La Tratta

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Ignominiosi pezzi di carbone
Stipati nella stiva di una chiatta,
I miei fratelli: merce, non persone,
Di scambio in questa rinnovata tratta

Di schiavi camuffata da diaspora,
Per chi non ha il coraggio di scrutare
Un po' più in là del velo, oltre la maschera.
Chi parte non ha scelta, sceglie il mare

Perché gli è stato tolto tutto il resto,
Non ha più nulla, o meglio, non è nulla
Strappato alla sua linfa, al suo contesto,
A tutti i suoi legami, alla sua culla.

Io giunsi qui dal Niger tempo fa,
Scappavo dall'inferno di una guerra
Che miete morti, causa povertà,
Ci toglie sonno, cibo, acqua, terra,

Perfino l'aria ha il tanfo soffocante
Di corruzione, crimine e sopruso.
S'impernia tutto a un dubbio, che è costante:
Se l'indomani sarai vivo o chiuso

In una gabbia con un mitra in faccia,
Tua moglie in mano a qualche stupratore,
I figli torturati e uccisi; piaccia
O meno qui o si scappa via o si muore.

Così m'indussero a lasciare tutto
Indietro, come tanti conterranei,
Passato oltre il deserto, poi, distrutto,
Mi consegnai ai kapò mediterranei.

Mi chiamo Alavi e sono qui in Italia
Per grazia ricevuta da sei anni,
Non ho più moglie, ma una figlia, Tawia,
Scampata alla violenza e a molti affanni.

Lavoro per 600 euro al mese
Nei campi raccogliendo pomodori,
Lo faccio 9 ore al giorno, spese
Di spostamento escluse, i miei datori

D'impiego ci trattengono ogni giorno
Un tot per il gasolio consumato
Su strada, sia all'andata che al ritorno,
Nel viaggio dal capanno al campo arato.

"Capanno", invero, è quasi elogiativo
Per definire un rustico e due tende
In cui con venti miei colleghi vivo
In condizioni igieniche tremende.

A chiunque mi credesse sfortunato
Racconterei di quanti miei fratelli
Non hanno o non avranno superato
La soglia della porta. A tutti quelli

Va affranto il mio ricordo giorno e notte,
Le mie preghiere, il mio sincero affetto;
Ovunque siano sappiano che morte
Non li ha mai colti in questo scarno petto.

A chi altri mi domandi dove trovo
La forza di accettare tutto questo,
Resistere, scovare sempre un nuovo
Motivo per passare oltre il funesto,

Titanico calvario che mi imbriglia,
Risponderò: «Negli occhi di mia figlia».

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