Prologo

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Vado alla ricerca di Jessy per sapere chi monterò oggi, attraverso la scuderia e scendo verso i paddock, una ragazza entra in un uno con una capezza in mano, la osservo mentre si avventura tra gli alberi e qualche sterpaglia verso un cavallo.

Continuo a camminare verso il campo, fino a quando sento un urlo da far gelare il sangue, mi immobilizzo e lentamente mi volto, un altro grido squarcia l'aria, mi metto a correre nella direzione da dove provengono.

La ragazza di poco fa si trova stesa a terra, mentre del sangue le scorre lungo la testa e lungo il braccio destro, la maglietta è strappata e alcune ciocche di capelli corvini sono sparse sul terriccio, i pantaloni blu hanno varie impronte di zoccoli.

Delle sirene risuonano in lontananza e varie persone si sono già radunate attorno a lei, ha perso i sensi. Alcuni paramedici arrivano correndo con una barella, lentamente la spostano su di essa e con passo affrettato vanno all'ambulanza posteggiata nel piazzale fuori dalla scuderia, le sirene riprendono a suonare e in fretta si allontanano.

Sono ancora ferma immobile quando una mano mi si posa sulla spalla, non ho nemmeno la forza di voltarmi, lo sguardo fisso sulle ciocche nel fango e il sangue fresco sulla terra. Due braccia mi avvolgono "andrà tutto bene" cerca di tranquillizzarmi Ginny.

Sono ancora piuttosto sconvolta mentre mi accompagna in club house, mi fa sedere sul divano, ho il respiro irregolare e le mani tremano, l'immagine della ragazza stesa a terra priva di sensi continua a lampeggiarmi nella testa, tengo lo sguardo fisso in un punto per terra.

Sento tutti gli altri parlare di quello che è successo, ma non faccio troppo caso a ciò che dicono, fino a quando una frase mi arriva dritta alle orecchie "credo che dovremmo mandarla al macello" il respiro aumenta e il cuore sta per scoppiare "NO!" Sbotto con tutto il fiato che ho in gola alzandomi in piedi, immediatamente nella sala cala il silenzio, ho tutti gli occhi addosso e sto tremando in preda al panico "non può andare al macello!" Ringhio "per colpa sua una ragazza potrebbe morire!" Mi urla in faccia la proprietaria.

Potrebbe morire

potrebbe morire

potrebbe morire.

Sento le lacrime salirmi agli occhi ma le trattengo con tutte le mie forze. "Non sappiamo nemmeno com'è andata!" Grido con la voce che trema "quella razza di mostro ha aggredito una ragazza! Non ti è ancora abbastanza?!" Sbraita avanzando verso di me, indietreggio e stringo la mano a pugno conficcandomi le dita nella carne.

Quella razza di mostro

quella razza di mostro.

Come osa chiamare un cavallo mostro?! "Magari lei ha fatto qualcosa per spaventarlo!" sto tremando più di prima "senti ragazzina impertinente, quello è solo uno stupido cavallo e credo che per tutti noi sia meglio averlo nel piatto che in maneggio!" Non ce la faccio più e una lacrima sfugge al mio controllo tracciando un solco sul mio viso "no" sussurro con voce rotta.

Ho come la sensazione di essere presa in giro, come se tutti stessero ridendo di me. La gente smette di prestarmi attenzione e il vociare riprende, mi sento come un pesce fuor d'acqua, com'è possibile che siano tutti d'accordo?!

La mia migliore amica mi affianca, non dice nulla, sa che qualunque parola non farebbe differenza. Non riesco a capire, perché nessuno è intervenuto? Per tutti è così normale vedere una persona urlare in faccia a una ragazzina? A nessuno importa di un povero cavallo? Mi sento umiliata, ferita, come se qualcuno mi avesse presa a calci ripetutamente.

Nessuno nella stanza fa caso a me, tutti parlano tranquillamente come se nulla fosse successo, come se non avessi appena iniziato a piangere. Una volta una mia compagna di classe mi aveva detto che se una persona ti urla addosso o ti sgrida e a te viene da piangere hai subito un trauma infantile, se questa cosa è vera allora ho appena subito un trauma infantile.

La stanza prende a girare, le persone diventano sfuocate, sono sola al centro della stanza, davanti a me un insegna risplende: macelleria equina, la proprietaria conduce la cavalla dentro, poco dopo esce senza di essa ma con delle banconote in mano. Provo ad urlare ma è come se avessi perso la voce, dalla bocca non esce niente, le gambe sono bloccate, è come se il mio corpo non rispondesse ai miei comandi.

"Maya? Maya rispondimi!" Due mani mi scuotono violentemente e improvvisamente mi trovo fuori nel piazzale, nel piazzale dove prima stava l'ambulanza. Davanti a me la mia istruttrice cerca il mio sguardo "J-Jessy?" Sussurro ancora sconvolta "oh Maya!" Mi butta le braccia al collo e mi stringe in un abbraccio.

"Mi hanno raccontato quello che è successo, io ero in campo, mi spiace non esserci stata. Mi sembra ovvio che la lezione la facciamo un'altra volta, sei troppo sconvolta. Vieni dai accompagno te e Ginny a casa" l'unica cosa che sono in grado di fare è annuire.

Passiamo la maggior parte del viaggio in silenzio, grazie al quale riesco a riflettere, e poi decido di spezzare il silenzio ormai teso "proverò a lavorare con quel cavallo" affermo sicura di me, per poco Jessy non va a sbattere contro un lampione per la sorpresa della mia affermazione.

"Maya..." inizia ma poi si blocca "è troppo pericoloso" sospira la mia istruttrice "ma devo provarci" continuo decisa "sono contraria pure io m-" non la lascio finire che la interrompo "allora devi aiutarmi, in 2 possiamo farcela. Tu sei con noi Ginny, vero?" Ginny abbassa lo sguardo sui suoi stivali sporchi di terra e letame "Maya, non è che non vogliamo darti una mano, ma il punto è che quel cavallo è pericoloso, non è la prima volta che manda una ragazza all'ospedale" fa una pausa e resto sconvolta da quell'affermazione non è la prima volta.

"Più volte in campo ha buttato giù varie ragazze e poi ha aggredito altri cavalli facendone cadere altre, spaventa gli altri cavalli e non lascia che nessuno le si avvicini." Ascolto attentamente sconvolta da quello che Jessy racconta "non mi interessa, io ci proverò!" Affermo più convinta di prima.

Infatti è quello che faccio, un passo alla volta, giorno dopo giorno, caduta dopo caduta, morso dopo morso, calcio dopo calcio e ferita dopo ferita.

Ogni giorno che passa quel cavallo sembra aumentare la fiducia nei miei confronti e le ferite diminuiscono. La gente mi gira alla larga e la proprietaria aspetta di vedere il giorno in cui mi arrenderò, ma non succederà mai, non hanno ancora capito che sono cocciuta e se mi fisso qualcosa in testa lo devo fare e nessuno mi ferma fino a quando non ho raggiunto l'obbiettivo.

Quando ero piccola mi sono promessa che da grande sarei stata un'istruttrice e d'allora punto a quello, e punterò sempre a quello fino a quando non avrò raggiunto il sogno.

Freedom in the wind Where stories live. Discover now