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Una serie di rimembranze agrodolci gli tornarono in mente sotto forma di diapositive a colori, ognuna delle quali, prima di essere sostituita con la successiva, sbiadiva in un triste bianco e nero per poi scomparire del tutto.

Si trattava di ricordi di Sara e si susseguivano senza un preciso ordine cronologico.

Sara con la toga nera e il tocco, subito dopo aver discusso la tesi di laurea.

Sara che metteva il suo primo dentino.

Sara che perdeva il suo primo dentino.

Sara il primo giorno di scuola, imbronciata e con addosso grembiule e zainetto.

Sara che sgambettava sorridente sul fasciatoio mentre lui cercava di cambiarle il pannolino.

Sara adolescente che gli urlava contro dopo che lui l'aveva rimproverata per essere rincasata dopo ben oltre l'ora convenuta.

Sara su un triciclo.

Sara che imparava ad andare in bicicletta.

Sara che piangeva con le ginocchia sbucciate dopo essere caduta dalla bicicletta.

Sara con il grembiulino bianco dell'asilo.

Sara con gli occhi lucidi seduta dietro il finestrino del treno al momento della partenza per l'università.

Sara che tornava dall'università per le feste natalizie.

Sara bambina che piangeva con ai suoi piedi la palla di gelato che era appena caduta dal cono che teneva ancora in mano.

Sara con un abito nero che le fasciava un corpo ormai maturo poco prima di uscire di casa per andare al ballo di fine anno scolastico con il suo cavaliere.

Sara che, credendo di non essere vista, si baciava sul pianerottolo con il suo primo ragazzo.

Sara che piangeva distesa sul suo letto dopo la prima delusione amorosa.

Sara che lo abbracciava dopo avergli detto di essere stata assunta.

Sara piccina, in costumino, seduta sulla sabbia sotto l'ombrellone, circondata da palette, secchielli e rastrelli.

Sara adolescente, che in occhiali da sole prendeva il sole su una stuoia, attirando gli sguardi di tutti i ragazzotti della spiaggia.

«Tonio, ci sei?» lo richiamò Anna.

L'ultima diapositiva prese fuoco.

Oltre di essa, la gelida realtà.

«Tonio...?»

«Maledizione, Anna.» sbottò lui. «Ci sono. Sono sveglio.»

«E' che sembravi esserti estraniato» si difese lei.

Lui le afferrò un braccio.

Con occhi all'improvviso gravidi di lacrime, le chiese:

«Cosa le è successo, Anna?» Le lacrime cominciarono a scorrere. «Cosa è successo alla nostra bambina?»

A differenza sua, Anna non piangeva. Tonio ricordò che non l'aveva mai fatto, nemmeno al funerale dei suoi genitori. L'unica eccezione erano state le esequie di Parise, che poi non era nemmeno morto per davvero. Tuttavia, adesso sembrava afflitta e sconvolta come non lo era stata nemmeno il giorno in cui, tornata a casa con un fanale dell'auto a pezzi, aveva sostenuto di aveva avuto un piccolo incidente, mentre in realtà aveva ucciso un uomo e forzato un posto di blocco, investendo un poliziotto.

«I russi, Tonio» disse soltanto. Poi abbassò lo sguardo sul telefono che aveva in mano e rimase in silenzio.

«I russi cosa?»

«L'hanno aggredita in casa» svelò.

«A Roma?»

«E dove sennò?»

Ma se sono appena andati via.

Poi Tonio ricordò: Golovin.

Si chiese se l'operativo che seguiva Sara fosse intervenuto.

Sperò che l'avesse fatto.

«Cosa è successo?»

Anna lo guardò come se fosse un vecchio rincitrullito.

«Te l'ho appena detto.»

Tonio la odiò.

«Voglio dire: è riuscita a scappare?»

Lo chiese con stizza.

Anna non gli rispose subito.

Lui uscì dai gangheri e la spinse via per alzarsi.

Per poco Anna non cadde dal letto.

Una volta in piedi, svettando su di lei, dovette resistere alla tentazione di sferrarle uno schiaffone.

«Allora, Anna. Parla per la miseria!»

Vedendo che lei continuava a non rispondere e per di più aveva riabbassato lo sguardo, Tonio capì la terribile verità .

Le mise una mano sotto il mento e la costrinse ad alzare la testa.

In preda a un pianto incontrollabile, la supplicò di parlargli.

Anna si alzò e lo abbracciò.

Lui avrebbe voluto allontanarla in malo modo, ma rimase fermo come un baccalà, con le braccia lungo i fianchi, senza alcuna intenzione di ricambiare il gesto.

«No» gli confermò Anna con un sussurro, senza staccarsi da lui. «Non è riuscita a scappare. La nostra bambina non ce l'ha fatta.»

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