Normalità

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"BUONGIORNO FRATELLINO!"sentii quella bambola di mia sorella urlare, mentre si affrettava a trotterellare verso il mio letto ,scuotendo come una coda l'enorme massa di riccioli arancioni che si ritrovava.
"Mamma e io ti abbiamo preparato la colazione!"continuò Elizabeth.
Ancora intontito dal sonno continuai a fissare la sua faccetta vivace, che mi stava rivolgendo uno dei suoi più grandi sorrisi.
Ammetto che è impossibile definire mia sorella con una parola che non sia ADORABILE.Chiunque definirebbe mia sorella adorabile.
Personalmente credo che neppure il serial killer più sanguinario non riuscirebbe a trattenere una lacrima di commozione di fronte al suo piccolo faccino rotondo.
Ha sì e no due anni in meno di me, ricci e morbidi capelli arancioni, addobbati da un vaporoso fiocco rosso, che le incorniciano il viso.
Due occhietti rotondi color verde smeraldo
che ti scrutano nel profondo e leggermente sotto delle guance così cicciotte da far sembrare striminzite quelle di un criceto carico di provviste per l'inverno.
"Sono pancake"aggiunse sussurrando, notando visibilmente il mio stato di apatia più totale.
Con la lentezza di un bradipo scivolai fuori dal letto.
Dopo neanche mezzo metro Elizabeth mi afferrò il dito con la manina portandomi trotterellando giù dalle scale.
Riluttante ,mi misi a sedere a tavola, accolto dai saluti di mamma e da quelli non troppo calorosi di mio fratello Micheal e di mio padre.
Non ci badai troppo, e cominciai a trangugiare la colazione.
È da più o meno quattro anni che mio padre fa in questo modo.
In quale modo? vi starete chiedendo suppongo.Da quando ha aperto il Fredbear Family Diner è sempre rimasto sepolto dal lavoro.
Anche quando tornava a casa e gli parlavamo, scherzavamo, ridevamo, piangevamo, lui era sempre come avesse la testa da un'altra parte.
Fissava il vuoto architettando chissà quali marchingegni per far funzionare le sue macchine infernali.
Se non raggiungeva una conclusione andava via arrabbiato, con uno sguardo di fuoco, mentre se accadeva il contrario, ci abbracciava tutti quanti, preso da uno spasmo di quell'insana gioia che provava più scervellandosi su quei robot maligni che su di noi, la sua grande piccola disastrata famiglia.
"Devo andare al lavoro"sbraitò.
"Tesoro?!"sussurrò mamma, indicando con lo sguardo mia sorella, china su un foglio a scarabocchiare facce circolari e
nasi-lineette, senza accorgersi minimamente che tutti la stavamo fissando.
Papà era evidentemente l'unico ignaro del fatto che tra pochi giorni sarebbe stato il compleanno di Elizabeth.
Gli ci vollero ben 23 secondi e quattro cenni col capo verso il calendario per comprendere la ragione del nostro disappunto.
Fece finta di niente, e uscì, sbattendo pesantemente la porta.
"Oggi vostro padre non è dell'umore giusto" cercò di giustificarlo mamma.
"Lui non è mai dell'umore giusto!"sbottò Micheal "Non capisco perché cerchi sempre di difendere..."fece una pausa, per poi continuare riluttante, come se ciò che stava per dire fosse qualcosa di estremamente disgustoso "...nostro padre".
Detto ciò andò in camera nostra e si chiuse dentro, come sempre.
Mamma invece inizò le faccende di casa come sempre.
Elizabeth continuò a disegnare, mantenendo quella perfezione unica che possedeva nel fare qualsiasi cosa, come sempre.
Io continuai la colazione come sempre.
Papà costruì le sue mostruose creature animatroniche come sempre.
La vita è fatta di "come sempre".
Momenti noiosi che si ripetono continuamente ogni giorno, senza mai cambiare.
Un'altra cosa che non cambia mai è l'ardore che abbiamo desiderare la rottura della routine quotidiana ,la necessità che ognuno ha da sempre.
L'ansia di provare tutte le sensazioni esistenti, benché tutti sappiamo perfettamente che non ne avremo mai l'occasione.
È nel momento in cui il cambiamento si avvera che capita l'unica cosa che non abbiamo previsto:il fallimento.
Io sono Evan Chris Afton, e per me la normalità è la mia grande, piccola disastrata famiglia.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Apr 19 ⏰

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