Cinema

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[è consigliato l'ascolto della canzone durante o prima della lettura;
scegliete voi il momento che preferite.🤍]

«Che è 'sta storia?»

Manuel si trovava fermo sulla soglia della camera di Simone – che ormai condividevano da un pezzo – e quest'ultimo, dandogli le spalle, sobbalzò lievemente nel sentire la sua voce.

Il corvino era seduto alla scrivania, fogli sparsi e finestra aperta da dove fortunatamente entrava quel filo d'aria capace di rendere la camera, esposta alla forte luce del sole, meno asfissiante del solito. Simone si staccò la canotta dal petto per farsi aria, per poi tornare a sottolineare i riassunti che riempivano il ripiano davanti a sé.

«Storia de che?» rispose sovrappensiero, troppo concentrato nel terminare almeno di inquadrare e memorizzare l'ultimo concetto di quel foglio.

«De che sto fine settimana dopo l'orale te ne parti pe' Glasgow.»

Simone si bloccò con l'evidenziatore a mezz'aria e si voltò verso Manuel facendo ruotare la sedia girevole.

«E a te chi te l'ha detto?»

Manuel sbuffò una risata isterica e incrociò le braccia al petto. L'espressione contrariata, gli occhi assottigliati, la mascella contratta: tutto, per Simone, era segno che stesse per partire una sfuriata delle sue che non avrebbe sopportato, non con quel caldo, non con quell'ansia addosso.

L'altro fece due passi in avanti, lenti, pesanti, come se portasse macigni nelle scarpe. «Diciamo che mi madre e tu padre se lasciano sfuggi' troppe cose dopo er bicchierino de limoncello a pranzo.» Poi scosse la testa, sul volto un vago accenno di delusione. «Avrei preferito sentirlo da te.»

«Scusa.» fu tutto quello che Simone riuscì a formulare.

Manuel fece schioccare vistosamente la lingua fra i denti. «Avevamo detto che ci saremmo andati assieme.»

«Se fossi andato da mia mamma.» ribatté Simone, prendendo un respiro prima di continuare. «Ma non vado da mia mamma.»

«Appunto.» sbottò Manuel, sbattendo una mano sulla porta di legno poco dietro di sé.

A quel rumore Simone strizzò gli occhi, quasi spaventato da quell'irruenza che, in realtà, neanche comprendeva. Riaprì gli occhi e gli rivolse uno sguardo di rimprovero. «Non urlare e chiudi la porta.» gli intimò, con tono calmo ma fermo.

Manuel sospirò e si chiuse la porta alle spalle. Continuò a camminare a passi lenti e cadenzati fino ad arrivare al letto, su cui si sedette con le ginocchia strette e le braccia poggiate parallelamente alle cosce. Per un po' non parlò e a Simone quella situazione non piaceva particolarmente.

Sapeva che i silenzi di Manuel erano la quiete prima della tempesta. Sapeva che di lì a poco, molto probabilmente, sarebbe sembrato un fiume in piena, una palla impazzita. Sapeva anche che i silenzi di Manuel nascondevano molto di più, ma per quanto tentasse in tutti i modi di scoprire cosa ci fosse dietro, incontrava sempre in Manuel un muro altissimo e difficilmente valicabile.

Manuel non glielo permetteva quasi mai, di capire.

Quando ci riusciva si sentiva invincibile, sì, ma poi si rendeva conto che ciò che otteneva erano solo briciole. Vivendo sotto lo stesso tetto Simone aveva imparato, a sue spese, che meno gli chiedi, meglio è.

E per uno che viveva di domande, era una tortura.

«Manuel, è una vacanza studio. È una grande opportunità per me, prima che inizi l'università.» tentò di spiegare con tutta la calma possibile.

Se ascolti meglio, siamo canzoni | OS SimuelWhere stories live. Discover now