Capitolo 07 - Dismembered

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Quando Anita fece il suo ingresso a lavoro, quella mattina, tutto si sarebbe aspettata di vedere tranne River prendere beatamente un caffè con Rottemberg.

I due non si parlavano da quando River aveva dato le dimissioni, eppure in quel momento colloquiavano come se avessero a che fare tutti i giorni.

«Ma che cazzo...?» sbottò Anita, all'indirizzo del suo coinquilino.
Rottemberg la fermò con un semplice gesto della mano, ammonendola con un affabile sorriso.

«Ho chiesto io a River di venire in centrale, stamattina»
«Non avevo dubbi in merito», borbottò Anita. «Strano tu non abbia voluto tenermi nascosto anche questo».

Rottemberg assottigliò gli occhi, trafiggendo Anita con il suo sguardo da padre ferito.

«Ne parliamo dopo, ok?» concluse, secco. Di solito quando diceva così poi si finiva a non riprendere più in mano il discorso.

«River ti farà da guardia del corpo per qualche tempo, almeno fino a che non siamo sicuri che sia tutto ok»

Anita lo squadrò da capo a piedi, come se ci fosse qualcosa di profondamente sbagliato in lui.

«Evidentemente non ho ben capito»
«Crediamo che il Gufo ti stia seguendo, e voglia rapirti di nuovo».

Anita trattenne l'impulso di sospirare. Erano completamente rincretiniti.

«State scherzando, spero»

River si lasciò sfuggire una risatina sommessa. «Wow, non pensavo di starti così tanto sulle palle. E pensare che viviamo anche insieme»

Anita gli rifilò un calcio ben assestato sugli stinchi, per farlo tacere.

«Non è per te, idiota. Sono incredula davanti alla totale incapacità del mio capo di capire come stanno le cose»

Rottemberg batté il pugno sulla scrivania. Il silenzio calò come un'ombra sulla stanza.

«Non tollererò un altro insulto, Anita. Se hai qualcosa da dirmi, fallo chiaramente. Altrimenti taci e non mettermi i bastoni tra le ruote»

Anita gli rivolse uno sguardo di puro disgusto, prima di voltargli le spalle e dirigersi alla sua scrivania. Brick aveva lo sguardo abbassato dal senso di colpa.


La gabbia puzzava di merda e umidità. Da fuori la raggiungeva il fetore di carne fresca e sangue, e la stava facendo letteralmente impazzire. Avrebbe preferito mille volte di più respirare la ruggine piuttosto che quello schifo. Due giorni prima, Jep aveva portato una donna nel seminterrato e l'aveva piazzata nella gabbia accanto alla sua. Lei parlava pochissimo, era nuda e infreddolita e pensava che tutti stessero aspettando di vederla morta, come avvoltoi. Anita aveva provato a rivolgerle qualche domanda, ma lei non aveva risposto. Poi un tratto, una sera, le aveva semplicemente detto che si chiamava Katie.

Avevano parlato per ore, e lei le chiese da quanto tempo si trovasse lì. Anita non lo seppe quantificare, ma era sicura che fossero più di due settimane. Il tempo sembrava incredibilmente dilatato lì. Katie le aveva chiesto perché quella gente la stava torturando e soprattutto se qualcuno la stesse cercando.
Anita si poneva quelle domande da tempo, ma non aveva risposte certe, allora ne inventò qualcuna per riuscire a darle conforto.
Avrebbe voluto che qualcuno lo avesse fatto per lei.

Jep venne a prenderle il pomeriggio successivo. Dopo un'ora di sevizie su Katie, smembrò il suo corpo in tantissimi pezzi e costrinse Anita a mangiare la carne cruda della sua compagna di prigionia.

Le fece osservare tutto.
Anita andò a dormire con le urla straziate di Katie ancora nelle orecchie.


River si accomodò accanto ad Anita, sul divano con le molle rotte. Le appoggiò una mano sulla spalla e strinse.

«Non ho bisogno di protezione»

River iniziò a borbottare qualcosa, ma venne interrotto.
«Non accetto guardie del corpo. Il caso me lo sto vedendo da sola, e non voglio gente in mezzo»

«Quindi ci escludi. Come l'altra volta»

Anita strinse i pugni.

«Fai come cazzo ti pare. Almeno stavolta già sappiamo dove venire a cercare il tuo cadavere».

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