Che ne sarà della mia vita? Il mio lavoro? Dove vivrò? Christian mi ha mai fatto del male, fisicamente o emotivamente? Mi amerà per sempre? Ama questo puntino dentro di me?

«Quali sono le opzioni?» Sbotto, guardando tristemente la dottoressa.

«Be’, le consiglio di parlare di questo con suo marito, Mrs. Grey. Ma ci sono tre possibilità: che lo teniate, lei e suo marito, che lo diate in adozione dopo la nascita, e… e poi c’è sempre… l’interruzione di gravidanza.»

«Quanto tempo bisogna aspettare per praticare l’aborto?» Chiedo e improvvisamente veniamo interrotti da Christian che irrompe dalla porta.

Appena entra nella stanza i suoi occhi sono fissi su di me, poi guarda con disgusto ciò che il medico sta facendo sotto il telo che mi copre le gambe, poi guarda il monitor.

«È quello?» Domanda con un filo di voce, indicando il puntino sullo schermo.

«Sì, Mr. Grey, ne vuole una copia?» La dottoressa sorride e sbatte le ciglia verso di lui.

Senza distogliere lo sguardo dallo schermo annuisce, ma io nello stesso tempo dico: «No!»

Gli sguardi di entrambi si volgono di scatto in direzione del mio viso.

«Io non la voglio. Tu puoi prenderla, Christian, ma io no.» Giro la testa dall’altra parte e chiudo gli occhi.

Mette una mano sulla mia spalla e con l’altra giocherella con i miei capelli.

Sì… avrei tanta voglia di appoggiare la testa alla sua mano! Farmi accarezzare da lui…

Lo lascio fare, ma resto immobile. Io non lo conosco affatto, ma mi sembra diverso da come me lo ricordo nel giorno dell’intervista, diverso dall’arrogante maniaco del controllo.

«Ciò che è mio è tuo, Anastasia. Se tu non la vuoi, non l’avrò neanche io.»

Il suo sguardo è seducente, non riesco a sostenerlo più, mi tiro fuori dalle sue mani e mi appoggio lontano da lui in modo che non possa toccarmi ancora.

«Puoi andare, Christian. Sarò dimessa domani. Puoi venire a prelevarmi allora.» Sussurro e getto un braccio sulla mia faccia, stando ben attenta a tenere l’altro braccio lontano dalla mia pancia.

«Io… io vado un attimo fuori… a stampare queste immagini.» Balbetta la dottoressa, imbarazzata per la scena a cui ha appena assistito suo malgrado, e si precipita fuori dalla stanza.

Il silenzio è rotto solo dal ronzio del computer e dai nostri respiri.

«Perché fai così, Ana? Io ti amo.» La sua voce sembra soffocata da un singhiozzo trattenuto. Lui non capisce che io in questo momento non lo conosco neppure. Come potrei accettare i suoi sentimenti o ricambiarli?

«Voglio ricordare il mio passato, Christian, ma non credo che una gravidanza possa essermi di aiuto.» Sussurro.

«Che cosa stai cercando di dire?»

«Sto dicendo che sto considerando tutte le opzioni allo stesso modo. Ho bisogno di farlo adesso, io da sola.»

Le mie parole lo fanno arrabbiare a tal punto che scatta in piedi e colpisce il tavolinetto vicino con un pugno.

«Dio, Ana, tu non sei da sola!» Con una mano indica la mia pancia, con l’altra il monitor.

«Non capisci che non si tratta solo di te?» Urla e nella foga fa cadere a terra alcuni strumenti medici.

Le lacrime cominciano a scivolarmi sulle guance, io gemo.

«Perché mi urli contro?»

Il suo viso di colpo si addolcisce e la tristezza gli oscura gli occhi. Si precipita accanto a me e, anche se io mi ritraggo un po’, lui fa scivolare una mano sulla mia pancia e una sopra la mia testa.

«Mi dispiace, mi dispiace tanto, Ana. È solo che… io vi amo così tanto… tutti e due.»

«Chi sceglieresti? Me o il bambino?» Chiedo in un sussurro. È una domanda crudele, egoista, me ne rendo conto, ma mi sento come se fossi fuori di me, non riesco a ragionare lucidamente.

Il suo bel viso è pieno di shock, puro shock. Per lui significa scegliere tra due membri della sua famiglia, uno che non è ancora nato e un’altra che potrebbe essere più sensibile di quanto non sia al momento.

«Te, Anastasia. Sempre te.»

Questa è la cosa più bella che mi abbiano mai detto, ma anche la più triste in questo momento. Se solo potessi ricordarmi anche solo di cinque minuti della vita vissuta insieme a lui!

«Questo non cambia niente. Ho bisogno di pensarci. Torna domani.»

Si sposta all’indietro e, triste, annuisce, deglutendo, poi con un movimento rapido mi lascia sola nel freddo ambulatorio di ginecologia.

Poco dopo rientra la dottoressa e mi si avvicina lentamente e con cautela, evitando il mio sguardo, e con fare gentile mi chiede: «Avete parlato di cosa fare con il feto?»

«Non ne abbiamo discusso davvero, ma io so cosa voglio fare.»

«Che cosa, Mrs. Grey?»

Cinquanta sfumature di un'amnesiaWhere stories live. Discover now