Capitolo 8.

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"La volete finire! Dobbiamo litigare un'altra volta!" gridò improvvisamente Ludmilla riprendendo i ragazzi, ormai quasi del tutto ubriachi. "Ehi, biondina... non fare la fiscale! Abbiamo bevuto solo un po'" ribatté Diego allargando le braccia. "Un po'! Solo un po'! Certo, otto bottiglie in sei a voi sembra poco!" esclamò Francesca. Ok, forse avevano un po' esagerato, ma ora che avevano fatto pace con le ragazze, loro non li avrebbero fatti più bere. "Va bene, basta" si rassegnò Federico posando una bottiglia quasi vuota sul tavolino tra di loro. "Grazie che dici basta, te la sei finita!". "Amore, manca ancora un po'... guarda" disse l'italiano indicando con il dito il contenuto, dentro la bottiglia, che mancava. "Ragazzi, stop! Basta bere, basta gridare" intervenne Camilla facendo segno con le mani, come una vigilessa che dirige il traffico. "Camilla ha ragione... prima non avevamo interrotto qualcosa?" domandò Violetta portandosi l'indice alla bocca. La rossa le lanciò un'occhiata d'intesa, così chiuse una delle bottiglie sul tavolino, e la rovesciò sulla pancia. "No, no, no! Finiremo per litigare un'altra volta!" intervenne Francesca. "Dai, Amore... è solo per divertirci un po'" rispose Diego guardandola furbetto. Aveva usato le stesse parole che lei gli aveva detto per convincerlo a giocare. L' italiana gli lanciò un'occhiataccia, per poi mollarli una pizza sul braccio. "Dai su, prima eravamo tutti d'accordo!" ricordò Violetta sistemandosi sul divanetto con le gambe sopra quelle di Leon, mentre lui la teneva stretta a sé circondandola con un braccio. "E va bene! Inizio io!" esclamò Ludmilla alzando la mano e facendo far il primo giro alla bottiglia. "Andres!". "Bacio sulla guancia, a stampo sulle labbra o limonata?". "Limonata!" rispose ubriaco il ragazzo. Tutti se lo guardarono stupiti, e scoppiarono a ridere. La bionda fece girare un'altra volta la bottiglia. Tutte le ragazze erano in ansia, non volevano limonare con Andres! Era un loro amico, questo sì, ma limonare se lo poteva anche scordare, anche se era ubriaco. La bottiglia rallentava sempre di più, si stava quasi per fermare. Tutte le ragazze fecero un respiro profondo, tranne una, che sbarro gli occhi e scuoteva la testa. "NO, NO, NO! ASSOLUTAMENTE NO!" gridò Gery opponendosi al gioco. "Dai, è solo un gioco" ricordò Brodway dando una piccola pacca sulla spalla alla sua amica. "No! Per niente al mondo limonerò con Andres! Non mi interessa se è ubriaco!". "Andiamo, baby... so che hai sempre voluto che limonassimo" disse Andres sorridendo maliziosamente ed ammiccando alla ragazza. Tutti i presenti scoppiarono in una fragorosa risata, vedendo l'espressione della messicana all'affermazione di Andres. "Quando è ubriaco è troppo forte!" esclamò Diego quasi senza fiato. "E' il massimo!" intervenne Maxi asciugandosi le lacrime. "Andiamo, Gery... è ubriaco, non si ricorderà di niente" ricordò Leon indicando il suo amico con il braccio. "Ma che c'entra! Fa schifo a me!". "Fai finta che è Leon, no!" intervenne Federico facendo scoppiare tutti a ridere. Violetta si bloccò improvvisamente, facendosi subito seria. Si irrigidì, smettendo di ridere. Leon si voltò verso la sua parte, e la vide rigida come un pezzo di legno. Sorrise percependo la gelosia della sua migliore amica, così cercò di rassicurarla. I loro occhi si incatenarono, non appena il messicano poggiò una mano sul ginocchio di Violetta che pian piano saliva sempre più. Anche Leon era parecchio ubriaco, e non sapeva se sarebbe riuscito a controllarsi. La voglia di avere Violetta lo faceva impazzire, anche se non erano fidanzati. Voleva diventare il suo ragazzo, e avrebbero passato giornate intere a fare l'amore. Perché sapeva che, di fare l'amore con Violetta, non ne avrebbe mai avuto abbastanza. La desiderava con tutto il suo cuore. Con la mano arrivò all'inizio del vestito, e non appena Violetta si rese conto di quello che stava accadendo, sorrise ancora di più. La mano di Leon ormai aveva quasi raggiunto l'intimo di Violetta, ma la ragazza lo bloccò in tempo, prendendo la mano del suo amico legandola con la sua. Il messicano la guardò come a dire 'Ma dai, perché mi hai fermato!', in tutta risposta la ragazza alzò un sopracciglio per poi ricevere un dolce sorriso da parte di Leon. Avrebbe tanto voluto non fermare Leon. Avrebbe voluto che continuasse, il problema era che non stavano insieme. Lei non sarebbe mai stata la sua ragazza, e non avrebbero mai potuto fare l'amore. Sapeva che Leon la