La lettera

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Oggi in aula non c'eri. Mi sono affacciata più volte a guardare di sotto e qualche tuo compagno mi ha anche notata. Ho trascorso l'intera ricreazione addosso alla vetrata delle finestre con la speranza di scorgerti fuori sul piazzale, ma niente.

Mancano due mesi alla fine dell'anno scolastico e se non decido di fare qualcosa adesso avrò perduto ogni speranza di farmi conoscere da te. Uscirai per sempre da questo liceo mentre io vi entrerò.

Probabilmente frequenterai l'università e viaggerai, dal momento che in questa piccola cittadina l'università non c'è. Secondo me sceglierai giurisprudenza. Riesco a immaginarti un giorno mentre discuti le tue cause in tribunale indossando una toga nera.

Potrei prendere coraggio e scriverti una lettera e lasciarla nella cassetta della posta all'interno del palazzo dove abiti. Conosco il palazzo dove si trova la tua abitazione, ormai è da Ottobre che ti seguo con lo sguardo e spio la direzione che prendi dopo l'uscita da scuola.

 C'è stato un pomeriggio, quasi sera, che ho notato che entravi proprio in quel portone in via Caracciolo, mentre io facevo ritorno a casa percorrendo proprio quella via. 

Eri tutto ben vestito, non come quando vieni a scuola, che indossi quasi sempre una felpa e dei jeans, no, quella sera avevi un cappotto nero, lungo e sotto spiccava un ampio colletto di una camicia bianca. E i folti capelli neri erano tutti ben sistemati, morbidi che ti ricadevano appena sulle spalle. Di sicuro li avevi lavati. Io passavo proprio mentre tu uscivi da quel portone e il mio cuore si era arrestato per qualche attimo. Ti ho guardato appena perché mi vergognavo. Mi sei sembrato così alto da vicino!

Solitamente ti vedevo sempre da lontano: io dall'aula del primo piano del plesso della scuola media e tu nell'aula al piano terra dell'edificio del liceo scientifico. Oppure quando voi di quinto anno uscivate da scuola prima di noi di terza media, ti vedevo percorrere il piazzale della scuola e avviarti verso l'uscita insieme ai tuoi amici. Non era mai capitato che ti vedessi così da vicino. Ho provato una forte emozione quella sera. Tu stavi uscendo e camminavi spedito in direzione del centro, forse per questo non hai proprio fatto caso a me. Io stavo rientrando. Già, per me l'orario di rientro è per le 19.30, mentre tu... chissà a che ora rientrerai la sera. Ormai avrai diciotto anni o forse di più e puoi fare quello che vuoi. Ho notato però che ti sposti quasi sempre a piedi. Non ti ho mai visto in automobile o su uno scooter.

Quest'anno la mia aula è capitata con le finestre che affacciano sulla tua. In tre anni è la prima volta che occupiamo un'aula da questo lato. Nei due anni precedenti stavamo sempre sul lato opposto e non avevamo mai avuto la possibilità di osservare voi ragazzi di liceo. Le mie compagne stanno tutto il tempo con il viso spiaccicato sui vetri delle finestre. <<Guarda quello! E guarda quell'altro! Che gli farei! >> esclamano con fare concitato. Spesso vengono rimproverate dai professori perché si distraggono sempre guardando verso fuori. Il mio banco sta nella fila in fondo  proprio accanto alla finestra. Non devo muovermi vistosamente per guardare di sotto, nella tua aula. Non sono mai stata ripresa dai professori. A me non piace assumere quell'atteggiamento da civetta.

E' capitato per caso che una mattina, dopo pochi giorni dall'inizio della scuola, guardando giù ti ho visto. Stavi affacciato alla finestra e dicevi qualcosa a un tuo compagno. Non so perché io sia rimasta colpita da te. Ho notato subito quel neo accanto alle tue labbra morbide. Da quel momento ho iniziato a pensarti ogni giorno, a seguirti con lo sguardo, a interessarmi di te discretamente. Nessuna delle mie compagne è a conoscenza di questo mio interesse per te. Qualche volta è capitato che affacciandoti dalla finestra hai guardato verso su e i nostri sguardi per un attimo si sono incrociati, ma credo che tu non mi abbia affatto notata. Figuriamoci se voi di quinto liceo vi interessate a noi di terza media.

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