11

3.5K 198 406
                                    

Villa Balestra era sempre uguale a se stessa.
Il tempo che passa, le stagioni che cambiano, riuscivano a solo a renderla più vera, mai più vecchia.
Manuel non era mai stato a casa del suo professore, nonostante ai tempi della 3B questo fosse famoso per organizzare cene con i suoi studenti: lui non ci era mai andato, perché era convinto che l'affezione rendesse deboli, come poteva esserne convinto un ragazzino abituato a caricarsi il mondo intero sulle spalle.
Stava camminando al fianco di Simone, sulla stradina sterrata che portava al giardino antecedente la villa.
Rise tra sè e sé pensando che, se fosse andato ad una di quelle cene, forse avrebbe conosciuto un Simone liceale e, automaticamente, la curiosità lo investì.

"Com'eri tu al liceo?"

Simone si voltò a guardarlo con un sopracciglio inarcato.

"Stai viaggiando sul viale dei ricordi?"

Manuel gli diede una pacca sulla spalla, accompagnata da uno stronzo malcelato e, per un attimo, godette di come la luce del tramonto addolcisse i tratti cesellati dell'altro, che abbassò lo sguardo, con un sorriso malinconico, forse nostalgico.

"Ho fatto lo scientifico, e perlopiù mi dividevo tra compiti e allenamenti di rugby."

Il maggiore sgranò gli occhi e sorpreso, chiese: "Facevi rugby?"

Simone ridacchiò per poi attestare, serissimo: "Ce so' cresciuto in mezzo alle mischie, io"

Manuel rise di nuovo e si figurò l'immagine di Simone in pantaloncini intento a placcare gli avversari.

"Non è che 'n giorno de questi te rimetteresti i pantaloncini? Vorrei verificà 'na cosa"

La scapellotto che gli arrivò alla nuca avrebbe dovuto aspettarselo, ma ne era valsa la pena, se poteva godersi le guance leggermente arrossate di Simone, che erano ormai il suo punto debole da un po', senza che lui lo sapesse.

"Va bene, va bene" alzò le mani in segno di resa, mentre il sorriso scemava dal suo volto per lasciare spazio ad una malinconia un po' amara "Io, invece, ero un coglione."

Simone gli scoccò un'occhiata e calciò qualche sassolino, mentre procedeva a prenderlo in giro come facilmente prevedibile: "Più d'adesso? Mi pare difficile."

Manuel gli fece il verso, con un sorriso, ma lo sguardo che posò sulla natura intorno a loro non era allegro, frizzante come suo solito.

"No, davvero. Me 'nfilavo in un sacco de casini. Mi madre e 'l professore- tu' padre, impazzivano pe' starmi dietro."

Il corvino allora si fermò sulla strada sdrucciolata; poteva già scorgere quella che era stata casa sua poco distante. Svettava, fiera, nella vegetazione.

"Manuel, noi non siamo gli errori che facciamo" incastrò gli occhi in quelli malinconici dell'altro "Siamo il modo che troviamo per porvi rimedio. L'impegno che ci mettiamo per farlo davvero."

E li vide, gli occhi del maggiore farsi un po' più grandi, lucidi di un'emozione che stava chiusa in quel cassetto da anni, forse. Ci fu silenzio e Manuel gli sorrise, con quel raro sorriso vero e sincero che tanto gli piaceva vedergli addosso, anche se non l'avrebbe mai detto.

"Può mai esse' che sei 'n perfettone pure quando vuoi consolare le persone?"

E Simone lo sapeva, in quel momento, che sdrammatizzare era l'unico modo per Manuel di sopravvivere al tumulto che si trascinava dentro, quindi rise, leggero.

"La prossima volta sai cosa? Te faccio rapporto a Giulio, allora"

"Sì e co' quale scusa stavolta?"

Non gli rispose, Simone, perché Villa Balestra si aprì davanti alla loro vista quasi all'improvviso, trascinando con sè un odore di casa, di famiglia, che anche quello dei due che non era mai stato lì poteva sentire.

Roma 17Where stories live. Discover now