Capitolo 2

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Chiudo l'ultimo pacchetto e metto in ordine il bancone. Con la bufera di neve che è in corso, il buio pare più tetro del solito, così interrompo il lavoro per tornare a casa e accendere il fuoco. Si prospetta una nottata difficile.

Domani completerò i gioielli che ho iniziato a preparare, conto di recarmi a Junsele e spedire tutto entro il fine settimana, così da fare spazio alle prossime lavorazioni. Ammesso che la tempesta passi.

Junsele dista solo trenta chilometri da Grundtjärn, ma non ho in progetto di restare bloccato nel bel mezzo di una tormenta. Le spedizioni, nel caso, aspetteranno.

Prima che il tempo peggiori tanto da impedirmi di uscire dal fienile che ho adibito ad ambiente di lavoro, indosso la giacca da sci e gli occhiali, mi tiro su il cappuccio e afferro la torcia per portarmela dietro, perché non si sa mai. Appena metto piede all'esterno, impreco a causa del vento sferzante che mi sorprende e dei piedi che sprofondano nella neve.

Ha nevicato più di quanto mi sia reso conto.

Quest'anno pare che l'inverno sia giunto al galoppo, come se avesse voluto prendere possesso il più in fretta possibile della vita che canta, vola e scorre nella foresta. Ha messo tutto a tacere, con la mia approvazione.

Il silenzio dell'inverno per me è casa. È vita. È per questo che tempo fa mi sono trasferito nel nord della Svezia. Per questo, e per il desiderio di voler vivere da solo, lontano da tutti.

Lontano da qualsiasi cosa potesse scuotermi, infastidirmi o illudermi con una parvenza di felicità.

L'intorpidimento dell'inverno è l'unica cosa che conosco e che voglio conoscere, per sempre. Non mi serve altro.

Mi avvio a passo spedito ma, prima ancora che possa accendere la torcia, inciampo in qualcosa rischiando di cadere.

«Ma che diavolo...»

Punto la luce sul grosso impedimento credendo di trovarmi davanti ai piedi un animale, ma quello che vedo mi lascia perplesso.

Il viso di una ragazzina spunta da un cappellino bianco. Bianco come la neve, bianco come il cappotto che indossa.

Bianco come i suoi capelli, con una spruzzata di blu sulle punte.

Che diavolo ci fa qui? Da dove è sbucata fuori? Pare la regina delle nevi, per com'è conciata.

Facendo attenzione a non cadere, mi piego verso di lei e mi assicuro che respiri. Fin troppo lentamente, ma lo fa. Le schiaffeggio il viso e la chiamo varie volte, sperando si dia una svegliata. Quest'imprevisto mi sta facendo perdere tempo, e ancor più mi disturba il pensiero di doverla tirare fuori da qui e portarla in casa per riscaldarla, prima che muoia congelata.

«E va bene, cazzo!» Le afferro un braccio per tirarla su. Quando metà corpo emerge dalla neve che lo copre, le controllo il viso puntandole la torcia contro, prima di issarmela sulla spalla. Ed è proprio in questo momento che la regina delle nevi mi sorprende sgranando gli occhi.

Due occhi che paiono spaccati a metà, di due colori diversi. Uno è così azzurro da sembrare trasparente. Come uno specchio d'acqua. L'altro è di un rilassante color caffè caldo.

È un pugno in pieno viso, e non è solo una metafora: la ragazzina mi rifila sul serio un pugno in faccia! La mollo all'istante, facendola cadere di nuovo nella neve, ma questo non le impedisce di cominciare a urlare. Forse farei meglio a raddrizzarmi e mollarla qui, al gelo.

«Lasciami, maniaco!» Il suo grido viene trasportato dal vento mentre mi massaggio il naso su cui ha piantato il suo pugno, anche se non è riuscita a farmi troppo male.

«Perfetto, se vuoi startene con il culo nella neve e morire, fallo pure, ma fuori dalla mia proprietà!»

Mi alzo e le do le spalle prima di ripensarci, perché, se il freddo non mi provoca alcun brivido, lo fanno i suoi occhi quando li fisso.

«No! No, aspetta! Scusami!»

Faccio finta di non sentirla e proseguo per la mia strada, quando un tonfo mi fa sospirare esasperato e voltare di nuovo verso di lei.

Tenta di mettersi in piedi, ma la neve le arriva al ginocchio e il vento non le rende le cose facili, così mi avvicino e l'afferro di nuovo per un braccio, per tenerla dritta.

Le sue iridi tornano a piantarmisi addosso, enigmatiche, indecifrabili.

Stringo di più la presa.

«Decidi. Dentro o fuori.»

«Dentro? Dentro dove?» chiede alzando la voce per farsi sentire e mi domando se sia tarda di comprendonio.

«Dentro casa, rimbambita.»

«Non sei un maniaco, vero?»

«Se lo fossi, te lo direi? Come diavolo ci sei finita qui, ragazzina?»

«La mia auto... si è fermata nel bel mezzo del nulla. E il navigatore mi ha mollato. E il telefono non ha segnale!»

«Non sei in mezzo al nulla, purtroppo. Qui ci sono io. Vieni, forza.»

Annoiato, prima che aggiunga altro, me la tiro dietro e devo rimetterla in piedi un altro paio di volte.

Sto sul serio portando una ragazzina in casa mia, il mio santuario e luogo sicuro?

Pessima. Idea.

Apro la porta e la spingo all'interno per evitare di farmi tentare dall'idea di lasciarla lì fuori, poi mi avvio verso la stufa, per accendere il fuoco.

I lamenti della ragazza mi confermano che sta gelando anche qui dentro.

«Togliti i vestiti di dosso.»

«Che cosa? Maledizione, lo sapevo, sei un maniaco!»

Mi giro a guardarla e, dal modo in cui mi fissa, ho la sensazione che si stia sforzando di mostrarsi decisa e sicura di sé.

«Sono tutti bagnati. Vuoi ammalarti?»

Stringe la mandibola e resta ferma, in silenzio, in un angolo della stanza. Scuoto la testa, già esausto di mio, mentre le recupero un asciugamano e glielo getto sul capo. Se lo toglie con un gesto stizzito e mi fulmina con quei cazzo di occhi.

«In fondo al corridoio c'è un bagno. Vatti a spogliare e metti addosso questo. Dopo torna vicino al fuoco per scaldarti.»

«Non avresti dei vestiti da prestarmi, per caso?»

Sul. Serio?

Quando torno a guardarla, il suo respiro si ferma insieme alla domanda che stava per ripetere. Il modo in cui mi fissa mi fa stringere forte i pugni. Un cappio si serra intorno alla mia gola.

Ho agito senza pensarci. Ho tolto il cappuccio, la giacca e gli occhiali da neve. Con la luce proveniente dalle fiamme e dalla fievole lampadina sul soffitto, so quello che sta fissando: i giochi di ombre sul mio viso e la cicatrice che odio con tutto me stesso.

Che serata del cazzo.

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