vedeva solo come un'amica, la sua migliore amica, e questo non sarebbe mai cambiato. Quella sera era ubriaco, e non sapeva cosa stava facendo, per quello lo aveva fermato. Non voleva che si pentisse di qualcosa. Nel frattempo, i ragazzi erano andati avanti con le loro discussioni, ed erano riusciti a convincere Gery a limonare con Andres. In quel momento si staccarono, ed entrambi si pulirono la bocca. Sulla faccia della messicana spuntò un'espressione di disgusto, per far scoppiare tutti a ridere. "Ben fatto! Ben fatto!" esclamò Brodway dando il cinque al suo amico. "Ti è piaciuto, eh bellezza". Gery s'impaurì così, si spostò vicino a Leon, e da parte di tutti partì un'altra risata. "Ok, tocca a me" disse Diego girando la bottiglia. "Nata..." tutti si volterono verso la spagnola "...lo stesso di Andres, solo che aggiungo che se uscirà uno di noi maschi dovrete andare in bagno e... capito insomma". "CHE!" gridarono in unisono Maxi e Nata. "Che schifo! No! Scelgo il bacio sulla guancia!". "Uffa, tu scegli sempre quello, Natalia! Con te non c'è gusto di giocare" la rimproverò la bionda. "Ehi, calmina. Io scelgo sempre quello per non finire nei guai. Hai visto Andres, no? Presumo che lunedì quando sarà sobrio Gery gli rifilerà un ceffone in faccia, giusto?". "Giusto!". "Sì ma potrebbe anche capitare, che so... Maxi?". "Lud, è il mio turno, e scelgo quello che voglio, d'accordo?". "Lo dicevo io che saremmo andati a litigare ancora" intervenne l'italiana alzando le mani. "NON STIAMO LITIGANDO! STIAMO DISCUTENDO!" gridarono in coro le due dirette interessate. "D'accordo, scusate" rispose Francesca impaurita. "Basta, Diego gira che vediamo a chi devo dare il bacio sulla guancia!" esclamò la riccia. Lo spagnolo girò la bottiglia... "Maxi...". "AH!" disse Ludmilla puntandole il dito contro "Te lo avevo detto!". Nata la fulminò con lo sguardo, per poi avvicinarsi al suo ragazzo e lasciargli un dolce bacio sulla guancia. Maxi però barò, si voltò dall'altra parte facendo combaciare le sue labbra con quelle della spagnola. "Ehi, così non vale!" intervenne Bel. "Non è colpa mia" si difese Nata alzando le mani. "Giro io" disse Camilla, facendo partire poi un altro giro. "Bel... bacio a stampo, guancia, o limonata?". "Aggiungi quello che ho detto io!" esclamò Diego alzando la mano. Camilla sbuffo "D'accordo e quello che ha detto Diego". "Bacio a stampo". La bottiglia ruotò un'altra volta. Tutti gli sguardi si spostarono dalla bottiglia a Leon. Violetta stava per scoppiare, non avrebbe retto un bacio, anche se a stampo. Il messicano si voltò nuovamente verso la sua amica, e la vide triste. Non era arrabbiata, o gelosa, era triste. Triste che quel bacio non glielo potesse dare lei. Tutti i presenti si sentirono in colpa, come se avessero deciso loro a chi sarebbe toccato. Camilla era quella più in pena, perché era stata lei a proporre il gioco, e se Violetta e Leon avrebbero litigato a causa di quello stupido ed insignificante gioco, non se lo sarebbe mai perdonato. Violetta tolse le sue gambe da sopra quelle di Leon, per poter permettere a Bel di scontare la sua penitenza. Francesca guardava la sua amica, e non poteva far altro che essere in pena per lei. Isabel si alzò da vicino a sua cugina, e si avvicinò al messicano. In un secondo accaddero tre cose: Bel fece combaciare le sue labbra con quelle di Leon, Gery distolse lo sguardo e Violetta morì. Teneva gli occhi chiusi, ma sentì comunque il suo cuore sbriciolarsi in mille pezzi. Quando li riaprì, vide la ragazza sedersi di nuovo accanto a sua cugina. Incrociò lo sguardo di Leon, che cercò di rassicurarla con un semplice sorriso. Ma quella volta non fu necessario un semplice sorriso, non bastava per tranquillizzarla e farla sentire amata. "Ehm... continuiamo?" domandò Andres, ricevuta anche lui la tensione da parte del gruppo. "No scusate, a me è passata la voglia. Continuate voi" disse Violetta alzandosi dal divanetto con gli occhi di tutti puntati addosso. "Cos'hai, Vilu?" domandò Ludmilla, fingendo di non essersi accorta della tristezza della sua amica. "Non mi sento molto bene, ma tranquilli, voi continuate. Io prendo una boccata d'aria". "Sicura?" domandò la bionda. La ragazza annuì cercando di nascondere il suo stato d'animo con un sorriso falso. "D'accordo". Violetta lanciò un'ultima occhiata a Leon che era rimasto a guardarla impietrito, come se tutto quello fosse colpa sua. La mora si voltò, dando le spalle ai suoi amici e si diresse fuori dal locale. Lontana dalla gente, dall'alcool, dai suoi amici, da Leon, dal dolore.


