Pirra

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Ringrazio max_kai_89 per l'ispirazione che mi ha dato per scrivere la one-shot! ❤️

Lunghezza: lunga
Parole: 4630
Genere: angst, fluff
Narrazione: prima persona, Achille
TW: guerra, morte, sangue

Detto questo, spero vivamente che la storia vi piaccia perché ci ho messo tutto il mio impegno per scriverla!

BUONA LETTURA! 🌸

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«Pirra, va tutto bene?» la sua voce uscì con un sussurro dalle sue morbide e dolci labbra.
Il sangue di quella ragazza mi colava dalle mani, mentre i miei occhi seguivano con attenzione il suo sgorgare.
Mi sentivo come un bambino che si sbuccia per la prima volta il ginocchio e vede colare la sua rossa linfa vitale, ed io non sono così.
In quel momento mi resi conto che l'unico motivo della mia esistenza era la morte, era uccidere le persone.
Avrei dovuto portare tragedia e strazio ovunque il mio rapido piede si sarebbe poggiato, senza dar retta a emozioni o dolori dei nemici.
Sono nato per dar speranza agli Achei di vincere la guerra di Troia.
La gloria che, per queste gesta, mi verrà data, ha un costo: la mia vita.
Sono disposto a morire per questo, la morte non mi fa paura; eppure, guardando le mie mani piene del sangue di una così giovane donna, non posso fare a meno di chiedermi:
"Lei aveva paura di morire?"
"A quante persone che hanno paura di morire strapperemo alla vita, senza alcuna pietà?".
È vero che sono nato per fare questo, gli Dei mi hanno conferito abilità straordinarie nella guerra, ma per quanto riguarda la metà umana di me, non posso fare a meno di pormi certe domande.
«Pirra... come ti senti?» si stava rivolgendo di nuovo a me, con quel tono calmo e rassicurante che lo contraddistingue da sempre.
Sarò nato per la guerra, ma a volte vorrei avere anche io lo stesso tatto e la stessa umanità che lui ha nei confronti delle altre persone.
Sono nato per la guerra, eppure quella voce, così sottile e gentile, era capace di risollevarmi dalle macerie della mia mente, di allontanarmi dalle trincee solcate nel mio cervello e di portarmi al sicuro nel silenzio sordo della sua confortevole pelle.
In quel momento, ero caduto in una trincea così profonda, da non rendermi conto che lui avesse iniziato a scrostarmi il sangue di dosso.
«Pirra, mi senti?» Prese ad accarezzarmi e bagnarmi i capelli con la sua soffice mano, solo allora mi ripresi completamente dal colpo che avevo preso e lo guardai: era bellissimo, come sempre, delicato e comprensivo.
Era la terza volta che mi chiamava, eppure non c'era mai stata insistenza nella sua voce; sapeva che non avevo perso i sensi, ma solo che ero finito in una sottospecie di limbo e che a breve mi sarei ripreso, mi succedeva quando restavo traumatizzato da qualcosa, e anche se capitava di rado, lui mi aveva visto crescere, in tutti i miei pregi e difetti, forze e debolezze.
Così, al posto di iniziare a scuotermi come chiunque sano di mente avrebbe fatto, attese: lui mi aspettava sempre, mentre, con delicatezza, si prendeva cura di me.
«Si... si, ti sento. Sto bene.» la mia voce uscì fragile e fuori controllo, come se non fossi io ad averne possesso e a decidere cosa dire.
Nel frattempo, lui continuava a lavarmi e accarezzarmi i folti capelli.
«Va tutto bene, Pirra.» solo allora mi accorsi di come mi avesse chiamato fino a quel momento.
Dall'esperienza vissuta a Sciro, lui iniziò, di tanto in tanto, a chiamarmi con il mio nominativo femminile.
All'inizio, voleva essere più una presa in giro che altro, ma quando gli dissi che mi piaceva quando lui pronunciava il mio soprannome, iniziò ad usarlo con amore, come una dolce madre che si riferisce al suo bambino chiamandolo "tesoro".
