Lui dovette sentire il peso del suo sguardo perché sollevò gli occhi che immediatamente si incrociarono con quelli di Aaris. Entrambi sorrisero, in un certo senso era come se tutta l'ansia di prima fosse sparita, e loro si trovassero da soli al parco ad allenarsi a combattere.

Kollh fece un leggero cenno con il capo, indicando le scale che davano al piano di sopra dove c'erano le altre camere della casa. Lei annuì e si alzò in piedi. Avevano finito tutti di mangiare, non si sarebbero offesi troppo se se ne fossero andati.

«Io ehm... volevo far vedere a Kollh dove ho appeso la nuova opera che mi ha regalato, possiamo andare?» domandò raggiante. Non vedeva l'ora di andarsene da quella situazione deprimente.

«Ma certo cara!» rispose felice la madre. Dopotutto, quegli incontri erano principalmente pensati per fargli passare più tempo insieme – non che ce ne fosse bisogno, visto che già si vedevano tutti i giorni per danzare.

Aaris si congedò correndo verso gli scalini e salendoli due a due, come ormai faceva sempre senza neanche pensarci, facendosi seguire dall'amico.

Quando finalmente la ragazza chiuse la porta dietro di loro, fece un sospiro stanco e si sedette sul letto.

«Che stress queste riunioni di famiglia» brontolò.

Il ragazzo annuì concorde e guardò la raffigurazione di loro due che danzavano.

«Oggi a scuola durante l'esame di pratica del colore mi è venuto da pensare a questo quadro, strano vero?» chiese, spostando lo sguardo dall'opera a lei.

«Come tecnica pittorica?» chiese, anche se aveva capito che non era quello, altrimenti non ci sarebbe stato niente di strano. Lui scosse la testa.

«Tu credi che queste cose succedano solo a noi?» gli domandò. Entrambi sapevano che c'era qualcosa che non tornava in loro: l'intolleranza nei confronti dei compagni di classe, il trovarsi bene in mezzo alla natura, ma soprattutto le cose che provavano e pensavano talvolta. Kollh aveva dipinto quel quadro in un'occasione particolare, il giorno in cui sua nonna era morta, e lei era quasi sicura che l'immagine fosse tanto profonda proprio per quello: aveva dipinto provando qualcosa, e aveva rappresentato ciò che lo teneva più legato alla vita, ovvero il combattimento.

Eppure, lui non avrebbe dovuto pensare alla morte della nonna, nessuno lo faceva, perché questa era parte della vita: dopo che qualcuno moriva diventava passato, e non doveva influire sul presente. A lei era comunque sempre sembrato insensato il modo in cui tutti reagivano o, meglio, non reagivano di fronte al trapasso di una persona cara. Dicevano due parole in onore del defunto e poi ripetevano la frase di convenzione: "Ha vissuto una vita lunga e felice e ora ha concluso il suo corso". In seguito, si riprendeva quello che si era interrotto come se non fosse accaduto nulla, il corpo veniva preso dai Caronti che lo portavano fuori città per seppellirlo.

L'unica cerimonia un minimo più sentita era quella che era stata fatta alla morte dell'arconte Orm, avvenuta all'età di duecentonovantatré anni, quando lei ne aveva soltanto cinque. Era stata eretta una statua immensa nel quartiere della cultura, tutto il popolo vi si era riunito attorno e, in contemporanea, aveva recitato la frase convenzionale.

Anche in quell'occasione però poi tutti avevano ripreso, come se nulla fosse, le loro attività, e la grande statua era diventata solo parte dell'arredo urbano.

«Non lo so, ma rispetto a tutti quelli che conosco mi sento veramente un estraneo, non so se siamo noi a essere sbagliati o se, invece, è perché siamo in grado di vedere qualcosa di cui gli altri non si rendono neppure conto».

Per lei era esattamente lo stesso, solo che, mentre lui tentava di nasconderlo comportandosi il più possibile come tutti gli altri, Aaris si era resa conto di essere proprio intollerante a quello stile di vita.

MOÌRIAS-L'ombra della luce-Where stories live. Discover now