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Per April era soltanto una giornata comune, una come le altre. Per lei erano tutte uguali, tutte noiose. Non le piaceva andare a scuola, certo, ma voleva dare soddisfazioni alla sua mamma così si impegnava a prendere bei voti in qualsiasi materia.

April amava sentire il profumo mattiniero della città.

Erano le sette e camminava per le vie di Melbourn, quando il telefono aveva preso a suonare, segnando l'arrivo di una chiamata da parte della madre.

«pronto, mamma?» aveva risposto la ragazza, quasi sussurrando.
«piccola mia, come stai?» la mamma era preoccupata e lo si notava dal tono di voce che aveva usato.
«mi manchi tanto e per il resto è come sempre. Ma tu, come stai? E la nonna? Sta meglio, vero?» April era partita con una raffica di domande, non immaginando nemmeno che la mamma, in quello stesso momento aveva iniziato a lacrimare.
«mi manchi anche tu, bambina mia.» aveva risposto alla prima domanda, che sembrava anche la più facile e ovvia. Ma, un singhiozzo era arrivato dall'altro capo del telefono, provocando un'altra raffica di domande.
«mamma? che succede? stai piangendo? perché piangi? non c'entra nulla la nonna, vero?» continuava a fare domande, con un tono triste e allo stesso tempo preoccupato.
«amore mio, ora devo proprio andare. passa una bella giornata, non vedo l'ora di ritornare da te con la nonna, finalmente ancora insieme felici. ci sentiamo presto, ti voglio bene, bambina.» e aveva chiuso la chiamata, lasciando la figlia con tanti dubbi, preoccupazioni, ma anche con un pizzico di felicità per le belle parole che aveva usato la donna. D'altronde lo aveva sempre fatto.

Si trovava davanti alla fermata dell'autobus, non aveva nessuna voglia di camminare fino a scuola a piedi. Aveva voglia di pensare a cosa aveva potuto rattristare in quel modo la sua mamma, e sperava non era grazie alla nonna che era stata trasferita in un ospedale di Washington a causa di un incidente. In quel momento era in coma, ma April non ne era a coscienza.

L'autobus finalmente era arrivato, e con un passo svelto era salita su, occupando uno degli ultimi posti accanto alla piccola finestra. Afferra le cuffiette, le attacca al telefono e poi le infila nell'orecchie, ottenendo un mondo tutto suo, un mondo che era stato creato come voleva lei, un mondo pieno di tranquillità. Un mondo totalmente falso, che non aveva niente di reale.

Il mezzo di trasporto era arrivato a destinazione, così April aveva infilato le cuffiette nello zaino ed era scesa dall'autobus, trovandosi nel cortile della grande scuola. Si era diretta nel suo solito nascondiglio: l'albero che reggeva la piccola casetta, usata dai bad boy per portare le loro prede, ma per le ragazze come lei, era un vero e proprio paradiso.

Gli uccelli cinguettavano e i raggi di sole penetravano nella piccola finestrella della casetta. April era davvero rilassata, ma qualcuno voleva rovinare la sua tranquillità.

«chi c'è lì sopra?» aveva urlato una voce dura. April si era affacciata alla finestra, per farsi vedere, se avesse detto il suo nome, probabilmente il ragazzo le rispondeva con «e chi è?» o una cosa del genere, dato che quasi nessuno la conosceva lì dentro.

Era un'ombra, un'ombra che non voleva far sapere a nessuno della sua esistenza.

«ah, ok. sappi che è suonata.» l'aveva avvisata lui. Sicuramente voleva salire sulla casetta. Strano che April non aveva sentito la campana, forse era davvero troppo stanca e concentrata sul rilassarsi. Era scesa dall'albero, senza dire una parola. Quel ragazzo era stato davvero scorbutico nei suoi confronti, e poi perché se sapeva che la campana era suonata, lui era ancora lì? Oh, sicuramente era un ragazzo "ribelle". Insomma, l'aspetto lo aveva. Era moro, con un ciuffo piuttosto alto. Aveva due pozzi di qualche colore, che ormai April aveva dimenticato.

La prima ora della giornata era dedicata alla matematica. Non c'era cosa più noiosa per April, la matematica superava tutto.

Eppure era brava.