15 Dicembre. Lunedì mattina. Sbadigli a destra, occhi assonnati a sinistra... il lunedì mattina è devastante per tutti. Ma quella era l'ultima settimana di scuola prima delle vacanze di Natale, che tutti aspettavano con ansia. Per Violetta in particolare sarebbe stata una settimana speciale. Quel venerdì sarebbe stato il compleanno di Leon, del suo Leon. Aveva in mente una grande sorpresa per lui, e sapeva che gli sarebbe piaciuta. La festa di Camilla era finita alla grande, ma lei non se l'era potuta godere visto che per tutto il resto del tempo era rimasta fuori dal locale. Non voleva assistere ad altre scene come quella in cui era morta dentro. Non aveva visto che si baciavano, ma solo saperlo le frantumava il cuore. Amava Leon, e pensarlo tra le braccia di un'altra la faceva deprimere più di quanto già non fosse. In quel momento stavano aspettando che la campanella suonasse, e che le cinque ore di tortura iniziassero. Però, a dire la verità quel giorno non avevano materie molto pesanti. Prime due ore: Italiano, con Angie. Terza ora: Educazione fisica, con Jackie. Quarta ora: Francese, con Milton. Ultima ora: Musica (Canto e Strumento), con Pablo. Le ore che più amavano erano quelle di italiano, e quelle di musica. Il Professor Galindo insegnava davvero bene, e te la faceva amare sul serio la musica. Aveva anche detto che alla fine della settimana, prima delle vacanze, avrebbe messo in scena uno show. Voleva che tutti i suoi alunni partecipassero, e che magari si sarebbero creati dei gruppi, o dei duetti. "Avete studiato per la verifica di francese?" chiese Camilla attirando l'attenzione di tutti. "Verifica! Quale verifica?" chiese Maxi guardandosi intorno spaesato. "Quella di oggi, Maxi. Lo ha detto giovedì. Io ho studiato bene, molto bene. Non voglio prendere un altro brutto voto come l'altra volta!" esclamò la rossa, facendo partire una risata fragorosa da parte di tutti. "Camilla, di nuovo con questa storia!" chiese Violetta tornando seria. "Ehi, non so te, ma io ci tengo a diplomarmi. Non voglio essere bocciata in francese". "Ma un sette non è un brutto voto!" intervenne Diego, cercando di far capire alla rossa che lei era fortunata a prendere quel voto. Lui sì e no riusciva a raggiungere la media del sei. "Sì, ma ha rovinato la mia media" ribatté Camilla incrociando le braccia al petto ed alzando il mento, come conferire superiorità. "Ma smettila! E' arrivata la secchiona adesso!" intervenne Brodway sfottendo la sua ragazza. "Ehi! Ora anche tu sei contro di me?". "No, Amore. Sto solo dicendo che un sette non ti rovina la media". "A te no. Ma a me che prendo sempre tutti nove sì". Brodway si morse il labbro inferiore scuotendo la testa e dandosi un colpo sulla fronte. "La solita Camilla!" esclamò tutto il gruppo, facendo spaventare la rossa. "Placatevi". Partì un'altra risata, ma propro in quel momento a Violetta squillò il cellulare. Si alzò da sopra le gambe di Leon, e scese dal muretto sul quale erano seduti tutti. Allontanandosi di poco rispose "Pronto?". "Vilu, sono papà". "Ciao, cos'è successo?". "Ecco... non so bene come dirtelo. Sarà meglio che torni a casa". "Papà, non farmi preoccupare... è successo qualcosa alla mamma?" esclamò sempre più preoccupata. Il cuore iniziò a batterle fortissimo, le gambe tremavano e stava per scoppiare a piangere. Dall'altro capo del telefono non arrivò nessuna risposta, si sentivano solo dei pianti isterici di Olga. A quel punto scoppiò, capendo che non c'era più speranza. "PAPA'!" gridò in prenda al panico. Si accasciò a terra, continuando a piangere. Se ne era andata, sua madre se ne era andata. Non sarebbe più stata con loro, non l'avrebbe mai più vista. "Vilu, c-calmati" balbettò German, con voce spezzata dal pianto. "COME POSSO CALMARMI! COME PUOI DIRMI DI STARE CALMA!". "Tesoro... alla mamma non è successo niente. Stai tranquilla...". Violetta fece un respiro profondo, cercando di calmarsi e di riprendere il controllo di se stessa. Ma non riusciva a capire... cos'era successo allora? "Mi dici cos'è successo!". "E-ecco, Angie, tua zia... ha avuto un incidente". Violetta si paralizzò, non riuscendo a muovere neanche un muscolo. Non riusciva a collegare le parole appena pronunciate da suo padre. Angie. Incidente. Come poteva essere? Come poteva aver avuto un incidente! Non era giusto! La vita era ingiusta, cattiva! Aveva appena rincontrato sua zia! E adesso rischiava di perderla per uno stupido incidente! Perché! Perché proprio a lei! Cosa aveva fatto di male per meritare di soffrire! Prima sua madre, ora Angie. Non poteva essere... Leon, ancora seduto sul muretto continuava a fissarla accigliato. Non si muoveva, era come paralizzata. Non piangeva neanche, era immobile, come una statua. "Vilu... Tesoro, mi senti? Ci sei? Vilu. Violetta!" gridava dall'altro capo del telefono un German preoccupato. Leon che vedeva che non si muoveva, decise di andare da lei. La prese per le spalle, guardandola