Capitolo 2. Sentimenti contrastanti.

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"Erin!" urlai correndo verso di lei, che invece si stava facendo i beati affaracci suoi ai piedi di un albero poco al di fuori della fucina.
"Stavo cercando proprio te" ripresi accovacciandomi alla sua altezza. Anche da seduta emanava grazia e fortezza, con la sua mascella squadrata, le spalle dritte, l'armatura sempre lucida e le trecce viola ben acconciate, ma i suoi occhi ametista erano da troppo tempo lo specchio di una profonda tristezza. Non aveva ancora superato la morte di Ballock, ed ero sicura che non avesse perdonato Phil, ma ci eravamo avvicinate e non volevo che proprio loro due, fra le persone che mi erano state così vicino, non potessero vedersi. I rumori degli altri membri della fucina che ci giravano attorno chiacchierando e scherzando nella loro ora di pausa, infondo mi metteva di buonumore. Lì era tutto così semplice e nitido, accompagnato dai rumori della foresta, dal silenzio della rugiada e dal cinguettio degli uccelli che tornavano al nido prima dell'imbrunire. Niente e nessuno era losco e ambiguo, tutti avevano il proprio ruolo in quella macchina ben oliata e tutti volevano solo il meglio per la bottega, per quella cosa che chiamavano casa.
"Stasera Phil porterà delle schifezze in camera mia, parleremo e ci rilasseremo. Vuoi unirti?"
I suoi occhi mi oltrepassarono per concentrarsi su Wando. Il ragazzino stava facendo del suo meglio per far saltare i nervi ad un suo compagno di lavoro dall'espressione solo apparentemente infastidita. In realtà credevo che apprezzasse il fare frizzante del piccolo Wando. Non lo conoscevo, il che era strano dato che ormai conoscevo quasi tutti, ma sembrava avessero la stessa età, quindi ero semplicemente felice per Wando. Finalmente era riuscito a farsi un amico.
"Sinceramente..." cominciò a rispondere.
"Non accetterò un no come risposta!"
"Credo che dovrai. Stasera pensavo di allenarmi e mi sono già messa d'accordo con uno degli ebanisti. Non so che dirti" scrollò le spalle.
Tutte scuse! Ma non potevo mica forzarle la mano...
"Va bene accetterò il no, ma la prossima volta voglio che tu ci sia"
Mi sentivo inutile nel non poter fare nulla per riprendermi Solaris e quelli erano i miei unici momenti di stacco dal pensiero costante verso il mio bambino e ad una presenza nebulosa, candida e oscura al tempo stesso, che da mesi ossessionava i miei incubi. Avevo bisogno di loro e loro di me. Solo rimanendo gli uni accanto agli altri avremmo potuto cogliere l'opportunità giusta, quella che aspettavamo da troppo tempo. Mi sedetti accanto a Erin e le poggiai la testa sulla spalla. La fata sembrò irrigidirsi per un attimo, prima di rilassarsi. Non si era ancora abituata al contatto umano.
"Se hai bisogno di parlare sai benissimo dove trovarmi"
Le accarezzai una lunga treccia attorcigliandomela attorno ad un dito, mentre Erin mi rivolgeva uno sguardo in tralice fra lo spavento e l'incertezza. Non poteva dubitarne davvero.
"Ci sarò sempre. Non devi preoccuparti"
Ne era passata di acqua sotto ai ponti da quando aveva smesso di chiamarmi padrona. Ora ci facevamo le trecce a vicenda quando capitava. Aveva tenuto fede al suo giuramento e adesso era dalla nostra parte perché ci teneva a rimanere, ne ero certa. Osservai ancora gli altri passeggiare per i verdi viali del retro e mi riscoprii a riflettere sul fatto che prima di allora non avrei mai detto che la fucina potesse ospitare spazi anche così belli, verdeggianti, profumati d'erba e di foglie cadute, col vento a sospirare piano fra le fronde e la morbida distesa verde bagnata di lucida rugiada. Una farfalla dalle ali arancioni e bianche si poggiò sul braccio di uno dei legnaioli, uno di quelli alti e massicci che sembravano uscire di rado, tanto stentavano a stare alla luce del sole, con la loro pelle marchiata da mille cicatrici dovute al duro lavoro e con le mani piene di calli.
Sentii Erin sospirare e mi voltai verso di lei.
"Mi dispiace" sussurrò.
"Di cosa?"