Era seduta al solito banco, sulla solita sedia, con la sua solita aria annoiata. E al suo fianco, per rendere ancora il tutto più monotono, c'era il suo solito compagno di banco. Il cognome era Grier, April non sapeva nient'altro. Non le era mai importato nulla di nessuno, non aveva amici, e a lei andava bene così. A lei bastavano la sua nonna e la sua mamma, ma dal momento che nessuna delle due era lì con lei, tutto improvvisamente era diventato noioso.

«buongiorno, April.» l'aveva salutata il suo compagno di banco, con un tono gentile e noioso. Esatto, un tono noioso.

Ogni mattina le augurava una buona giornata, ma lei non ricambiava mai il saluto. Non per maleducazione, non perché Grier era un bad boy, non perché era antipatico. Solo per noia.

Lo ripeteva ogni mattina ed ormai era diventata una cosa giornaliera, monotona.
E noiosa.

Il compagno all'inizio ci rimaneva un po' male, credeva non rispondesse perché era lui il problema. E invece no, non era lui il problema.

Il problema di April era il mondo intero.

«oggi ripasseremo un po' di argomenti vecchi, per vedere se siete in grado di andare avanti.» aveva annunciato la voce squillante della professoressa, provocando una serie di sbadigli, e ancor più di lamentele. «aprite la pagina 291 e svolgete i numeri 104, 107, 110, 121, forza!» questa volta aveva urlato, cercando di incoraggiare i suoi alunni, che ancora una volta, come ieri, l'altro ieri, e il resto dei giorni precedenti, sembravano annoiati. Una in particolare.

April aveva afferrato il libro e l'astuccio dallo zaino, segnando i numeri che poco prima la professoressa aveva dettato. Si trattava di equazioni.

«non c'è cosa più facile di questa, che noia.» aveva pensato la ragazza.

Dopo aver copiato la traccia sul quaderno, aveva iniziato a svolgere il primo esercizio, con attenzione.

E così anche il secondo, il terzo, e pure il quattro.

Era stata la prima a finire, come sempre. Ma non che gli altri non erano capaci, solo che dopo averli finiti, non volevano andare alla lavagna per la spiegazione. E così impiegavano più tempo. Ma ad April non importava se la professoressa la chiamava alla lavagna per chiederle spiegazioni, ancora una volta a lei non importava nulla.

Aveva poggiato la testa sul banco, socchiudendo gli occhi.
Non le importava se la professoressa le avesse messo una nota.

Aveva socchiuso gli occhi, per cercare quella tranquillità che aveva trovato circa mezz'ora fa.
Non le importava se tutti pensavano stesse dormendo.

E in mente era riapparsa quella fotografia. La più bella, diceva. Era la foto che a tre anni aveva fatto con la nonna e la mamma. Le tre guerriere con una forza tremenda. Erano sorridenti ed unite. Già, unite. E forse, a insaputa di April, non lo sarebbero state più.

All'improvviso un bigliettino, l'aveva costretta a lasciar andare via la tranquillità, ancora.

Aveva alzato il capo dal banco, arrabbiata più che mai, e aveva letto il bigliettino.

«Heylà!»
Lo aveva riletto e riletto ma non capiva il senso. Non sapeva chi era lo stupido che lo aveva lanciato, così dopo aver girato lo sguardo verso i vari visi, ne nota uno che la stava fissando. Aveva sbuffato, non era sicura che fosse stato lui, così aveva alzato leggermente il pezzo bianco con su scritto qualcosa, per avere delle certezze, e dopo aver ottenuto un «sì» mimato dal ragazzo coi capelli verdi, aveva risposto.

«Cosa vuoi?»
In realtà non le importava cosa voleva, ma pensava che almeno smetteva di fissarla. L'aveva lanciato in direzione del ragazzo, e quest'ultimo, dopo aver scritto qualcosa, lo aveva rilanciato alla ragazza.

«Dirti che sei bella.»
Alla vista di quelle parole, aveva alzato gli occhi al cielo. April non era assolutamente arrossita. Sapeva che era una stupida presa in giro per far sì che lo aiuti in qualcosa.

«Cosa vuoi in realtà?»
Lo aveva rilanciato, per ottenerlo ancora dopo due minuti. Il suo sguardo era giunto al ragazzo che, mentre scriveva, sorrideva anche.

«Okay, mi puoi risolvere le equazioni?»
E ancora una volta la ragazza era annoiata. Non aveva nessuna intenzione di suggerirgli lo svolgimento degli esercizi.

Come si annoiava April, anche gli altri dovevano annoiarsi.

maths lessons » cliffordWhere stories live. Discover now