negli occhi, ma non li batteva. Non batteva le palpebre, era rimasta pietrificata. La scosse, ma nulla. Così decise di prenderle il cellulare "Pronto?". "Chi è?". "German? Sono Leon? Cos'è successo? Violetta è rimasta paralizzata. Non si muove più. E' successo qualcosa a Maria, per caso?". "No, no. A Maria non è successo niente... è che... Angie ha avuto un incidente". "COSA!". "Sì, poco fa. Mi hanno chiamato dall'ospedale. Ora sto andando lì con Roberto. Mi fai il favore di badare a mia figlia. Ho paura che faccia qualche sciocchezza, prima Maria, ora anche Angie. Da quanto mi hanno detto sembra che non sia nulla si grave ma ha riportato qualche frattura. Per favore, Leon... stai vicino a Violetta. Non la perder d'occhio neanche un minuto. Non dire nulla agli altri, se puoi avvisa Antonio e Pablo". "Certo, German. Ovvio che non la perderò di vista, e non ti preoccupare li avviso io Antonio e Pablo. Facci sapere al più presto". "D'accordo. Grazie, Leon. A più tardi". "A più tardi". Leon chiuse la chiamata, e si infilò il cellulare di Violetta in tasca. Se mai German avesse chiamato avrebbe risposto lui. Prese Violetta per i fianchi attirandola a sé, ed abbracciandola. A quel punto la ragazza scoppiò a piangere stringendosi forte al suo amico. Leon cercò di tranquillizzarla stringendola con tutta la forza che aveva, e lasciandole piccoli baci sul viso. "Ehi, calmati..." sussurrò prendendole il viso tra le mani, con i pollici le asciugò le lacrime accarezzandole le guance. "I dottori hanno detto che non è nulla di grave, ha solo qualche frattura qua e là". "Non può essere, Leon. Non ci credo, non ci voglio credere. Prima la mamma, ora anche Angie. Non voglio che mi lasci anche lei. Ho bisogno di mia zia. E' l'unica persona che mi è rimasta, che era legata alla mamma, oltre alla nonna. Ma Angie... è Angie, non voglio che se ne vada". "E non accadrà. Non succederà nulla che te la farà perdere. Si riprenderà, e tornerete quelle di sempre. Promesso...". Violetta scosse la testa, abbassando lo sguardo. "Perché devo perdere sempre le persone che amo?". "Non la perderai. Te lo posso assicurare. Non succederà niente. Tuo padre ora sta andando in ospedale con Roberto. Al telefono i medici gli hanno detto che non è nulla di cui preoccuparsi. Ma può avere qualche osso rotto. Ma stai tranquilla, andrà tutto bene" le sussurrò guardandola negli occhi. Violetta si gettò ancora tra le braccia di Leon, il posto più sicuro del mondo. "Non mi lasciare sola" supplicò lei stringendo gli occhi, lasciandosi coccolare da quelle braccia. "Non ti lascerò mai sola. Mai. Sei la mia Bimba, e lo sarai sempre. Questo non cambierà. Ti starò sempre vicino, accada quel che accada". I loro occhi si incrociarono ancora, un sorriso più bello dell'altro. La campanella suonò, e tutti si affrettarono ad entrare. "Andiamo, tuo padre ha detto che dobbiamo avvisare Antonio e Pablo" informò Leon, prendendo la mano della sua amica per intrecciarla alla sua. "Agli altri lo diciamo?" domandò Violetta asciugandosi le lacrime. "No, aspettiamo di sapere qualcosa di certo. Non spaventiamoli se non sappiamo di cosa si tratta". La ragazza annuì, quando arrivarono davanti ai loro amici, la notarono diversa. "Vilu, hai pianto?" domandò Francesca guardando i suoi occhi rossi e gonfi. "No, cioè sì, ma tranquilla. Non è successo niente". "Non ci credo, non piangi per 'niente'. Cos'è successo?". "Davvero, Fran... tranquilla". "Poi mi racconti, eh". "Ora andiamo, altrimenti Angie si arrabbierà" intervenne Federico prendendo il suo zaino da terra e dirigendosi mano nella mano con Ludmilla, verso l'entrata. Leon e Violetta si lanciarono uno sguardo d'intesa, e il messicano la strinse a sé circondandole la vita con un braccio. "Stai tranquilla. Andrà tutto bene" le sussurrò all'orecchio, lasciandovici poi un dolce bacio "Grazie. Grazie per essere sempre presente. Per sostenermi in tutto, per restarmi vicino e tranquillizzarmi. Non so proprio come farei senza te... ti voglio bene, Leon". "Ti voglio bene anche io, Bimba. E non ringraziarmi, io lo faccio con il cuore. Mi fa piacere, e ne sono felice. Vedere il tuo sorriso è la cosa più bella del mondo, ma ultimamente non lo vedo tanto spesso. Ricordo quando da piccoli era sempre lì sulle tue labbra. Ero il bambino più felice del mondo, perché ero io la causa del tuo sorriso. Vederlo tutti i giorni è qualcosa di davvero inspiegabile, eppure... è così bello". Il cuore di Violetta non poteva battere più forte, stava per uscire dalla gabbia toracica e finire sul pavimento della scuola. Le parole di Leon... l'avevano fatta sorridere. Dopo tanto tempo di sofferenza, per sua madre, per quella malattia, dopo tutto quel tempo era riuscito a farla sorridere. Ma non un sorriso di quelli falsi, di quelli comuni che aveva sfoggiato quella mattina, alla festa di Camilla, oppure ovunque andasse... no, quel sorriso era vero. Forse il più bello che avesse mai fatto.


