Saran aveva appena sganciato dalla fascia la ciotola che si portava sempre dietro, le cui bordature argentee ricordavano il cielo stellato. Era stato suo figlio a crearla e a inciderla in quel modo, affinché portasse con sé sempre un pezzo di lui. Per quanto ora avrebbe voluto lanciarla addosso a Yul.

«Sei certo di voler essere ancora indisponente nei miei confronti? Anche Ogodei khan non aveva nulla da offrire a nessuno, eppure non si è fatto scrupoli nel mostrarsi audace. E ora, i Taigat vengono a chiedere aiuto» Lo sguardo si assottigliò fino a diventare ghiaccio. «Le alleanze cambiano, e gli Shonin sono ancora annoverabili fra le tribù più grandi del deserto.»

Il ragazzo scoppiò a ridere, come se avesse avuto davanti una bambina che agitava una spada di legno. «Tutti sanno che avete perso i Cieli di Sangue, se le tribù del nord non hanno cercato di sottomettervi è solo perché non gli interessa il deserto.» Bevve una sorsata dalle proprie mani, e poi continuò a parlare. «Se il Biyu non lo vivi, non lo apprezzi. E se non lo apprezzi, non lo conosci.»

Saran strinse la ciotola, continuando a tremare indispettita. Pur di contenere la rabbia si chinò e raccolse il liquido al suo interno, per poi bere tutto insieme, dissetandosi in fretta.

«Sei uno sciocco. Non appena la mia tribù tornerà in possesso della pergamena contenente la formula dei Cieli di Sangue, ti offrirò la conoscenza di quel potere. Gli Shonin, insieme ai tuoi uomini, uniranno le forze e saremo imbattibili. E allora non dovrete dipendere nemmeno dalla protezione dei Taigat.»

«Sarebbe perfetto» sussurrò Yul, avvicinandosi fino ad arrivare a pochi passi dal suo viso. L'abbronzatura faceva risaltare lo sguardo divertito. «E quando la riotterrai? Se mi è concesso chiedere.»

Saran non aveva paura di lui, dunque non si spostò, ma ricambiò quella occhiata tentando di non farsi distrarre dalla profondità dei suoi occhi scuri, sicuri e caldi. L'ultima volta che aveva provato quelle sensazioni non era andata bene. «Senza alleati sarà difficile ottenerla, non credi? Per questo mi serve che tu metta una buona parola con tuo padre. Se ci aiuterete, condivideremo la gloria insieme e diverrete, insieme a noi Shonin, i padroni incontrastati delle dune.»

Yul sembrò soddisfatto, dunque, si alzò porgendole una mano. Il vento si levò insieme a loro, accarezzando i volti e i capelli che intrappolarono granelli di sabbia, dorandoli della luce del sole. «Bene, questo accordo è allettante. Ti portò alla mia tribù, quella dei Ghulan, così parleremo con mio padre prima di partire per il passo Gangwon. Ogodei pensa di battere i Taigat e discendere subito a Kaewang... La sua non è furbizia, ma pazzia. Quel coglione è sicuro di sé solo perché fa passare un branco di mercenari come un'orda.»

Si stava fidando di lei. Saran sorrise vittoriosa e gli strinse la mano con più dolcezza del necessario. Non ne era mai stata tanto capace, ma aveva davvero bisogno di sentirsi sostenuta. Tornò in piedi, scostando la coda di capelli che veleggiò davanti al naso.

«Ha pagato dei mercenari? Allora è più stupido di quanto credessi. Mio padre dice che niente è meglio di un paio di uomini fedeli alla propria tribù!»

Yul rise ancora, di una risata allegra che le riempì il cuore. Aveva un carattere che si adattava perfettamente al suo, più buio e oscuro. Dopo averle stretto la mano la condusse verso il recinto in cui i cavalli dei khan pascolavano.

«Mi piace che tu sia così schietta» si complimentò, entrando nel grande perimetro ligneo.

«Anche io ho combattuto, al fianco di mio padre, so come funzionano le guerriglie qui nel Khusai. Non sono ingenua come credi» lo sfidò lei con lo sguardo, andando a prendere il suo cavallo che si prodigò subito a sellare.

«Se sei così sicura di te stessa, che ne dici di una gara di velocità? Cavalcheremo fino alla prossima oasi, che non è poi così lontana» le propose Yul e, una volta sistemato il suo cavallo dalle sfumature della sabbia, salì in groppa con un balzo veloce.

Cieli di Sangue - La nuova dinastiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora