Areum sgranò gli occhi di fronte quelle parole, così schiuse le labbra e liberò un sospiro, soffocando una risata nervosa. Che il cugino provasse più del semplice affetto nei suoi confronti? «Con me?»

«Sì, con me. Fai parte della mia famiglia e... sei importante, Areum. Sei l'unica persona con cui mi sento libero di essere me stesso» Dier guardò altrove, pur di non incrociare i suoi occhi, forse imbarazzato. Areum, però, strinse i pugni fino a conficcare le unghie nei palmi. Si sentiva sbagliata e piena di sensi di colpa.

Sapeva che se Dier avesse scoperto la verità su ciò che aveva fatto a Yong, Mi-sun e Shu Lien, probabilmente avrebbe cominciato a guardarla con occhi diversi. «Anche tu sei importante per me, sei mio cugino, credo sia normale...»

Areum minimizzò a malincuore, perché sapeva di volere di più. Di volere Dier, solo per lei. Voleva poter essere la sua donna, la sua compagna, sua moglie, non solo sua cugina. Eppure...

La principessa si sdraiò sulle pellicce e appoggiò le mani sul ventre, liberando un sospiro. Non aveva più voglia di parlare, non aveva più voglia di dover sopportare quella situazione, ma Dier, avendo capito il suo stato d'animo, la raggiunse sui cuscini.

«Non è solo perché siamo cugini, Areum» le rivelò ancora, con la voce colma di rammarico.

Hwa entrò in quell'istante e si andò a sistemare tra le loro caviglie, in modo da costringerli a restare vicini e al contempo distanti su quelle pellicce tiepide. Fuori doveva aver cominciato a nevicare, il pelo fulvo era pieno di brina.

Areum voltò allora il viso verso Dier e sorrise appena. Non voleva rinunciare a lui, ma se desiderava stargli accanto avrebbe dovuto dirgli la verità. Prima o poi. «Sì, hai ragione. Non è solo perché siamo cugini. Anche io mi sento bene quando sono con te, ma questo già lo sai. E al khan la situazione non piace.»

Il ragazzo scoppiò in una tiepida risata e le strinse una mano, carezzandole le nocche. «Stai attenta a mio zio. Non è un uomo cattivo, ma ha i suoi momenti... Se ti facesse del male non potrei mai perdonarmelo.»

«Non dovrai proteggermi per sempre, Dier» lo chiamò Areum, socchiudendo le palpebre. Non aveva paura del khan. Non aveva paura di niente, se non delle proprie ombre. «Prima o poi riuscirò a superare ogni cosa e non dovrai più sostenermi. Non sarò un intralcio per sempre.»

Lui sbatté le palpebre e intrecciò le dita alle sue. Areum ringraziò i Cieli di essere al buio, purché lui non vedesse il rossore apparso sulle sue guance. Tuttavia, prima che potessero addormentarsi, Dier le sussurrò un'ultima tenera frase: «Tu non sei mai un intralcio, Areum.»

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Il palazzo in cui Yuki abitava era piuttosto piccolo, seppur pervaso dal colore del sangue: i tetti erano cremisi, così come i pilastri della veranda e i cuscini sistemati sui tatami

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Il palazzo in cui Yuki abitava era piuttosto piccolo, seppur pervaso dal colore del sangue: i tetti erano cremisi, così come i pilastri della veranda e i cuscini sistemati sui tatami. Persino i servizi di porcellana erano dipinti con quel rosso intenso che si andava a scontrare con il bianco delle pareti, creando un contrasto che non le dispiaceva.

Cieli di Sangue - La nuova dinastiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora