LA LEZIONE DELLA CHIAVE

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La lezione della chiave

Sulla via che da Busto va a Lonate c'è il monumento a ricordo del partigiano Maurizio Macciantelli, dove mi fermo spesso, come promesso a mio padre anni fa, prima che anche lui lasciasse questo mondo.

Lo faccio per mio padre ma anche per mia figlia, lei conosce la storia del nonno e non so quanto ne sia fiera, perché a volte mi sembra di tutt'altra idea.

Suo nonno ha partecipato alla lotta partigiana in città e la sera che tutto il gruppo si riunì, per preparare l'azione di via per Lonate, mio padre c'era. Ogni volta che lo raccontava, concludeva con profonda mestizia: "... è andata così".

Quella sera erano riuniti sotto il palco del Teatro Sociale, dove vi era una porticina che dava in un piccolo locale situato a ridosso del muro di cinta, veniva usato come deposito di munizioni e luogo di ritrovo. Potevano usarlo solo se qualche compagnia teatrale faceva le prove serali: la copertura era perfetta per mischiarsi con gli attori, tecnici, musicisti e attrezzisti che lasciavano a tarda sera il teatro. Quella sera c'era la compagnia di avanspettacolo "Ugo Rugo".

Mio padre essendo in prossimità della porticina, poteva ascoltare sia le parole del capocomico, sia le discussioni sull'attentato da preparare, ma alla fine il discorso dell'attore prese il sopravvento.

Da sotto non poteva vedere quel che succedeva sul palco, ma sentiva benissimo. Il capocomico invece di far provare agli artisti scenette e canzoni, fece loro un curioso discorso.

L'artista mostrando probabilmente un oggetto, chiese ai suoi dipendenti che cosa fosse e la risposta fu: una chiave. Seguì un indecifrabile rumore sottile sulle assi del palco sopra mio padre. Chi parlava aggiunse: "Si può chiamare chiave se la serratura che apriva non esiste più? Una chiave ha senso se apre qualcosa e questa non apre più nulla. Come un aquilone: è un aquilone finché è attaccato ad un filo e governato dalla mano di una bambina, nel momento in cui si spezza il filo, l'aquilone non è che un pezzo di carta che svolazza nel cielo, avrà la forma di aquilone, ma non lo è più. Quindi ripongo la domanda: cos'è? Qualcuno con tono triste risposte: "un pezzo di ferro".

Ecco tornare quel rumore, ma più vicino, proprio sopra la testa di mio padre, della polvere si intrufolò tra le assi del palco e piovve sulla sua spalla: era gesso bianco.

Ugo Rugo proseguì: "La chiave apriva la mia vecchia casa, quella dove sono nato, ora non c'è più, è stata spianata, per ampliare la piazza delle adunate del sabato fascista. Io la conservo perché legata ad infiniti ricordi, mi riporta ai tanti momenti della mia famiglia. Ed ora vi chiedo: Cos'è?"

La risposta stavolta fu "un ricordo".

Il rumore del gessetto sulle assi di legno consunte, catalizzava l'attenzione di papà mentre la scritta RICORDO prendeva forma nella sua mente.

A questo punto chi teneva la chiave disse: "Avete notato che questa chiave è gialla, probabilmente di ottone, ovvio che non può essere un pezzo di ferro (seconda risposta) quindi pongo per l'ultima volta la domanda: cos'è?"

Stavolta la risposta fu anche sulle labbra di mio padre: "Un ricordo a forma di chiave di ottone".

Ugo Rugo concluse: "Noteranno lor signori che a fronte di una stessa domanda "Cos'è" ripetuta quattro volte, ci sono state risposte ben diverse, perché? Che cosa vi faceva modificare la risposta?

· Maggiori informazioni?

· La pazienza di ascoltare?

· La Conoscenza?

· Riflettere?

Ricordate: se io esprimo un giudizio su qualsiasi argomento, oppure giudico qualcuno senza conoscere, senza chiedere, senza informarmi, vuol dire che ho accettato supinamente le verità di qualcun altro, che si è arrogato il diritto di "pensare" per me.

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⏰ Last updated: Oct 03, 2022 ⏰

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