"Non riesco proprio a perdonarlo. So che è una brava persona, capisco anche perché l'ha fatto, per cosa gli è successo, perché doveva proteggerti e perché era una situazione estrema, ma non riesco a perdonarlo" sorrise piano grattandosi la tempia "Non ci riesco, ma gli voglio comunque bene" sospirò "I rapporti sono un casino"
Respirai dal naso raddrizzando la schiena, ed espirando dalla bocca. Non aveva idea di quanti sentimenti diversi si potessero provare per una singola persona e sperai che non arrivasse mai ai miei livelli. Era straziante.
Le misi una mano sulla spalla.
"Prenditi i tuoi tempi, nessuno vuole metterti fretta. Siamo tutti qui per te"
Alzai lo sguardo verso l'uscio e, fra i vari schiamazzi e la folla, notai Phil che sembrava cercarmi. Gli feci un piccolo gesto con la mano nella speranza di non essere captata da Erin, ma senza successo. La fata cavaliere sembrò trasalire sul posto alla sua vista.
"Parli del Diavolo..." le sussurrai.
"Devo andare" fece per andarsene, ma poi se ne pentì. Phil era già arrivato proiettando la sua ombra su di noi.
"Starei cercando di prendere il sole! Che vuoi?" gli chiesi dandogli un colpetto sulla scarpa da tennis col mio stivale.
"Non cercavo mica te, ma Erin!" le si accovacciò all'altro fianco, ma lei sembrava non voler incontrare il suo sguardo. Alla fine si arrese all'inevitabile.
"Stasera io e Laura volevamo rimanere a chiacchierare fino a tardi. Sei dei nostri?"
"Ho già detto a Laura che..."
Phil le prese le mani fra le sue "Sono stanco di tutta questa storia. Vorrei che le cose fra di noi andassero meglio" sussurrò per farlo sentire solo a noi due "Quello che ho fatto ti ha ferita e non potrò mai perdonarmelo, ma anche volendo, non posso tornare indietro"
"Lo rifaresti!" gli rispose con una fiamma negli occhi ametista che solo raramente le avevo visto, togliendo le mani dalla dolce stretta.
Da una parte ero felice di vedere che finalmente iniziava ad esternare, era un bene, ma dall'altra...
"Probabilmente. Non voglio mentirti"
Erin stava di nuovo per andarsene, quando le afferrò le spalle corazzate. Philip cercava col suo sguardo nocciola la possibilità di parlare, ed Erin era troppo Erin per non concedergliela.
"E' aver ferito te a pesarmi. In un modo o nell'altro ci siamo avvicinati e pensare di averti fatto del male mi logora. Vorrei poter rimediare, vorrei che tu capissi che forse Ballock era ormai una causa persa assetata di sangue ed odio, lo stesso che ti ha quasi uccisa lasciandoti morire dissanguata a terra, ma so anche quanto complicati possono essere i sentimenti verso una persona"
Sembrava vivessimo tutti sulla stessa barca quel giorno.
"Voglio fare in modo di non ferirti più. Sei stata fondamentale nel recuperare quel cadavere di Laura"
"Ehi!" gli diedi una spinta mentre loro due sorridevano.
"E hai aiutato tanto anche me con Gramr"
Trattenni il respiro. Philip non la nominava da mesi e mesi. Era assurdo che lo stesse facendo in quel momento. Uscì dal taschino della camicia la fialetta con dentro le pillole di pesca, piccole sfere rosate in grado di guarire ogni ferita.
"Lei ci ha salvati e traditi nello stesso momento e per quanto il non sapere il perché della sue azioni mi logora ancora adesso, senza la tua presenza, quella di Laura e di Pacu, probabilmente sarei già metri e metri sottoterra. È stato un duro colpo"
In quel momento Erin fece l'ultima cosa che mi sarei aspettata da lei: si allungo e lo abbracciò stretto, avvicinando tanto la sua bocca al suo orecchio da potergli sussurrare qualcosa che non riuscivo a sentire. Mi sentivo la persona più felice del mondo e l'animo alleggerito di un peso, sebbene sapessi che una ferita come quella aveva bisogno di più tempo per guarire, ma era un gran bel passo avanti. Mancava solo Solaris al mio fianco per rendermi completa. Mi voltai verso ciò che ci circondava e mi accorsi che il tramonto era ormai arrivato. Non c'era più nessuno fuori, solo noi tre, i fiori di campo e i grilli che avevano cominciato il loro canto notturno. Le ombre si allungavano sempre più nel Regno delle fate.
"Posso suggerire di trasferirmici subito nella mia stanza?"

Fate e Gnomi non sono per bambini - Il ReWhere stories live. Discover now