Capitolo 1

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Si risvegliò di colpo, spalancando gli occhi, ma non un muscolo del suo corpo si mosse. Sentiva il dolore partirle dalla testa e arrivare ai piedi, le lasciava degli scossoni ad intermittenza che le toglievano il respiro. Passò quella che le sembrò un'eternità in attesa che qualcosa cambiasse, che il dolore si affievolisse, che qualcuno entrasse per finirla, che qualcuno le permettesse di vedere qualcosa, era tutto buio e la ragazza non sapeva se era per via dell'ora o per la totale assenza di finestre. Niente. Ore e ore immobile. Le palpebre si facevano piano piano più pesanti cerco di combattere il sonno. Non ci riuscì. Lascio che gli occhi le si chiudessero e l'ultima cosa che vide prima di addormentarsi fu il ricordo delle iridi di ghiaccio di Malfoy.

La seconda volta che si svegliò andava leggermente meglio. Riusciva a muovere le dita delle mani e quelle dei piedi senza sentire troppo dolore, ma fu proprio quando provò a muovere il collo per cercare di capire dove si trovasse che una fitta le colpì tutta la spina dorsale e le mozzo il respiro. Il suo corpo non resistette al dolore così come il suo cervello e svenne ancora una volta.

Alla terza si sentiva più sicura, riusciva a vederci per via di un debole fascio di luce che proveniva dall'alto, non perse tempo a studiare la stanza; ma decise che avrebbe provato ad alzare le braccia, riuscendoci al primo tentativo. Le portò in alto davanti ai suoi occhi, il maglione una volta viola, era diventato nero per via del sudiciume sul pavimento. Lo sporco le era arrivato fino a sotto le unghie e lei sentiva il bisogno imminente di lavarsi, di levarsi di dosso il ricordo delle torture e delle maledizioni subite in quel posto. Ma non poteva, e doveva combattere. Se non era ancora morta c'era un motivo e lei avrebbe premuto su quel motivo fino ad arrivare viva alla fine della guerra, avrebbe assecondato quei pazzi, senza ovviamente rivelare nulla. Li avrebbe distratti, avrebbe dato tempo ad Harry e Ron di fare ciò che dovevano fare, era quello ormai il suo compito. Appellò a tutte le forze che aveva e cercò di piegare le gambe per mettersi in una posizione più comoda. Ci riuscì dopo due o tre tentativi. Aveva il terrore di muovere la testa, aveva il terrore di svenire di nuovo e di dover ricominciare quel ciclo da capo. Lo stomaco le brontolò prepotentemente mentre valutava come alzarsi e si rese conto che erano passate probabilmente più di ventiquattro ore dall'ultima volta che aveva mangiato. La gola le si fece secca all'improvviso, aveva bisogno d'acqua. Il suo istinto di sopravvivenza le permise di alzarsi senza provare troppo dolore. Cercò per la stanza, una bettola buia, piccola, le pareti erano alte e spoglie, lo sporco la circondava. L'odore di muffa e acqua marcia le tappava le narici e le faceva salire i conati di vomito nonostante non avesse nulla nello stomaco. Si guardò intorno e capì che la poca luce che le arrivava proveniva da una finestrella in alto. E che la stanza avesse qualcosa che non andava. Ci mise poco a capire cos'era. Rame. Le mura interne erano rivestite in rame, non lo vedeva, ma lo percepiva. Se si avvicinava ad una parete sentiva la magia tirare dalla parte opposta e quando lei l'assecondava essa tornava indietro perché fronteggiando la parete opposta, si rendeva conto che anch'essa era in rame. Sentiva come se la sua magia avesse vita propria e stesse lottando per uscire da quel buco che la opprimeva. Hermione tentò inutilmente un paio di incantesimi per appellare dell'acqua. Era bloccata, la magia non poteva uscire da lei in nessuna forma e allo stesso tempo era difficile da contenere. Sarebbe impazzita così.
Proprio mentre stava per abbandonare la speranza di trovare dell'acqua, una porta, che inizialmente non aveva notato, si spalancò. Non fece in tempo a capire chi fosse che sentì il rumore sordo di qualcosa in metallo che passava sopra la pietra del pavimento e tre secondi dopo la porta era di nuovo chiusa. Hermione si avvicinò con circospezione all'angolo più buio della "stanza" e trovò un vassoio poggiato ai suoi piedi. Lo raccolse con le mani che fremevano. Butto giù tutto il bicchiere d'acqua prima di iniziare a mangiare quella specie di minestra con del pane raffermo. Non le sembrò di aver mai mangiato cibo più buono. Finito tutto il contenuto del vassoio lo lasciò cadere accanto a se. In base al sole, che poteva ancora scorgere dalla finestrella, non era ancora mezzogiorno, era quindi sveglia da due ore. Eppure le palpebre le si fecero nuovamente pesanti. La magia le consumava energia da dentro. Il dolore alla testa era ricominciato più forte di prima e i muscoli ricominciarono a fare male. Si accasciò per terra, constatando che non c'era altro posto, e si addormentò.

Perdonami// Dramione Where stories live. Discover now