Prologo

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Note dell'autrice prima di iniziare: quello che segue è ispirato a orgoglio e pregiudizio, con l'umiltà di chi non pensa minimamente di avvicinarsi all'opera originale, ma ha voluto giocare chiedendosi come si sarebbero comportati i personaggi ai giorni nostri. Nel corso dei capitoli vi troverete dei richiami, nomi, situazioni, a volte pezzi di dialoghi appositamente ripresi e contestualizzati e non credo ci sia bisogno di specificare, ovviamente, che è tutto frutto dell'ingegno di Jane, certo non del mio.

***

Le campane della Chiesa suonavano allegre e l'odore di incenso si fondeva con quello dell'erba tagliata da poco, dei campi fioriti e del cibo delizioso che proveniva dai ristoranti poco lontani; Brentwood è una piccola città alle porte di Londra, moderna ma non troppo, dove tutti conoscono tutti.

E tutti conoscono me.

Quel giorno di fine maggio, però, non ero io ad essere al centro dell'attenzione di tutta la cittadinanza, ma la mia adorabile neosposa sorella maggiore che usciva dalla Chiesa di St. Nicholas sottobraccio al suo neo marito sotto una pioggia di riso e petali di rose bianche.

Era davvero splendida.

Non era una di quelle bellezze prorompenti che attirano l'attenzione per strada: la sua era una bellezza più posata, elegante... i capelli color oro erano raccolti e tenuti fermi da un cerchietto decorato con piccoli fiori di swarovski, mentre il vestito candido composto da un corpetto ricamato e da una gonna che scendeva morbida le metteva in evidenza il corpo esile e slanciato. La cosa più bella di tutte però era lo sguardo luminoso e pieno d'amore che sembrava risplendere più del sole: era il suo giorno e lei era il ritratto della felicità.

Suo marito, elegante nel classico smoking nero, era un bell'uomo anche se non certo un adone... alto e magro con gli occhiali sempre poggiati sul naso era il classico ingegnere in carriera. Non era il genere d'uomo che avrei scelto per me, ma gli ero sinceramente affezionata: adorava mia sorella, l'amava e la venerava...e soprattutto la rendeva felice.

Ero ferma alla fine delle scale della Chiesa con il mio bouquet di damigella tra le mani e la guardavo sorridente, costringendomi ad ignorare, per l'integrità della mia mente nonché della mia reputazione, la mia imbarazzantissima madre che piangendo e singhiozzando continuava a dire a chiunque le capitasse sotto mano quanto fosse felice che sua figlia si fosse sistemata. Ecco, non che io non ami mia madre, ma è quel tipo di donna secondo cui la massima aspirazione del genere femminile dovrebbe essere trovare un marito e sistemarsi. Da che io ho memoria la ricordo ad organizzare cene a casa invitando le sue amiche con i figli maschi cercando di accasarci, anche quando non eravamo che bambine: non che i suoi sforzi avessero dato qualche frutto, ad ogni modo.

La sua adorata figlia maggiore, la placida e riflessiva di casa, si era trovata il marito da sola... e decisamente aveva fatto un buon lavoro! Mia sorella è un'organizzatrice di mostre a Londra e durante un'esposizione di quadri, otto mesi prima del matrimonio, aveva incontrato il futuro marito che di arte non capiva nulla ma che era un buon amico dell'artista. Da quel giorno lui aveva iniziato una corte serrata a cui lei aveva ceduto presto e volentieri.

Quanto a me, ogni qual volta quelle cene venivano organizzate scappavo di corsa: l'idea di mia madre proprio non riuscivo a condividerla... avevo avuto qualche storia, ma la mia priorità era sempre stato lo studio e la carriera. Forse quella mia reticenza al matrimonio era data solo dal fatto di non aver conosciuto l'uomo giusto, ma non me ne facevo un problema: siamo nel XXI secolo dopotutto! Si, ero decisamente l'incarnazione di quel genere di donne che mia madre abolirebbe volentieri.

Fortunatamente le rimaneva la piccola di casa che dall'alto dei suoi sedici anni pareva condividere i pensieri materni: un buon matrimonio, ed anche in fretta.

Me ne stavo tranquilla in attesa di spostarci al ristorante, quando la voce squillante che mi perseguitava da quando ero nata mi raggiunse. -La mia prima figlia sposata, e così bene!- stava dicendo tra un singhiozzo e l'altro -Questo mi rende davvero felice. Adesso non mi resta che trovare un marito alla mia secondogenita, prima che il tempo passi e la sua bellezza sfumi!-

Sentii distintamente molti occhi voltarsi verso di me, ma non mi mossi di un centimetro... L'unico segno del mio nervosismo erano le mie mani che stringevano convulsamente il bouquet. Grazie tante mamma, per avere una così alta considerazione della mia intelligenza! Un conto era dire certe cose a me... ma così! In pubblica piazza!

Fortunatamente due braccia familiari mi avvolsero e mi portarono via. Sempre benedette le migliori amiche! Senza di lei probabilmente quel giorno sarei stata capace di fare una scenata al matrimonio di mia sorella, ma il suo intervento provvidenziale mi aveva trascinata lontano.

Un bel quadretto familiare, non trovate?

Manca all'appello solo il mio quieto, placido, adorabile padre, un medico di mezza età che da trent'anni combatte con le follie e i nervi di sua moglie... E con la ribelle figlia minore.

Lo adoro, non c'è molto altro da aggiungere. È lui che mi ha trasmesso l'amore per l'arte e per la letteratura, lui che mi ha sempre spronato negli studi, disinteressandosi completamente al mio stato civile: non che non gli piacerebbe vedermi sposata... solo, non ne fa una priorità.

Henry Jonathan Turner, 51 anni, insegnante, sposato con Cicely Ginette Spancer in Turner, 50, casalinga. Eccoli qui i miei genitori, apparentemente totalmente diversi, ma che a quanto pare vanno d'amore e d'accordo.

E poi ci siamo noi, le tre figlie: Eleanor Cicely Turner in Grey, all'epoca ventottenne, laureata con il massimo dei voti in arte e gallerista affermata, nonché mia amatissima sorella; Rebecca Geraldine Tuner, sedici anni, studentessa e futura moglie che guarda costantemente alla sua sorella maggiore zitella come un esempio da non seguire.

Quanto a me, il mio nome è Elizabeth Jane Turner, giornalista per hobby e single di professione. La mia storia, quella parte della mia vita che forse vale la pena di raccontare, inizia l'autunno dopo il matrimonio di mia sorella, tra le aule della Cambridge University con un master in giornalismo, una irripetibile opportunità, un sogno da realizzare e un fastidioso imprevisto con due irriverenti occhi blu.

The GuardianWhere stories live. Discover now