La lezione di educazione fisica, con Jackie, era appena finita. Tutti erano sfiniti. Quella donna pretendeva davvero il massimo del massimo. Trenta minuti di corsa, poi una serie di addominali e flessioni. Salti con la corda e pesi, e gli ultimi dieci minuti una piccola ma breve partita di pallavolo. Era appena suonata l'ora della ricreazione, Violetta e Leon, appena entrati erano subito andati a parlare con Antonio e Pablo. I due si erano subito precipitati all'ospedale, ma prima avevano avvisato i professori. Durante le prime due ore, a sostituire Angie ci fu Gregorio, che tra matematica, scienze e geografia, massacrò gli studenti. Finalmente la ricreazione era scattata, e per venti minuti si sarebbero tutti riposati. "Dio santo! Non ne posso più!" esclamò Ludmilla lasciandosi cadere su una panchina di fianco alle macchinette. "E pensare che ora abbiamo il compito di francese!" ricordò la rossa inserendo quaranta centesimi nella macchinetta e selezionando il tasto con so scritto 'Caffè'. "Ti prego non ricordarmelo" supplicò Nata passandosi una mano sulla faccia. "Speriamo che non sia tanto difficile come quello dell'ultima volta" intervenne Francesca prendendo una patatina dal sacchetto che teneva tra le gambe, per poi mangiarla. "Già speriamo. Quello è stato davvero il più difficile dall'inizio dell'anno" rispose Camilla estraendo il bicchierino con il caffè fumante, dalla macchinetta. "Concordo, ma a me non è andato tanto male" puntualizzò Ludmilla. "Io ho preso otto e mezzo" informò la rossa accavallando le gambe. "Ovviamente! A me invece non è andato molto bene, ma non posso lamentarmi... sei più" disse Francesca. "Beata te! Io un cinque scarso" parlò Nata sbuffando e incrociando le braccia al petto. "Devo assolutamente rifarmi con quello di oggi, altrimenti rischio l'anno se mi mette un'insufficienza alla prima pagella". "Vedrai che andrà tutto bene. Per fortuna dopo il compito abbiamo musica" ricordò Ludmilla poggiandole una mano sulla spalla. "Giusto! Almeno ci riprendiamo un po'! Diego ed io abbiamo già in mente una melodia per una canzone da presentare allo show" intervenne Francesca. "Io in realtà avrei pensato che potremmo creare un gruppo noi ragazze" propose Camilla "Sì, bello. Mi piace" rispose la bionda. "Sì, buona idea. Ma vorrei cantare anche con Diego". "Certo, non credo ci saranno problemi se lo dici a Pablo. Anche perché, anch'io voglio cantare con Federico". "Vilu! Vilu!" esclamò d'un tratto Francesca passando una mano davanti al viso della sua amica. La ricreazione era iniziata da più di cinque minuti, e Violetta non aveva proferito parola. In realtà non aveva parlato per tutto il giorno, tranne quando veniva chiamata dal professore. Era rimasta zitta e muta al suo banco, con le braccia conserte, le gambe accavallate e lo sguardo perso nel vuoto. Quella mattina le era sembrata normale, quando poi si era allontanata era tornata... strana, diversa. Aveva di sicuro ricevuto una notizia non bella. "Violetta!" esclamò ancora l'italiana scuotendo la sua amica per le spalle, che a quel punto si riprese guardando Francesca, passandosi poi una mano sulla faccia. "Sì, scusate. Non mi sento molto bene" mentì la mora. "Vilu, cos'hai? Non hai parlato praticamente per tutto il giorno, e sei strana. E' successo qualcosa di grave?" chiese Francesca. "E' successo qualcosa a tua madre?" domandò Camilla preoccupata. "No, no. Alla mamma non è successo niente. Sto bene, è solo che stanotte non ho dormito molto, e i sintomi cominciando a sentirsi" mentì ancora. "Violetta, abbiamo diciotto anni, non ci inganni più con queste stupidaggini. Dicci cosa ti succede" intervenne Ludmilla incrociando le braccia al petto. "Ma no, sul serio ragazze. Sono un po' di notti che non dormo... non so, sarà il fuso orario al quale non mi sono ancora abituata. O per mamma, papà... non so. Forse per tutto... mi sto riambientando, ed è come ritornare in prima elementare. E' tutto cambiato, voi tutti siete cambiati. E forse, devo solo accettare tutto questo". "Stai parlando di Leon?" domandò Nata curiosa. "Anche. Ma non è questo il punto. Sto solo dicendo che vedendo quello che è successo l'altra sera, è cambiato". "Il bacio intendi?" chiese Camilla sentendosi ancora in colpa. Violetta annuì abbassando lo sguardo sulle ginocchia tremanti. Già il bacio. "Ma, Vilu. Non era un vero e proprio bacio. Era un gioco, per nessuno dei due ha avuto significato" constatò la rossa, cercando di spronarla. "Come lo sai questo? Ne hai la certezza?". Camilla non parlò, rimase muta. No, non ne aveva la certezza. Ma sapeva che sua cugina non aveva provato nulla per Leon, durante quel piccolo bacio. "Posso assicurarti che per Bel non ha avuto nessun significato". "E per Leon?" chiese più a se stessa che alle sue amiche. Stava per ammettere, anche se indirettamente, che amava Leon. "Questo non posso saperlo, Vilu. Ma sono quasi del tutto convinta, che è lo stesso anche per lui. Come ti abbiamo ripetuto per almeno... tremila volte? Lui ama te, ti ama. Da sempre, e solo tu non riesci a vederlo. Non so perché, ma è così. Tu pensi di no, pensi che non è così, ma fidati che lui ti ama. Penserai che ti diciamo tutto questo solo per non sentirti più, per farti felice e mentirti. Ma ti assicuro che non è così. Siamo le tue amiche, da sempre, e ti vogliamo un'infinità di bene. Non ci sarebbe motivo di dirti una cosa per un'altra, per poi vederti soffrire. Nessuna di noi ti direbbe mai una cosa del genere, se non ne fossimo sicure al mille per mille. Nessuna ti mentirebbe mai su queste cose, solo per ferirti o farti soffrire. Ti vogliamo bene, e vogliamo solo il meglio per te". "Grazie, Cami. Grazie a tutte, ragazze. Non sapete quanto mi sia d'aiuto la vostra presenza. Soprattutto in questo momento". "Ti pare, Vilu. Come ha detto Camilla: ti vogliamo bene, e vogliamo solo il meglio per te" ripeté la bionda sorridendole. "Ehi, ragazze!" esclamò una voce cristallina, fredda come il ghiaccio, capace di trafiggerti mille lame nel cuore con un solo sguardo. "Ciao, Bel!" risposero tutte in unisono sorridendole. "Non sapete che vi state perdendo! Federico e Leon stanno facendo a gara di chi mangia più pacchetti di patatine al ketchup!" informò la nera. "Davvero!" chiese Ludmilla alzandosi di scatto. "Sì, sono in classe". Tutte le ragazze si affrettarono a raggiungere la loro classe. Quando entrarono videro i loro amici raggruppati in cerchio attorno ad un banco. Violetta e Ludmilla si fecero spazio, e quando li videro scoppiarono a ridere, attirando l'attenzione di tutti. Leon e Federico erano ricoperti di briciole di patatine al ketchup fino al naso, erano una forza della natura! "Finito! Sono il più forte!" gridò Leon battendo il pungo sul banco per poi alzarsi di scatto dalla sedia. "E no, però! Non vale, io sono stato distratto!" ribatté l'italiano puntandogli l'indice contro. "Da cosa?". Federico indicò le due ragazza in mezzo alla 'folla' dei loro amici. Leon scoppiò a ridere alzando le mani al cielo "Amico, non è colpa mia se ti distrai facilmente. Io quando mangio non penso a nient'altro!" si difese il messicano. Federico si pulì la bocca con una salviettina "D'accordo, Vargas. Questa te la lascio vincere... ma voglio presto la rivincita!". "Ci puoi contare!" esclamò Leon stringendo la mano del suo amico. Partì un applauso collettivo, poi Violetta si lanciò al collo del suo amico stringendolo forte. Leon le circondò la vita con le braccia, facendola girare, come il primo giorno che si rincontrarono. "Sei il più forte" sussurrò Violetta all'orecchio del suo amico. "E tu la più bella".


La campanella dell'ultima ora era appena suonata, e tutti gli studenti si stavano affrettando ad uscire dalla scuola. Finalmente quel lunedì era finito, ed era l'ultimo lunedì di scuola di quell'anno. "Va bene, Vilu. Allora ci sentiamo più tardi. Inviami il testo della canzone, così lo imparo a memoria" disse Francesca. "Creo un gruppo di noi ragazze, su WhatsApp. In questo modo lo imparano tutte e alla prossima lezione possiamo presentarla a Pablo". "Sì, d'accordo" concordò Camilla ricevendo l'appoggio di tutte le altre. "Noi andiamo, a domani". "A domani ragazze". Francesca, Camilla, Ludmilla,Nata e Isabel uscirono dalla classe, ormai erano rimasti in pochi, giusto i ragazzi che stavano discutendo su qualcosa di completamente estraneo a Violetta. "Io dico che dovremmo metterle alle cinque, almeno abbiamo il tempo di fare i compiti" propose Federico. "Concordo, non mi va di fare i compiti la sera. Anche perché sono stanco, e non ho le forze" l'appoggiò Brodway. "D'accordo, allora vada per le cinque" confermò Maxi. "Ci vediamo domani, ragazzi" salutarono Maxi, Federico, Brodway e Andres. "Ciao!" esclamarono in unisono Diego e Leon. I ragazzi uscirono dall'aula e Violetta si avvicinò ai suoi amici. "Andiamo?" chiese al messicano, incrociando i suoi occhi. Leon le sorrise annuendo "Certo. Un minuto che finisco di parlare con Diego". "Certo, intanto vado a posare i libri nell'armadietto". Violetta uscì dall'aula, avviandosi verso il suo armadietto, e lasciando i ragazzi parlare. "E' come ti ho detto, fidati" disse Diego poggiando una mano sulla spalla del suo