71

2.6K 126 4
                                    

Otto mesi dopo

Dicembre 2022

Dusan aveva la giornata libera, e poiché era stato difficile trovare un po' di tempo per stare da soli, una volta tornati dai mondiali in Qatar e dalla Serbia, avevamo deciso di ritagliarci del tempo solo per noi, a casa.

Eravamo entrati nella casa nuova da due mesi, e viverci insieme era una delle cose più belle che potessimo decidere di fare.
Avevo appena finito di sistemare la spesa che avevamo fatto questa mattina, ero pronta a raggiungere Dusan nella nostra camera da letto.

La porta della camera era socchiusa e dall'interno risuonava una musica hip hop vecchio stile.
Lentamente, aprii per sbirciare e sorrisi quando vidi Dusan disteso al centro del letto senza maglietta, con un braccio dietro la testa, così da mettere in mostra il bicipite, profondamente addormentato. Ma la cosa non mi sorprendeva, da quando eravamo tornati, tre giorni fa, cercava di riposarsi il più possibile.

Andai a spegnere la musica e poi appena mi appoggiai sul letto, Dusan aprì gli occhi. Si passò le mani sul viso e nei capelli.
«Mi piace questo look» gli dissi. «Davvero?» Aveva tutti i capelli arruffati. Sorrisi. «Sei riuscito a dormire con Tupac a tutto volume.» «Non stavo dormendo». Mi guardò con gli occhi mezzi chiusi.
«Come no!» Mi sdraiai su di lui, mettendogli le mani ai lati del collo.

Mi posò entrambe le mani sulle scapole e si avvicinò per catturarmi la bocca. «Adoro questo profumo» mormorò. «È quello che mi hai regalato tu.» Avvinghiai le gambe intorno al suo bacino. «Ovviamente.» Riprese a baciarmi, carezzandomi la schiena con una mano prima di posarla sul sedere. Anche se potevamo spingerci oltre, ero entrata in camera per uno scopo ben preciso. Mi rigirò, sollevandomi la maglietta in modo da poter avere un maggiore accesso alla mia pelle. Quando mi distesi sulla schiena, inarcando il collo, capii che era il momento di fermarsi.«Cosa c'è?» mi chiese Dusan. Lo spinsi via e cercai di alzarmi dal letto. «Sono entrata in camera per farti vedere una cosa» sussurrai.
Mi lasciò il braccio, aggrottando le sopracciglia.
Una volta raggiunto il cassetto del mio comodino, lo aprii prendendo la scatolina rettangolare in velluto, quella del primo bracciale che mi regalò per chiedermi di essere la sua ragazza.
Tornai sul letto e gliela porsi.
«Mi stai ridando il bracciale che ti ho regalato?»
«No stupido. Aprila.» Mi sorrise.
Gli spostai un ciuffo di capelli dalla fronte mentre l'apriva e sentii il battito del mio cuore accelerare quando vide ciò che c'era all'interno.
«D» mormorò senza fiato, incrociando il mio sguardo. «Sul serio?»Annuii e gli occhi mi si riempirono di lacrime nel vedere l'espressione carica di emozioni sul suo viso.
Dusan si passò una nocca sotto l'occhio mentre estraeva il test di gravidanza dalla scatola. Lo fissò ancora, poi guardò me.«Sei incinta?» sussurrò. Mi tremolò il mento. Non riuscii nemmeno a fare un cenno affermativo con il capo.«Lo so che è prima di quanto avessimo pianificato» Volevo aggiungere alto ma non mi diede il tempo. Mi strinse in un abbraccio così forte che riuscii a malapena a respirare. «Avremo un bambino» disse con voce roca. Lo abbracciai con forza e un istante dopo, Dusan posò la bocca sulla mia, quando si staccò vidi i suoi occhi arrossati e pieni di gioia. «Quando lo hai scoperto? Perché non mi sono accorto di nulla?» Risi. «Ho fatto il primo test con tua sorella. Tu quel giorno stavi con tuo padre dai tuoi cugini.» Appoggiando la fronte sulla mia, emise un respiro tremulo. «C'era da aspettarselo che l'avremmo fatto prima del previsto.» Lo baciai di nuovo. «Ho un po' di paura.» Dusan mi cinse il viso con una mano e mi guardò con così tanta adorazione che per poco non ricominciai a piangere. «Non devi, mai.»
Ne ero certa, potevo contare su di lui.
«Andjela e Desiree sono le uniche a saperlo.» lo informai.
«Dobbiamo organizzare una cena al più presto per far conoscere le nostre famiglie.» disse, incominciando sollevarmi la maglietta.
Mi baciò la pancia e mi strinse a se.

«Che c'è?» sussurrai.«Ti amo.» Me lo diceva ogni giorno. «Ti amo anch'io.» Affondò il viso nel mio collo e inspirò a fondo. Le lacrime mi pizzicarono gli occhi, come spesso accadeva, perché a volte mi sembrava surreale che fosse mio. Che io fossi sua.

E ora saremmo diventati una famiglia.

INSTAGRAM|| DUŠAN VLAHOVIĆWhere stories live. Discover now