Mi chiamava così quando, come in questa situazione, avevo bisogno di conforto, quando eravamo da soli e avevamo tempo da dedicare l'uno all'altro, o quando la notte i nostri corpi si univano sinuosamente, danzando sulla dolce e unica melodia degli ansimi che producevano le nostre corde vocali, mentre eravamo completamente assorti dal piacere e dall'amore che nutrivamo l'uno per l'altro.
Se fosse stato qualcun altro, mi avrebbe dato fastidio, ma dal momento che era lui a chiamarmi "Pirra", mi sentivo come il più fortunato, il più felice e il più importante uomo sulla Terra.
Aveva finito di occuparsi di me e, avvolgendomi in una coperta, mi accompagnò al mio giaciglio, stendendosi al mio fianco e iniziando a far scorrere le mani sui miei arti, in modo da calmare il respiro affannoso che ancora non se ne era andato.
Poi parlò di nuovo, ma non modificò neanche di una nota il tono della sua voce. Dei, ma come faceva?
«Lo sai, vero... che lei è stata la prima. Stiamo andando in guerra, Pirra.» non voleva spaventarmi o farmi cambiare idea, voleva solo mettermi in guardia: lui faceva così con me, mi metteva in guardia, senza mai piazzare dei muri tra me e ciò che volevo fare, piuttosto lasciava tutto ciò che aveva per venire in guerra con me e assicurarsi che io stessi bene.
Mi amava così tanto da rinunciare a tutto per andare a fare ciò che più al mondo odiava, e lo faceva solo per me.
«Lo so... va tutto bene, Patroclo, è che... non me lo aspettavo, tutto qui.» non lo dissi solo per tranquillizzarlo, tutto ciò che ci dicevamo era vero, senza mezze misure.
Del resto, lui mi amava ed io amavo lui.
E mi bastava avere questo. Avrei potuto perdere qualsiasi cosa: la guerra, la mia famiglia, il mio denaro, le mie ricchezze, i miei abiti, il cibo e persino la gloria, ma finché ci fosse stato lui a stringermi nelle sue braccia, la mia vita aveva ancora un senso.
Nessuno dei due parlò, dopo.
Non c'era bisogno di usare parole, in quel momento.
Lui si prendeva cura di me, ed io lo lasciavo fare, perché lui, per quanto potesse odiare, ripudiare e persino aver paura della guerra, era un uomo, era saggio e calmo. Io invece, ero ancora un ragazzino e per quanto potessi essere bravo nell'arte della guerra, avevo bisogno di qualcuno di più vecchio di me che mi tenesse in piedi.
Allora non lo sapevo, ma in quegli anni avrei imparato che non si è mai abbastanza grandi, abbastanza bravi o abbastanza pronti per la guerra.
Avrei imparato che, per quanto eroico sarei potuto essere, se qualcuno era più stabile di me, non mi sarei dovuto vergognare nel farmi aiutare a mantenere l'equilibrio.
Una cosa la sapevo, però: quell'uomo sarebbe stato lui. E mi andava bene.
Pensai alla guerra, a quello che avremmo passato e come noi due, insieme avremmo conquistato e governato Troia.
Si, perché allora ero ancora un ragazzino, e tutto mi sembrava possibile. E mi sentivo invincibile, senza mai aver visto in faccia i miei nemici.
Perché è così che ti senti da ragazzo: forte, invincibile, capace di tutto.
O quanto meno ti senti così fino al momento dopo, in cui ti ritrovi ferito in mezzo alle macerie, perché la guerra non ha pietà per nessuno.
Per questo ho sempre trovato sciocco e ipocrita impostare delle regole di guerra: i guerrieri, come me, sono assassini e sono vittime.
Dopo anni di guerra e di distruzione, uccidere qualcuno diventa un meccanismo automatico e privo di emozioni, e questo succede perché la guerra ti lacera dentro.
Mi addormentai in un sonno calmo e senza sogni, cullato dalle mani di seta del mio amato.
Avevo paura di essere lacerato dalla guerra, ma poi ho pensato che, alla fine, avevo lui al mio fianco.
Finché Patroclo sarebbe stato con me, non avevo nulla di cui aver paura.

ᒪO ՏTᖇᗩOᖇᗪIᑎᗩᖇIO ᗰOᑎᗪO ᗪᗴI ᑭᗩTᖇOᑕᕼIᒪᒪᗴWhere stories live. Discover now