To surrender

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E anche l'alba era giunta e il mattino con essa, come un terribile ceffone in pieno volto. Perché alla luce del sole era diventato tutto troppo reale, Troy, Henry, Shirley, bicchiere, bicchiere, bicchiere... no, in effetti in quel momento di acqua proprio non ne desiderava.

Davanti a sé aveva nuovamente la distesa infinita del mare e il suo effetto calmante non sembrava mostrarsi. Indossava degli abiti puliti, ora, si era pettinato, si era risciacquato il viso e aveva detto a Shirley che si sarebbe sdebitato in ogni modo a lui possibile. Lei gli aveva placidamente risposto che era questo che facevano gli amici, aiutarsi.

Diamine, quel giorno aveva una delle competizioni più importanti della stagione e cosa aveva ben pensato di fare? Ubriacarsi e passare la notte praticamente in bianco a vomitare anche l'anima.

Stupido, stupido, stupido!

Un conto era darsi a una certa piacevole attività ed essere per quello indolenzito e un tantino zoppicante, un altro ridursi a uno straccio per un dannato ragazzino. La testa gli doleva in modo assurdo e anche solo articolare un pensiero privo di senso compiuto era uno sforzo; la gola era arida come un deserto e non c'era parte del corpo che non gli facesse spropositatamente male.

Mentre si preparava, sentiva puntati su di sé un mucchio di sguardi: i compagni di team, i suoi ragazzi, venuti come al solito a sostenerlo, Shirley, con Zaf, le infinite persone che credevano in lui e lo ammiravano, forse Henry e Jenna dalla televisione e... Troy.

Scosse il capo e strinse i denti.

Resta concentrato, James.

Gli era capitato di essere di turno per ultimo, e poté osservare le performance degli altri come non faceva da parecchio. Emilien era al momento in testa. Sinceramente, non gliene importava un fico secco. O forse sì.

E poi toccò a lui e davvero ce la mise tutta. Era stanco, ma resistette. Era a pezzi, ma serrò i pugni. Non era più lui, ma finse di esserlo. Aveva visto troppe persone rovinarsi per amore, e non avrebbe fatto la stessa fine. Un'onda improvvisa provò a travolgerlo, lui la evitò con la grazia di una farfalla e la grinta di una tigre. Il tempo stava per scadere, per fortuna. Si sentiva bruciare ogni singolo muscolo.

Tornò a riva. All'altoparlante strillavano i risultati. Li ascoltò distrattamente. Tutti lo fissavano con i volti pallidi, e si chiese perché.

- ... James, quarto posto.

Per un attimo il mondo si estraniò, venne risucchiato in una bolla insonorizzata, e rimase solo il battito del proprio cuore. Non poteva essere vero.

Cosa...? Ho... perso?

Si guardò attorno con aria smarrita, cercando uno sguardo che nemmeno lui sapeva di preciso di chi. Emilien già esultava con la coppa d'oro in mano. E in quell'esatto momento capì.

Capì di avere deluso i propri ammiratori, i ragazzi, i compagni che nonostante il comportamento scorretto l'avevano sempre sostenuto. Capì che era inutile cercare vittorie come un cane cerca un osso, e capì altre mille cose che non sto qui ad elencare. Ma soprattutto capì che Emilien aveva vinto, non vinto quella stupida competizione, no, lui aveva vinto in ogni senso possibile. Aveva vinto perché l'aveva distrutto, portandogli via la cosa a lui più cara ed importante. Semplicemente, aveva vinto. Che senso aveva continuare ad accanirsi con unghie e denti? AVEVA VINTO, punto. Fine. Nessun happy ending.

In quel momento incrociò gli occhi colmi di lacrime di Troy, lacrime di dispiacere e struggente senso di colpa. Il ragazzo allungò debolmente una mano verso di lui, attraverso la folla. Abbassò il capo.

E prese la propria decisione.

~~~

- Signor James, signor James! È vero che oggi ha perso la competizione?

Giornalisti.

Annuì stancamente. Gli sarebbe tanto piaciuto che nessuno glielo rammentasse appena provava a dimenticarsene.

- Come si sente?

- Come mi son sentito? Distrutto. Non perdevo una competizione da quando avevo venticinque anni.

- Questo fatto... è una cosa che segna nel profondo? O no?

- Dopo tanto tempo, mi ha colpito. Ho capito di non essere più quello di una volta.

- Oh... e come l'ha capito?

Strinse le labbra e poi espirò pesantemente.

- Ho perso qualcosa a cui tenevo.

La giornalista davanti a lui lo guardò compassionevole.

- Capisco... mi dispiace - disse. Del suo dispiacere, sinceramente, se ne faceva un baffo.

Non sai nulla di me.

- Vuole aggiungere qualcosa? - chiese in tono dolce, e il surfista prese un gran respiro.

- Sì, ho una notizia piuttosto importante da comunicare, e me ne dispiaccio, ma non posso fare altrimenti.

Ella lo fissò perplessa.

- Cioè?

- Concluderò questa stagione e... mi ritirerò per sempre dalla mia carriera agonistica di surf.

E il mare disseDove le storie prendono vita. Scoprilo ora