Il freddo le fece tornare alla mente il sio cappotto caldo di lana. Avrebbe tanto voluto indossarlo. « Credo di aver perso il cappotto. »
« È in bagno. »
« E perchè? »
« Perchè te lo sei tolta prima di vomitare. »
« Ah, menomale, è uno dei miei preferiti. »
« Si? »
« Mh. E perchè tu ricordi ogni cosa?
Perchè stavi bene? »
« Perchè non ho esagerato, con niente. » Santarellina.
« Che palle. » Un colpo di tosse le graffió la gola appena prese un tiro dalla sua Winston.
« Io so quando fermarmi, Cass, tu vai avanti finchè non crolli. »

La bionda non aveva il fiato per arrabbiarsi.
« Mi sembri mio fratello. »
Peccato che non ci parli più.
« Non è che ha sempre torto. »
« Dici così solo perchè te lo scoperesti. »
« Me lo scoperei anche se non fossi d'accordo con lui. »
Cassandra si mise a ridere, smise quando si accorse che la testa le faceva troppo male, ancora. « Che troia. » Vanessa si limitó a a rivolgerle uno sguardo colpevole.

« Quello di ieri chi era? »
« Chi? » Cassandra non capì.
« Quello che ti ha salutato. » Chi?
« Non mi ha salutato nessuno che non conoscessi anche tu. »
« Si, mentre uscivi per andare a fumare... »
« Non ho visto nessuno, e menomale che ero io quella che non sapeva gestirsela. »

« Uno ti ha salutato. » Lo ribadì con un tono più serio. Ma perchè era così importante?
Cassandra roteó lo sguardo, scocciata.
« E io? »
« Gli hai tipo sorriso. »
Prese un altro tiro.
La bionda fece per pensarci, poi decise che non le interessasse. « ...Senti non me lo ricordo. » Per qualche motivo il suo cervello aveva archiviato quella cosa tra le memorie non importanti, e le andava bene così.
Vanessa alzó le spalle. « Peccato. »
« E perchè? »
« Era carino. » Cassandra storse la bocca, se lo fosse stato sul serio se lo sarebbe ricordata.

« Il naso mi sanguina ancora? »
« No. »
Allora posso tornare a dormire. Spense la sigaretta ancora a metà nel posacenere, poi crolló stanca nel letto, sporca di sangue e di una serata che per fortuna non ricordava. Cercó di tirarsi sul corpo anche le coperte pesanti, rimaste all'esrremità del materasso. Probabilmente da ubriaca non aveva avuto molto freddo.

« Ma prima lavati, almeno. »
« Ma tu non hai sonno? »
Vanessa alzó un sopracciglio, rivolse un'occhiata veloce al cassetto vicino al comodino, poi assottiglió le iridi marroni. Le labbra si contorsero in un ghigno malizioso, incupì perfino l'alba e il sole appena nato. Cassandra la osservó per qualche secondo. « Non ci credo, tirala fuori. »
« Ma se stavi sanguinando fino ad ora. »
« Non rompere. » Si mise sulle ginocchia e scansó bruscamente le coperte. Un'ondata di freddo gelido si scontró sulle sue gambe.

Vanessa sospiró rassegnata, non poteva farle nessuna predica. « È nel comodino. »
Cassandra allungó le dita sul pomello in ferro battuto del cassetto del comodino lucido, era sicuramente antico, qualche eredità di parenti nobili. « Grazie. » Tiró fuori una bustina trasparente, all'interno della povere bianca pareva risplendere illuminata dai raggi del sole che la raggiungevano dalla finestra.
S'inginocchió a terra, davanti al comodino per raggiungere l'altezza giusta. Cercó qualcosa che somigliasse ad una carta di credito, ne trovó una nella sua borsetta, abbandonata vicino al letto.

Arrotoló freneticamente una banconota tra le dita pallide e fece scivolare la cocaina nel naso.
Grazie a Dio. « Menomale che ce l'avevi. »
« Non l'hai finita vero? »
« Ti pare? Mica voglio morire oggi. »
« Andiamo a fare colazione? »
« Si, prima nascondiamo questa. » Prese tra le dita la stessa bustina di prima e ripulì quello che rimaneva sul comodino con un gesto della mano, veloce. « Stasera c'è quella festa di inaugurazione del nuovo locale del tuo amico... come si chiama... » Parlava veloce, aveva le pupille allargate ed era quasi contenta.
« Il Notre-Dame? »
Si passó una mano sotto il naso come se avesse dovuto pulirsi da qualcosa. « Si, quello a Parigi. »
« Ma siamo in Italia. »
Cassandra alzó le spalle, come se stesse ribadendo una cosa ovvia. « Appunto, siamo vicine. »
« Sei pazza. »
« Dai, almeno così faccio divertire anche Klaus, a saltellare da un posto all'altro per capire dove sono. »
« Cioè è per questo che lo fai?
Per un dispetto? »
« Tanto lo so che mi fa controllare di nascosto. »
Pareva esaltata, nervosa, un po' nevrotica mentre giocava con le dita stringendole e piegandole.

Si alzó di scatto, stava per mettersi a cercare il cappotto quando capì che non potesse uscire di casa con il top sporco di sangue. « Senti non è che mi presti qualcosa? »
« Prendi quello che vuoi dal mio armadio. »

Vanessa era italiana, o meglio, lo era la sua famiglia, perchè lei in Toscana non ci aveva mai vissuto. Conservavano alcune proprietà in cui entrambe ogni tanto si rifugiavano, come quella in montagna, a Cortina; l'ultima volta che i genitori di lei c'erano stati, entrambe andavano ancora a scuola. La mantenevano lì, solo per ricordare all'Italia che ci fossero, che fossero sempre troppo ricchi per considerare quella villetta uno spreco.

« Ma scusa perchè non andiamo a Berlino o in quei posti lì? Lì le discoteche sono meglio. »
Cassandra si era già messa a cercare nell'armadio qualcosa che le stesse bene, i gusti erano simili a quello dell'amica, ma non sceglieva mai a caso i propri abiti: l'apparenza era fondamentale, era la cosa più importante. « Ci andiamo dopo, no? »
Vanessa fece per pensarci, poi annuì. « Si, hai ragione. »

La bionda tiró fuori da un cassetto un maglione di cachemire firmato Cucinelli, caldissimo. « Peró sbrighiamoci, voglio comprare qualcosa da mettermi lì. »
« Cioè non vuoi passare a prendere i tuoi vestiti? »
« Dovrei tornare in America? »
« Scusa sei venuta qui solo con quella roba addosso? »
« Eh si. Tanto potevo usare le tue cose, no? »
« E ora vuoi ripartire senza avere niente? »
« Ho le cose importanti, il resto si compra. »
« Quali sarebbero le cose importanti? »
« Passaporto, telefono, trucchi... carta di credito. »

« Sei unica. »

REBORNWhere stories live. Discover now