amico. "Non so, non ne sono del tutto convinto". "Amico, ti ricordi l'altra sera, al compleanno di Camilla quando l'hai vista parlare con quel ragazzo al bar?". Leon annuì accigliandosi, non capendo dove volesse andare a parare il suo amico. "Ecco, cos'hai provato?". "Gelosia, ovvio". "E per quale motivo?". "Perché tengo a lei". "E perché tieni a lei?". "Perché è la mia migliore amica, ci conosciamo da quando eravamo piccoli e non sopporto vedere gallinacci che le girano intorno perché so come sono i ragazzi". Diego fece il verso di quando viene premuto un pulsante sbagliato, come quando tocchi i bordi dell'Allegro Chirurgo. "Risposta sbagliata! Sei geloso perché la ami, Leon! La ami, e non te ne rendi conto!" esclamò lo spagnolo cercando di fargli vedere la realtà. "Diego, la vuoi finire con questa storia?" chiese esausto Leon portando le mani sui fianchi. "No, non la finirò finchè non ti renderai conto che la ami, e che lei ama te!". Il messicano sbuffò passandosi una mano sulla faccia "Come fai ad esserne sicuro?". "Oh caro mio, primo: dal modo in cui vi guardate. Qualcosa dentro agli occhi luccica, e so che ad entrambi batte forte il cuore, o forse vuoi negarlo?". Da Leon non arrivò nessuna risposta "Va avanti". Lo spagnolo fece una piccola risata vittoriosa per poi proseguire "Secondo: ti preoccupi sempre per lei. Come sta, come non sta, dov'è,con chi è...". "Mi preoccupo perché, ripeto: ci tengo a lei, è la mia migliore amica ed è normale che sia protettivo nei suoi confronti". Diego portò le mani al cielo, per poi riabbassarle di scatto "Niente eh, non lo vuoi ammettere". "Ascoltami, Diego. Se qualcuno si avvicina a Francesca, e ci prova con lei, o in qualche modo la importuna... tu non vai lì e spacchi la faccia a quello?". Diego alzò un angolo della bocca, insieme alla sopracciglia. Poggiò una mano sulla spalla del suo amico ricordandogli che: "Leon, Francesca è la mia fidanzata". Il messicano si morse il labbro inferiore restando a guardare il suo amico. Aveva per caso detto indirettamente, che considerava Violetta come la sua fidanzata? No, certo che no. "Intendevo dire che io proteggo Violetta come tu fai con Francesca". "E io ti ricordo sempre che Francesca è la mia ragazza, Leon". "Oddio, ma con te non si può parlare!". "Ma perché non ammetti semplicemente che sei innamorato di lei?". "Perché non è la verità, e poi neanche lei mi ama". Diego sbuffò lanciando un'occhiataccia al suo amico come a dire 'Sei cretino. Ora ho la conferma che sei cretino'. "Tu pensi che non ti ama?". "Esatto". "Allora perché l'altra sera è uscita fuori dopo il 'bacio' di Bel?". "Ma che c'entra! Allora primo: quello non era un vero bacio. E secondo: è uscita perché si sentiva male". Arrivò un'altra occhiataccia da parte di Diego "Ed ecco a voi Leon Vargas, il ragazzo più deficiente del mondo!" esclamò per poi applaudire "Molto divertente, ma soprattutto molto infantile". "No sul serio credi che sia uscita perché si sentiva male? E tu ti reputi il suo migliore amico? Ma per favore! Anche Andres se ne è accorto che è uscita per il bacio, Leon!". "No, io credo che sia stato perché si sentiva male" insistette Leon. Diego cacciò via l'aria dai polmoni restandolo a guardare. "Io ci ho provato... ora sta a te, amico" disse dandogli una pacca sulla spalla per poi raccogliere il suo zaino ed uscire dall'aula. Leon rimase solo, ma d'un tratto una figura femminile entrò nell'aula. "Che ci fai ancora qui?" domando il messicano accigliandosi. "Avevo dimenticato un quaderno, ma... non ho potuto far a meno di ascoltare la conversazione tra te e Diego" ammise Gery sistemandosi meglio lo zaino in spalla. "Mi dispiace" rispose Leon unendo le labbra tra loro. La messicana gli si avvicinò di più, restando a pochi centimetri di distanza da lui. "Leon, io ti amo". Il cuore di Leon si bloccò improvvisamente, il cervello andò in convulsione. Non riusciva a capire più niente... "E' bello che tu lo dica, ma io non provo gli stessi sent..." non riuscì a finire la frase, che le labbra di Gery gli si avventarono contro. Lui rimase immobile, impassibile, come Violetta quella mattina. Le labbra della messicana si muovevano leggiadre sopra le sue. Era da tre anni che desiderava baciare Leon Vargas, e finalmente quel momento era arrivato. Non le importava se lui non provava lo stesso. Quando la messicana si allontanò si stampò un sorriso dolce e vittorioso sul suo viso, mentre l'espressione di Leon si tramutò da confusa a preoccupato. Non appena vide Violetta sull'uscio della porta, con le lacrime agli occhi, il cuore gli si frantumò in mille