2 - Diego: Fottuta terza prova.

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Diego.

Fottuta terza prova.

"Una brutta situazione mi calma,
dove tu stai in ansia io mi rilasso"
- Marracash.
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"Il test si basa su conoscenze preliminari...".

Giocherello con la matita in attesa che la professoressa abbia finito di parlare.

"... liberi di esprimervi come meglio credete...".

Che lagna.

Ho ascoltato questo discorso per anni guardando a due scenari possibili.
Il primo: che mi ammettessero in questo fottuto istituto una volta per tutte nonostante io sia davvero riluttante a restare un minuto in più tra queste mura.
Il secondo: che le pressioni da parte di mio padre cessassero definitivamente.
Non sono portato per questa roba, non mi piace averci a che fare e non mi interessa se, per il terzo anno di fila, non passerò il test d'ingresso.

I miei occhi vagano per l'aula, corrono sui banchi, finchè non si fissano sulla professoressa che sta spiegando le modalità d'esame, e mi ritrovo a sbuffare pesantemente.

L'accademia di arte considerata la più importante e prestigiosa del Nord della penisola da recenti classifiche del Censis, segue da anni lo stesso protocollo per i test di accesso delle matricole. Fantastico. Mi chiedo ancora perchè mio padre continui a finanziare questo posto.

"E ricorda a te stesso: sii un artista!", conclude la prof, consegnandoci i fogli protocollo uno ad uno. Non ricordo mai il suo nome, ma stando agli esiti degli anni passati non mi servirà conoscerlo.

"Buongiorno!".

La porta si apre con un tonfo rivelando la figura di una ragazza. E io ho come l'impressione di averla già incontrata da qualche parte. Quei capelli mezzi turchesi io li conosco.

"Signorina...", prova a dire la prof, ma la ragazza la precede, affannandosi per parlare.

"La prego mi scusi per il ritardo, io ho avuto un contrattempo, io...".

Il suo sguardo vaga per la stanza, e quando i suoi grandi occhi scuri e a dir poco impanicati incontrano i miei, mi rendo conto di averla già vista per davvero. Era fissa immobile come un palo davanti la porta della classe, ho dovuto scostarla da lì per poter passare.
Mi ritrovo involontariamente ad inarcare un sopracciglio: come diavolo ha fatto ad arrivare in ritardo?

"Io... non trovavo l'aula", mente, rivolgendomi un altro sguardo. "Mi... mi dispiace".

Ha davvero passato circa venti minuti a fissare la porta invece di entrare come un essere umano qualsiasi?
Il suo sguardo disperato risponde perfettamente alla mia domanda: .

Quelli con l'ansia non li capirò mai.
Sempre affannati, di corsa, preoccupati.
Guardo il foglio protocollo davanti a me. Davvero per qualcuno questa è una preoccupazione? Il dover affrontare un esame, una prova? Il doversi mettere in gioco? Che pagliacciata. È questa la parte bella della vita, la parte divertente. Le sfide, l'amore per il traguardo da raggiungere.

È tutto il resto ad essere un enorme casino. È il non avercelo nemmeno un traguardo a dover rendere tristi e ansiosi.

"Sono sicura che questo giovanotto ti spiegherà tutto per bene".

Cosa? Il mio volto scatta nella sua direzione; non stavo seguendo minimamente il loro battibeccare.
Sarei io il giovanotto?
A quanto pare nemmeno alla professoressa interessa sapere come mi chiamo. Strano, se si pensa che è lei ad apporre il 'Non Ammesso' ogni volta accanto al mio nome.

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