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Caro Rio, Sono appena rientrata in casa. Ho provato a non farmi notare dallo sguardo minuzioso di mia madre, ma lei ha comunque visto il taglio alla mano, nonostante si sia limitata a guardarmi senza dire assolutamente niente. Io non ho detto nulla. Ora probabilmente crederà che io sia autolesionista. Ma questo è molto peggio. Ed io non ho detto nulla.
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Sono corsa in camera mia e adesso sono qui Rio, a finire la mia storia dell'orrore. Non mi importa se qualcuno la troverà un giorno e si soffermerà a leggerla. Non mi importa perché ormai sta finendo, ed io ho un bisogno pazzo, quasi malsano, di scrivertela. In quel dannato momento è successo qualcosa. Appena lei attraversa il cancello, sì. Rio, sono diventata di ghiaccio. Immobile, aspettando la mia sorte; non volevo più combattere per qualcosa di di inafferrabile, per qualcosa che si trova dall'altra parte dell'arcobaleno; solo per qualcosa che non esiste. Per quanto puoi cercarlo ogni volta, per quanto puoi avvicinarti tanto da riuscire a sfiorarla con le dita, poi svanisce. E quindi, ho rinunciato. Sarò stata codarda, ma lei non ci ha pensato due volte. Mi ha dato un pugno e ho visto le stelle, come nei cartoni. Ad un certo punto il mio incubo si è avverato. La stessa identica trama: io a terra ed i suoi piedi in faccia. Solo molto più tardi ho finalmente capito i miracoli che può compiere il fondotinta. Solo dopo essermi tagliata al palmo della mano sinistra nel tentativo di afferrare una stupida pietra per difendermi. Tentativo fallito miseramente. Solo dopo aver visto il sangue. Solo dopo aver perso i sensi e aver visto, con un ultimo, agognato e forse utopistico desiderio, lei fuggire via da me, per l'ultima volta. Già Rio. Finalmente ho trovato il rimedio per questa orribile malattia che mi ha infettato dal primo sguardo distrattamente curioso rivolto tre anni prima ad una ragazza, dal primo nove in pagella, dalla prima, ultima ed estremamente rara risata. Sono egoista. Ma c'è l'ho fatta. Manca poco.
