Epilogo - State Of Grace

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La musica gli ronza pigramente nelle orecchie attraverso le cuffie malandate comprate per pochi euro.

La macchina di Silvia non ha bisogno di grandi aggiustamenti, non ha niente che non vada, è solo molto vecchia e piuttosto malandata, ma lui non è che abbia di meglio da fare, così alla fine ne approfitta per cambiare l'olio e le pastiglie dei freni, smontando e rimontando pezzi e pezzi, estraendo bulloni per poi rimetterli al loro posto, tirati a lucido.

Era quello il bello delle macchine: bastava rimettere le cose esattamente al loro posto, ed era come se non se ne fossero mai andate.

Aveva provato a capire quale fosse il momento in cui, senza rendersene conto, avesse scombinato qualcosa irrimediabilmente. Era stato al compleanno di Simone? O quando lo aveva insultato? O quando lo aveva rifiutato la prima volta, al museo?

In uno di quei momenti, doveva aver tolto qualche pezzo fondamentale, doveva aver compiuto un passo falso, e non importava quanto si impegnasse, quanto cercasse di essere onesto, ormai quel pezzo non c'era più, e rimetterlo al suo posto non era la stessa cosa.

Almeno puoi guardarti indietro e non rimpiangere nulla.

Oh ma lui avrebbe rimpianto tutto.

Avrebbe per sempre rimpianto una vita in cui poteva avere Simone, in cui poteva essere lui a salutarlo fuori al cortile, in cui poteva insegnargli ad aggiustare le macchine, in cui poteva andare a vederlo giocare a rugby ed esultare anche se non ci capiva un cazzo, avrebbe festeggiato ogni volta che lo avrebbe visto sorridere.

Svita un bullone e lo porta alla bocca, soffiandoci dentro, per dargli una pulita veloce. Chiude l'occhio sinistro e mette il bullone davanti all'occhio destro, come un cannocchiale puntato verso la porta del suo garage.

"Gesù" esclama ad alta voce, portando la mano al petto, quando vede una figura alta e slanciata attraverso il cerchio metallico.

Simone sta in piedi davanti a lui, le mani nelle tasche e lo zaino su una spalla che gli penzola lungo il fianco, un piede nel suo garage e l'altro ancora fuori.

"scusa io..." si giustifica l'altro ragazzo "non... non ti volevo...Ho provato a chiamarti ma avevi le cuffie, e non mi hai..."

Manuel rimane in silenzio, mentre guarda Simone annaspare nel suo nervosismo, le spalle tese, e la gola che fa su e giù. Poi torna a occuparsi della macchina di Silvia, parlandogli senza guardarlo neanche, ma ormai chi è in grado di concentrarsi più, smuove solo dei pezzi qua e là.

"Stefano non sarebbe contento di sapere che sei..." borbotta a mezza voce.

"fanculo a Stefano" taglia corto Simone, con una durezza che non gli ha mai sentito.

Manuel alza finalmente lo sguardo verso di lui, con gli occhi spalancati. La risposta è così fuori luogo che per un attimo teme che abbia sbagliato a sentire.

Non che non abbia ragione, è solo... inaspettata.

"so che è stato lui" gli dice Simone, mentre indica con lo sguardo il livido sul suo zigomo.

"oh" Manuel si inumidisce le labbra e annuisce, pulendosi le mani su un canovaccio "io volevo dirtelo, ma oggi a scuola non c'eri e..."

Simone scuote la testa. "non ti avrei creduto. Sono stato così... stupido, che non ci avrei mai creduto, se non lo avessi sentito con le mie orecchie"

"quindi te lo ha confessato lui?" Manuel spalanca gli occhi, incredulo.

Simone scuote la testa. "ho sentito che ne parlava con degli amici"

Stato di GraziaWhere stories live. Discover now