Utopia & Distopia

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Cos'è che ci rendeva umani?

Un tempo ne dibattevano spesso. Interi eserciti di filosofi e scienziati si arrovellavano per dare una risposta esauriente a questa domanda apparentemente eterna.

Se solo ricordare avesse ancora un senso potrei provare a definire quei giorni lontani.

Viviamo in un mondo variopinto, dove i colori delle stagioni tramutano continuamente e repentinamente il paesaggio, facendolo assomigliare a un quadro impressionista. Ma sono le grigie e fredde giornate d'inverno a rappresentarlo meglio. Non ha importanza quanti fiori sboccino, quanti uccellini cantino, quanto sia bella la ragazza che mi passa a fianco lungo la via di casa, non vedo altri colori all'infuori del grigio.

È tutto lento, immobile, sbiadito, come vecchi stracci logori.

Inizialmente qualcuno ha provato a farsi delle domande su quel mutamento, ha cercato di capirne il motivo, cosa fosse successo alla vita di tutti i giorni. Sembrava sempre uguale, ma fu il tempo a mostrarci inequivocabilmente come niente fosse più lo stesso.

In principio erano cose di poco conto, i bambini che non si sbucciavano le ginocchia cadendo, la pancia che non brontolava per quanto a lungo si fosse rimasti a digiuno, a fine giornata il sonno non gravava più come un macigno, i polmoni non bruciavano quando correvamo, perfino le allergie sembravano essere svanite nel nulla. Avremmo potuto definirlo un profondo senso di benessere.

Anche in seguito, quando ci accorgemmo che droghe e alcol non avessero più effetto sul corpo, che le malattie fossero scomparse e i decessi annui scesero a zero, non potemmo che considerarla una benedizione. Solo pochi pensatori furono più lungimiranti. Guardarono a questo fenomeno, che iniziammo a chiamare Morbo Amoena Vita o, più semplicemente, MAV, come a una piaga terribile, ma nessuno li ascoltò. Cercarono perfino di trovare una cura. Furono presi per pazzi. Tutto ciò era un sogno. Lo era per i malati terminali e le loro famiglie, per gli anziani e i soldati, per tutti. La morte sembrava essere andata in vacanza o, meglio, in pensione.

Ma la MAV non ci mise molto a mostrarsi per ciò che realmente era: la peggiore delle maledizioni.

Avete mai pensato a quanto sia sottile il confine che separa una benedizione da una maledizione? Nemmeno io prima di allora. È come la differenza che aleggia a volte fra sogno e incubo, percepibile solo dall'interno, inconcepibile agli esterni.

Tutte le funzioni indispensabili al fisico scomparvero e con esse anche il piacere che vi si legava. Il cibo divenne insipido, gli odori indistinguibili e il sesso? Senza la produzione di endorfine e dopamine anche quella pratica perse ogni attrattiva. La musica era sempre musica, ma le sue melodie ci lasciavano indifferenti, così come qualunque altra forma d'intrattenimento. Nel giro di qualche secolo i nostri corpi iniziarono a perdere le loro fattezze, fino a diventare traslucidi e incorporei come spettri e di noi sembrò restare solo la nostra ombra.

Fra le palazzine abbandonate che ci ospitano da sempre, passiamo le ore osservando il cielo, o il panorama - non che ci troviamo qualcosa di interessante, ma qualcosa dovranno pur fissare degli occhi incapaci di chiudersi -; qualcuno vaga senza meta e, ogni tanto, mi sembra di scorgere qualcuno che un tempo conoscevo. Ma dura solo un attimo. Poi, riscuotendomi, torno alle mie attività. Potranno passare anni prima che quella stessa anima si trovi nuovamente sulla mia strada durante il suo errare. Alcuni sembrano avere uno strano impulso al movimento perpetuo.

A volte è proprio loro che osservo. Mi riportano a uno strano sogno a occhi aperti che vivevamo prima della mutazione, quando uscivo con gli amici, percorrendo per ore quelle stesse strade senza meta. È un'infinità di tempo che non pronuncio una sola parola. Non credo nemmeno di avere ancora delle labbra.

E siamo sempre in questo strano limbo apatico. Ma com'è stato possibile tutto ciò?

Oh, certo, lo abbiamo scoperto. Appena pochi decenni prima che la curiosità si spegnesse del tutto in quei tristi esseri che un tempo chiamavamo umani.

È iniziato molto prima che il desiderio di un singolo individuo cambiasse tutto, quando un fragile bambino guardò la sofferenza negli occhi. Il dolore, quello vero, è una cosa terribile, capace di marchiare a fuoco coloro che hanno la sfortuna di esserne toccati da vicino.

Fu il nobile desiderio di impedire che altri soffrissero in quel modo a muovere la sua mano. Purtroppo non eravamo più realmente in grado di comprendere e non ci fu mai chiaro se si fosse affidato a un'arma biologica, un macchinario, o se quelle divinità che si erano sempre voltate di fronte alle nostre preghiere avessero improvvisamente deciso di accontentare qualcuno, fatto sta che provocò il nostro mutamento.

Il suo piano ha funzionato, questo è certo. Non si combattono più guerre, non ricordiamo neanche cosa volesse dire soffrire. Ma a quale prezzo?

Lui cammina ancora fra noi, senza che nessuno faccia realmente caso alla sua presenza. Si considera il nostro re, il nostro salvatore. Lo definirei la più grande catastrofe mai capitata alla nostra razza, ma il mio cuore raggrinzito non riesce più a odiare.

Ci aspetta un'eternità vuota, intrappolati nella nostra immortale apatia.

E alla testa di questo neo-esercito di anime, lui continuerà a ergersi in solitudine. Impossibile dire per quanto. Chissà se un bel giorno si sveglierà capendo ciò che ha fatto realmente?

La vita era una storia tanto breve quanto triste, ma la sua natura era intrisa di grande romanticismo. Mi chiedo se non fosse proprio nel suo carattere effimero la bellezza della nostra storia, se non fosse nella nostra capacità di amare, di odiare, perfino provare un contorto senso di piacere nell'inflizione del dolore, che si celava la nostra natura.

Ma cosa siamo adesso che l'utopia è realtà?

Senza l'incombenza della fine, nessuno ha più sogni, tantomeno fretta di realizzarli; senza la vicinanza dell'oblio, nessuno ha più fame di successo, grazie a una silenziosa consapevolezza di sopravvivere alla fine del tempo; nessuno ha più curiosità di sapere cosa si celi oltre, visto che non c'è più un oltre; nessuno sgobba più inseguendo il denaro, visto che non potrebbe acquistarci nulla capace di dare un po' di sollievo allo spirito, il senso di appagamento non esiste più. Per non parlare dell'inutilità di fede e scienza.

L'ultima funzione a scomparire del tutto è stata la respirazione. Non che avesse una vera funzione, ma molti di noi hanno continuato a lungo a muovere ritmicamente il petto con avidità d'aria. Mero riflesso dovuto all'abitudine di una vita.

È strano: con la morte sembra essere scomparsa anche la vita stessa.

Dove Utopia & Distopia Corrono di Pari Passo - OneShotWhere stories live. Discover now