistero. Aveva già riempito otto facciate di combinazioni di sillabe possibili, c'era vicino, in fondo.


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