CAPITOLO 27: IL CUORE DI RICCARDO

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La ragazza sbuffò, replicando "No, è colpa mia. Ho accettato questa stupida scommessa. Dalle la dannata cucchiarella e facciamola finita."

Riccardo annuì e uscì dalla stanza. Una volta fuori, chiamò a gran voce "Tata Sonia!"

L'aliena comparve nel giro di pochi secondi, andando verso di lui a grandi passi.

"Eccomi, amore." disse, sorridendosi mentre si appropinquava.

Come l'ebbe raggiunto, la donna si chinò e senza nemmeno lasciarlo parlare gli appoggiò una mano sul cavallo, facendo emettere al ragazzo un'esclamazione sorpresa.

"Umh... sembra asciutto..."

"Lo è!" esclamò lui, facendo un passo indietro. Era completamente rosso in volto.

La Tata gli sorrise dolcemente, replicando "Scusami, caro. Da come mi chiamavi pensavo avessi urgentemente bisogno di un cambio del pannolino."

Riccardo la guardò un pochino male, conscio che lo stesse prendendo in giro: quei pannolini suonavano quando andavano cambiati, e il suo non lo stava facendo.

Sonia, continuando a sorridere, gli scompigliò dolcemente i capelli, dicendo con la sua voce dolce come miele "Dai, amore, non mettermi il broncio, volevo solo scherzare un po' con il mio dolciotto."

Concluse la frase dandogli un bacino sulla fronte, che ebbe il risultato di farlo arrossire ancora di più.

"Tornando al perché l'ho chiamata..." bofonchiò, imbarazzato.

Sonia gli toccò la punta del naso, interrompendolo, e gli disse "So della scommessa che hanno fatto le tue amichette, topolino. Tieni."

Estrasse una grossa cucchiarella di legno da sotto il grembiule e gliela porse.

Il ragazzo guardò stupito lo strumento e si chiese come la Tata facesse a sapere sempre tutto. Li stava spiando in qualche modo? Probabile, in effetti, considerando quanto gli stava generalmente col fiato sul collo. Distogliendo l'attenzione da quei pensieri, prese lo strumento dalle mani di Sonia e lo osservò meglio: era un grosso cucchiaio di legno, con il manico né troppo lungo né troppo corto, mentre la parte della paletta, oltre ad essere piuttosto larga e spessa, aveva una scritta sulla parte concava, la quale non era particolarmente profonda: "Made for spankings, not cooking", ovvero "Fatta per sculacciare, non per cucinare".

"Le hai mai prese con una cucchiarella, caro?" gli domandò Sonia, sorridendogli.

Riccardo scosse vigorosamente la testa, replicando "Non ho mai preso sculacciate prima che arrivasse lei, Tata."

"Nessuna nessuna?"

Riccardo parve pensarci su "Beh, qualche sculaccione volante, ma sculacciate vere e proprie no."

Sonia continuò a guardarlo, dicendogli "Pensaci bene, caro. So che avevi solo cinque anni, ma scava un po' nella tua memoria."

Guardandola perplesso, il ragazzo si sforzò di ricordarsi. Ed ebbe come un'epifania. Ricordò distintamente una volta che aveva detto bugie per tutto il giorno, e sua madre si era stancata: l'aveva afferrato, si era seduta sul divano e se lo era messo sulle ginocchia, per poi abbassargli i pantaloncini e cominciare a percuotergli il sedere sulle mutandine. La sua unica vera sculacciata ricevuta da bambino, l'aveva praticamente rimossa. Il ricordo tornò come un fiume in piena: ricordava ogni dettaglio, dalle pacche che cadevano ritmicamente alla sgridata della mamma. Nella sua mente, poi, risuonarono distintamente le ultime parole da lei pronunciate, mentre lo faceva alzare "Se lo fai ancora te le do con la cucchiarella, e non sulle mutandine!"

Deglutì pesantemente, realizzando quanto in effetti ci fosse andato vicino a prenderle con un affare simile a quello che aveva in mano.

"Poi hai detto altre bugie, nei giorni seguenti, alcune delle quali non furono mai scoperte." disse Sonia, come leggendogli nella mente "E tua madre, essendo molto buona, si limitò a darti qualche sgridata o qualche altro sculaccione volante."

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