Una missione nel deserto

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Qualche tempo dopo...

Il burattino guardava il soffitto della propria stanza con apparente impassibilità. Il rumore della città riecheggiava dalla piccola finestra che aveva lasciato aperta la scorsa sera, a causa del caldo afoso - per non dire irritante - che ultimamente caratterizzava le giornate lì a Sumeru. Gente che chiacchierava, rumore di carri che venivano trasportati per le vie, passi, risate che si levavano in aria, respiri impercettibili. Per ogni essere umano sembrava naturale come bere acqua godersi la vita, avere dei sogni e delle ambizioni, lasciarsi guidare dalle emozioni. Quella aldilà delle pareti della sua camera era una meravigliosa armonia, un'orchestra gloriosa e altisonante, in cui lui non era che un assolo di accordi stonati e gracchianti, un flauto difettoso che suonava note che non interessavano a nessuno, un punto nero in una pagina bianca, un estraneo.

Si alzò dal letto e si stiracchiò un poco. Nahida gli aveva gentilmente offerto una casa, una di quelle più vicine al santuario, proprio sotto l'Akademia, in modo da poterlo tenere d'occhio e rispondere ad ogni genere di necessità, qual'ora ve ne fossero state. Dal momento in cui aveva deciso di aiutare lei e la viaggiatrice, o meglio, dal momento in cui aveva recuperato la memoria, si era mostrata attenta e premurosa nei suoi confronti, non gli aveva fatto mancare nulla. Lo aveva perfino iscritto all'accademia Vahumana con il nome di "Ragazzo cappello", incitandolo a frequentare le prime lezioni autunnali, e si era proposta di revisionare la sua tesi finale una volta completata. Tutte cose che prima o poi avrebbe dovuto ripagare, in un modo o nell'altro.

Quel giorno lo aveva convocato al tempio per un'importante questione: aveva detto di aver trovato una pista sui movimenti dei Fatui, in particolare era stata segnalata la presenza di uno dei messaggeri, ma se si trattasse o meno del Luminare, era ancora presto per stabilirlo. Uno dei fedeli seguaci di Nahida, un Matra responsabile del pattugliamento nel deserto, aveva avvistato degli individui sospetti aggirarsi vicino alla grande piramide di Re Deshret, e così non aveva esitato un singolo istante, avvertendo l'Archon di dentro per dare il via alle indagini. Ovviamente lui era la carta jolly, oltre che un informatore eccellente. Una subdola e antica parte di sé continuava a sussurrargli all'orecchio che tutta la gentilezza della piccola Dea era solo uno stratagemma per indurlo a collaborare, o semplicemente era una remunerazione per il suo lavoro, non che facesse molta differenza.

Si tolse le vesti che aveva utilizzato per dormire, indossando quelle per uscire. La canotta nera attillata non l'aveva mai tolta, gli piaceva come rimaneva a contatto con la sua pelle, come se fosse una protezione in più, e poi lui non doveva certo svolgere attività umane come fare la doccia, giacché il suo corpo non era nemmeno in grado di secernere la più piccola goccia di sudore, non importa quanto faticasse.

Afferrò il cappello che aveva poggiato sul tavolo e, una volta messo in testa, uscì di casa.
Non ci mise troppo ad arrivare al santuario di Surasthana: un dettaglio che apprezzava molto della sua visione era la possibilità di poter piegare il vento al suo volere. Non solo in battaglia, quel potere agevolava ogni suo movimento, ed era perfetto quella mattina per eludere qualsivoglia incontro con qualche potenziale persona che certamente lo avrebbe ammorbato a forza di chiacchiere e sorrisi. È vero: quella visione era derivante dagli dei, ma non avrebbe fatto il pignolo solo perché la fonte del suo nuovo potere aveva origini divine; in un modo o nell'altro avrebbe dovuto vendicarsi del Dottore, un simile controllo elementale era un vantaggio troppo grande per privarsene.

Circondato da una brezza fresca e decisa, raggiunse in fretta la destinazione, librandosi in aria. Quando poggiò i piedi sul pavimento di pietra che delineava il terrazzo di fronte all'entrata del tempio, i segni azzurri circolari che brillavano dietro di sé scomparvero nel nulla, e il suo cappello si materializzò di nuovo sulla sua testa, mentre alcune particelle luminose si dissolvevano poco a poco intorno ad esso. Un paio di guardie lasciate a sorvegliare l'ingresso strabuzzarono gli occhi nell'accorgersi del poco ortodosso arrivo del nuovo ospite e del grande potere che vistosamente si portava dietro, eppure, quando egli si avvicinò, incrociarono le lance e gli vietarono il passaggio.

Chi semina vento Raccoglie tempestaWhere stories live. Discover now