milkovich

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"Someone told me
There's no such thing
as bad as thoughts"




"Dormi qui?"

"Come vuoi." Sospirai, passandomi una mano nei capelli. "Non che abbia voglia di tornare a casa, ma so che la tua stanza non è un hotel."

"A papà non dispiace." Sospirò Dominique, aprendo la brandina. "Ci sono ancora le lenzuola di ieri."

Annuii, sistemandomi, mentre lei si buttava sul suo letto. Infilai il pigiama e spensi la luce, mi sentivo stanca morta senza nessun apparente motivo, solo probabilmente i tanti pensieri.
La mia famiglia, la scuola, quel chiodo fisso ricorrente di che cosa diavolo avrei fatto una volta finita, se avrei mai avuto un futuro.
Ci pensavo tutto il tempo, sempre.

"Perché non mi vuoi dire che ti ha detto?"

"Mh?" Aprii un occhio, scorgendo la figura della mia amica illuminata dalla luce della luna. Era sdraiata supina con le braccia dietro la testa e gli occhi spalancati, come se non avesse nessuna intenzione di dormire. "Chi?"

"Carl"

"Cristo, Dom, sono ore che rigiriamo questa frittata, sei proprio sicura che non ti piaccia?" Sbottai spazientita, una domanda su due riguardava quel ragazzino più o meno dalle due del pomeriggio quando ci eravamo allontanate dal cancello di scuola, stava diventando stressante.

"Vi ho visti parlare, lui ha fatto un discorso molto lungo e poi tu l'hai...tipo, toccato. È stato strano, e non continuerei a chiedertelo se tu mi dicessi davvero com'è andata." Insistette, mentre io nella mia testa stavo seriamente valutando l'ipotesi di disfare la branda e dirigermi verso casa mia.

"Ma io te l'ho detto centinaia di volte: ho provato a parlargli di ciò che avevamo concordato, lui mi ha spiegato il suo punto di vista e dopodiché l'ho un po' preso per il culo toccandogli le trecce, fine della discussione."

"Io però non capisco che significa. In che senso ha spiegato il suo punto di vista?"

Ci avrei girato attorno senza dirle niente, dovevo solo pensare in fretta a come uscirne.
Per qualche motivo mi sembrava sbagliato che fossi io a doverle raccontare i fatti privati di Carl, le motivazioni che lo spingevano a comportarsi come qualcuno che in realtà non gli apparteneva, e che queste motivazioni fossero più profonde di quanto io, lei o chiunque altro avessimo mai potuto immaginare. Si era aperto con me, per qualche strano motivo, ed io non avevo alcuna intenzione di andare spifferando i fatti suoi in giro, soprattutto perché conoscevo Dominique.
La mattina dopo, nel giro di un paio d'ore tutta la scuola sarebbe venuta a conoscenza di ogni più sordido dettaglio, affibbiando a Carl l'etichetta di insicuro fallito pezzente finto nero, non che mi importasse di lui, ma non ero favorevole al bullismo, né tanto meno avrei contributo a crearlo.

"Andarsene in giro in quel modo lo fa stare bene, lui si piace, perciò non credo mi ascolterà, questo è il succo della questione. Ora ho sonno, Dom. Buonanotte."

Buonanotte un cazzo.
Erano passate tre ore al massimo, quando iniziai a sentire un ticchettio fastidiosissimo provenire da qualche parte, era come se mi trapanasse il cervello.

"Gesù Cristo, ma che cazzo." Bisbigliai tra me e me, alzandomi in piedi. Dominique questa volta ronfava come un neonato con la pancia piena di latte e un pannolino pulito, e mi chiesi se per caso non fosse morta. Come poteva non sentire quel rumore infernale?

Aprii la finestra, grugnendo dal fastidio, con gli occhi ancora semi incollati e la bocca impastata.
Forse fu quello, il fatto che non fossi del tutto sveglia, mischiata alla deficienza completa della persona che stava tentando di svegliarci, che mi fece arrivare un sassolino dritto in fronte.

guilty as sin?Where stories live. Discover now