- La stanza spoglia -

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Era immobile e fissava davanti a sé come se avesse aperto gli occhi per la prima volta su di una realtà sconosciuta. E io subivo il medesimo destino mentre fissavo il ragazzo che, per tutto il Reftor, era svanito anni prima, durante la sua cerimonia. I colori viola e grigio facevano parte delle sue vesti cerimoniali intonse.


Erano molte le cose che non capivo. Infinte, aggiungerei. Ero in un posto sconosciuto con davanti a me Saya, il figlio mezzano della famiglia Serik, uno dei due fratelli maggiori di Lia.


Avrei voluto parlare, anzi, gridare il suo nome. Avvicinarmi a quel ragazzo che era stato quasi un fratello per me. Lui, che raccontava la storia di Nuss e del Solenne Cremisi con un bagliore negli occhi che avevo visto solo nei vecchi del Reftor.


Fu lui a spiegarmi per primo che, molto probabilmente, avrebbe ereditato la peculiarità del volo da suo padre esattamente come Leetha, suo fratello maggiore.


"Ma ci pensate?" disse un giorno a me e Lia che lo ascoltavamo rapite. "Potrò salire al di sopra del Reftor, su fino alla cupola e se sarò abbastanza forte, potrò finalmente solcare i cieli dell'Antico regno. Del mondo prima della sconfitta del Cremisi."


I maschi della famiglia Serik facevano parte dei Volantor. A loro era concesso di uscire dal Reftor per sorvolare le rovine dell'Antico regno. Per cosa? Semplicemente per curiosità.


Dopotutto di ciò che accadde secoli prima non si conosceva ogni cosa e l'unico modo per comprendere al meglio la storia era cercare ciò che non era dato sapere. L'unico problema per i Volantor era che, a differenza di tutti gli altri Peculiari, dovevano avere un permesso diretto dall'antico Nuss. Non in senso letterale, ovviamente.


Ma il Reftor era stato eretto proprio per tenere l'umanità al sicuro, quindi, ogni tentativo di uscire dalla grande cupola poteva sembrare un tentativo di... "fuga".


Si racconta che i primissimi Volantor non fecero mai più ritorno dal tentativo di uscire dalla cupola, finché il Concilio Maximo non trovò un modo per renderlo possibile.


Saya, infatti, pensava che i membri del Concilio possedessero delle peculiarità rarissime e proprio per quel motivo ne era estremamente attratto.


"Possono parlare a tutti con il pensiero! Capite quanto possano essere potenti?" disse un giorno di tre anni fa, qualche tempo prima che anche lui svanisse. Già, 'anche lui'.


D'un tratto un boato proveniente dall'esterno mi portò rovinosamente alla realtà e così accadde a Saya che aveva iniziato a fissarmi, confuso. Effettivamente, con la poca illuminazione che regnava in quella stanza non mi sorpresi per il suo sguardo interrogativo e nemmeno nella paura che lo percorse, costringendolo a muoversi a mo' di verme, arretrando fino alla parete a lui più vicina


"Chi... cosa... dove sono?" disse infine facendo scattare il suo sguardo a destra e a sinistra così veloce che sentii più volte il suo collo scrocchiare.


"Saya, sono... sono io, Zara. Zara Ayad. Io..."


"No, io... no... la mano... io."


Le parole sconnesse che la sua bocca sputava in continuazione non rendevano la situazione meno bizzarra o più semplice da metabolizzare.


Continuava a parlare di una mano. Forse la sua? Si era ferito? Giuro, avrei ucciso per avere un interprete.


Si udì un altro boato ma quest'ultimo pareva avere come epicentro lo stesso posto nel quale ci trovavamo, tanto che dovetti tapparmi le orecchie ad un certo punto. Polvere nera cadde sulla mia testa e ne respirai una boccata, iniziando a tossire così tanto da dovermi piegare in avanti. In quel momento, Saya, scattò in avanti e mi si gettò addosso. Mi immobilizzò le braccia portandole sopra la mia testa.


RelegatedWhere stories live. Discover now