pezzi. La ragazza corse via, lasciandolo in ansia. Leon spostò Gery da davanti a sé, e la rincorse cercando di spiegarle tutto. "Violetta!" gridò provando a bloccarla. "Violetta!", ma lei non si fermava. Era ormai uscita dalla scuola, e in quel momento entrambi si trovavano nel cortile. "Vattene, Leon" ordinò la mora asciugandosi le lacrime con il dorso della mano. "Aspetta, lasciami spiegare almeno". "Non c'è niente da spiegare. Non mi devi dare spiegazioni, non sono la tua ragazza". Entrambi si bloccarono di colpo. Quelle parole avevano fatto male a tutti e due "Bimba io...". Violetta si voltò di scatto, fissandolo negli occhi "Non mi chiamare più in quel modo, non ti voglio più vedere. Potevi anche dirmelo che ti piaceva Gery, non sono una spiona". "Per favore, Violetta non fare la bambina!". "Sarei io la bambina? Tu che mi nascondi le cose? Come la mettiamo? Non mi arrabbiavo se mi dicevi che eri innamorato di lei!" gridò la mora indicando con il braccio la messicana abbastanza distante da loro, sull'uscio della porta di entrata. "Porca troia, Violetta! Io amo te!". Entrambi non riuscivano a credere alle loro orecchie. Finalmente glielo aveva confessato, finalmente si era sfogato. Le aveva rivelato i suoi sentimenti che da anni le teneva nascosti. "C-cosa?" balbettò la mora, ancora incredula. "Hai capito bene, ti amo" ripeté Leon guardandola pieno d'amore. Violetta fece cadere lo zaino a terra, sulle sue labbra comparve un sorriso che andava da orecchio ad orecchio. Il suo cuore batteva all'impazzata, ed era felice. Per la prima volta, dopo tanto tempo era felice. Corse tra le braccia di Leon, che l'accolse felice. La strinse a sé, facendola girare, come durante la ricreazione. Ma quel momento era ben diverso, si era dichiarato. E Violetta aveva dimostrato la sua felicità. Le fece poggiare i piedi a terra, avventandosi poi sulle sue labbra. Dio, era da anni che le desiderava. Certo, da piccoli le lasciava qualche bacetto a stampo, ma erano niente a confronto di quel momento. Fu un attimo. Leon le afferrò il viso tra le mani e lo condusse al suo con rapidità, con violenza, ma allo stesso tempo con una dolcezza che non gli era mai appartenuta. Si mosse sicuro sulle labbra della ragazza, che fin dal primo momento aveva risposto con trasporto a quel bacio. Leon fece scivolare una mano lungo il fianco di Violetta, la quale sussultò a quel tocco. La mora fece scendere entrambe le mani sul petto del ragazzo, e approfondì il bacio, tirando fuori un' intraprendenza che neanche lei sapeva di possedere. Si desideravano da troppo tempo, e il modo in cui le loro lingue si cercavano, e le loro braccia tenevano stretto l'altro, ne era la pura dimostrazione. Leon si separò per qualche istante, gli occhi ancora chiusi e un sorriso soddisfatto e sereno sul volto. Voleva parlare, dire qualcosa, confessarle ancora tutti quei sentimenti che da anni erano nascosti dentro di lui... ma le labbra di Violetta ebbero ancora la meglio. Vi ci si fiondò abbandonandosi completamente. Violetta accolse ancora le sue labbra e ne assaporò ancora tutta la perfezione. Erano morbide, carnose, ma soprattutto erano finalmente sue. Leon si lasciò scappare un altro sorriso e dopo averle lasciato un piccolo morso sul labbro inferiore, trovò la forza di separarsi, poggiando poi la fronte su quella della ragazza. Lei gli sorrise di rimando, illuminandosi in volto, e Leon ebbe l'impressione di essere disteso in paradiso. Tanta era la pace che sentiva in quel momento. Eppure, nonostante quel bacio fosse stato il più bello di tutta la sua vita, sentiva di volere di più, di desiderare ancora quelle labbra di cui non ne avrebbe mai avuto abbastanza. "Ti amo anch'io, Leon" sussurrò Violetta sulle sue labbra, per poi assaporarle un'ultima volta. "Adesso sarà davvero per sempre" promise Leon sorridendo. "Per sempre è tanto tempo". "Sì, e io non vedo l'ora di passarlo tutto con te". Si sorrisero ancora, prendendosi poi per mano ed avviarsi vero l'auto. Forse i lunedì non erano tutti devastanti.

Angolo me:
E allllooooooorrrraaaaaaaaaaa? FINALMENTE I LEONETTA SI SONO MESSI INSIEME ! IL CAPITOLO TANTO ATTESO DA TUTTTTTTTIIIIII! Devo scusarmi per avervi fatto aspettare molto, ma non ho avuto davvero tempo. E vi avviso che il prossimo capitolo lo posterò tra qualche settimana... perché sta finendo la scuola (FINALMENTEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEEE!) e devo partire. Appena posso aggiorno... beh, spero vi sia piaciuto. Lasciate tanti commenti e votate! Baci e alla prossima!

Salvami,Amore mio.Where stories live. Discover now