Capitolo uno

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SARAH

La porta automatica si aprì, mentre osservava l'icona dell'auto muoversi sulla mappa e avvicinarsi sempre di più: alzò la testa, guardandosi intorno e sorrise, mentre socchiudeva gli occhi e inspirava profondamente l'aria.

L'Uber poteva aspettare, voleva godersi il suo primo momento in terra francese.

Fin da piccola aveva sempre amato Parigi, sapendo che sarebbe andata a vivere lì appena ne avesse avuto la possibilità e adesso era così: ignorò la stretta che le ghermì l'intero corpo e il sapore amaro nella bocca, ben conscia che quelle sensazioni erano dovute a ciò che aveva lasciato indietro, a chi aveva lasciato a New York, la sua città natale.

Aprì di nuovo le palpebre, lasciando andare l'aria e anche quelle sensazioni, cercando di godersi appieno il momento: a differenza dell'interno, dove l'aria condizionata donava un leggero fresco, lì fuori si poteva avvertire il caldo opprimente, mentre alle sue orecchie giungevano le chiacchiere delle persone che la circondavano; riconobbe qualche parola in inglese e altre dette in francese, ma in verità attorno a lei c'era solo una macedonia di lingue e facce, intervallate dai rumori delle auto e dei trolley che venivano trascinati sui marciapiedi.

Strinse il cellulare, riportando l'attenzione sullo schermo e guardando l'icona dell'auto che si avvicinava sempre di più.

Iniziò a osservarsi attorno, cercando l'auto che doveva portarla fino alla sua nuova casa e ricercò il numero di targa sull'applicazione, sorridendo quando vide una vettura, che rispecchiava quella che avrebbe dovuto prenderla, accostarsi al marciapiede.

L'autista uscì velocemente di macchina, un uomo ben più alto di lei dalla pelle color caramello che le sorrise: "Salve" lo salutò in francese, alzando appena il suo trolley e sorridendo: "Dove posso sistemarla?" Osservò l'uomo fissare la sua valigia e poi annuire, mentre allungava una mano verso di lei.

"La aiuto" le dichiarò, togliendole di mano il manico del trolley e facendole cenno di entrare in macchina: lo ringraziò e si accomodò all'interno della vettura, sistemandosi nel sedile posteriore e slacciando la felpa leggera che aveva tenuto durante il volo e che cominciava a farla sudare.

Dette una veloce occhiata agli interni puliti, mentre il suo autista entrava in macchina e partiva: "Prima volta a Parigi?" Le domandò l'autista, sistemando lo specchietto retrovisore, mentre lei negava con la testa, sicura che la potesse vedere: "Vacanza?"

"In verità mi trasferisco" dichiarò, con un sorriso sulle labbra e senza aggiungere altro: ringraziando mentalmente l'altro perché aveva compreso la sua poca voglia di parlare; le ore di volo e il fatto che erano praticamente ventiquattro ore che non dormiva per bene si stavano facendo sentire, anche sulla sua educazione.

Aveva dormito un po' durante il volo, ma di certo non era stato uno di quei sonni ristoratori: non voleva soffrire di jet lag e poi...

Stava andando a Parigi, si stava trasferendo nella città che tanto amava. Come poteva dormire?

Si tolse il berretto, ravviandosi un poco i capelli e poi sprofondò nel sedile, voltandosi verso il finestrino e cominciando a elencare mentalmente quello che avrebbe dovuto fare: sistemarsi nel suo nuovo appartamento, situato nel Quartiere latino a pochi passi da Notre-Dame, in una zona letteralmente brulicante di vita.

Sorrise, ripensando a quando era ancora in America, aveva osservato le strade su Google Maps, studiando i vari tragitti, le possibili vie da percorrere e i luoghi che potevano tornare utili, l'agitazione che saliva ogni giorno di più perché voleva vedere tutto ciò con i propri occhi, viverlo di persona e non attraverso il monitor di un computer.

La vie en rose - parte 1Where stories live. Discover now