Unus

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Umbria, Basso Medioevo, Giugno.

Il maestro sta spiegando una lezione noiosissima riguardo alle piante curative. Non l'ho dato mai a vedere ma sono molto interessato alla medicina e all'erboristeria. Mi ha sempre incuriosito entrare nelle farmacie e vedere quelle boccettine strane o quegli intrugli che l'erborista preparava. Ho anche fatto apprendistato presso una bottega ma essendo il più piccolo di nove figli la mia famiglia ha deciso che mandarmi in un convento fosse la cosa migliore. Non mi stupisce questa scelta e non posso nemmeno farne una colpa ai miei genitori. Ormai non sono più tanto giovani ed essendo contadini i soldi non girano molto per la casa.
In realtà non sono stato mandato qui solo a causa della mancanza di soldi, ma anche perché diciamo che ne combinavo di tutti i colori. Ero sempre in giro a fare marachelle, tornavo a casa la sera dopo scorribande con gli amici e uscivo la mattina presto. Sì, aiutavo i miei genitori al campo e studiavo per modo di dire dall'erborista, ma era più il tempo che causavo guai che quello in cui me ne stavo buono. Solo che dopo la scappatella con una ragazza in paese, i miei hanno dato un ultimatum: sposarmi con suddetta ragazza. Con tutta onestà, di fare il padre di famiglia a quindici anni non ne avevo proprio voglia. Quindi sono scappato e sono andato in città a cercare lavoro. Non avendo alcuna esperienza tuttavia non ho combinato niente e ho finito per ubriacarmi in una locanda un giorno sì e l'altro pure. Per un caso fortuito, o forse no, uno dei miei fratelli, che lavora come falegname in città, mi ha trovato accasciato vicino a un pozzo e mi ha riportato a casa. Ed è a questo che i miei genitori hanno deciso di spedirmi in convento come punizione, dicendo che qui avrei imparato a starmene al mio posto e avrei imparato a comportarsi come si deve.
Non posso negare tuttavia che la vita monastica, per quanto sia noiosa e monotona non mi dispiace. Ho tutto ciò che mi serve, il cibo non è male, vengo istruito, ho tempo libero e i monaci sono tutti più o meno gentili, anche se a noi novizi ci affidano incarichi a dir poco sconvenienti. Ci sono una decina di ragazzi come me, qualcuno più grande, qualcuno più giovane. Chiacchieriamo durante le ore di tempo libero e durante i pasti in refettorio, guadagnandoci occhiate storte dai nostri superiori. Ma dopotutto siamo un branco di adolescenti in piena crescita, cosa ci possono fare?
C'è una persona in particolare che ha catturato la mia attenzione. Si chiama Lorenzo e ha la mia età. È arrivato un paio di mesi fa come me, ma già siamo diventati molto amici.
Con lui parlo di erboristeria, di piante curative e anche di altro. Scopro che proviene da una famiglia di musicisti, che i suoi genitori sono morti entrambi di polmonite qualche anno fa e che i suoi fratelli maggiori lo hanno mandato qui perché non sapevano come mantenerlo essendo tutti già sposati, è stato vago su questo. So che sa suonare il liuto e il mandolino, e sicuramente a casa sua aveva pure uno strumento. Ma qui gli unici che ci sono, appartengono ai superiori e a noi novizi non ci è permesso utilizzarli. Anche se abbiamo fatto il patto che un giorno ne ruberemo uno e scapperemo in campagna a suonarlo.

Più passo il tempo con Lorenzo, più scopro cose nuove. Lui sa davvero tante cose, e per me che provengo da una famiglia di contadini in cui solo in tre sappiamo leggere e scrivere, questo è un bel passo avanti. Anzi, in realtà sono anche contento di come vanno le cose. Talvolta io e lui rubiamo un pezzo di pane dalle cucine o qualche biscotto e ce lo mangiamo ridacchiando nella nostra camera, che condividiamo, tra nuovi arrivati ci si deve aiutare. Tuttavia, c'è qualcosa che non mi quadra.
Ogni notte, quando parliamo, quando ridiamo e poi ci guardiamo illuminati dalla luce della luna prima di dormire, sento qualcosa nel petto. Un'emozione strana e inspiegabile: è come se mi sciogliessi dentro, come se avessi mille farfalle nello stomaco.
E questa strana emozione non mi abbandona, anzi si fortifica ogni volta che lo guardo, ogni volta che facciamo qualche marachella insieme, ogni volta che lui mi parla e rivolge a me uno dei suoi sorrisi contagiosi, ogni volta che chiacchieriamo durante una funzione, ogni volta che scappiamo dai superiori. Ogni volta.
E io non so cosa sia. Cioè so che i miei fratelli parlavano di "farfalle nello stomaco" riferendosi alle loro fidanzate, e so che c'entra l'amore. Ma Lorenzo? Lorenzo è un ragazzo come me. Non è possibile. Peccherei di sodomia e poi sarei destinato all'Inferno.
"Elia" e io non voglio finire all'Inferno, davvero non voglio.
"Elia" perché poi sarei rinnegato dalla mia famiglia e dannato per l'eternità
"Elia -Lorenzo mi scuote il braccio- Va tutto bene? Stai male per caso?"
"È? Cosa? No, va tutto bene, tutto bene. Stavo solo pensando"
"E a cosa?"
A te... e a me che finisco all'Inferno.
"A niente"
"Non me la racconti giusta. Comunque domani ci tocca la perlustrazione nei campi. Dobbiamo vedere se il grano sta crescendo bene. Poi potremmo fare un giro tra gli ulivi, che dici? Sono riuscito a convincere Don
Pietro a lasciarmi il cavallo, lui è sempre gentile con me, non come Don Lino che è una vipera e non mi lascia mai fare nulla."
"V-va bene, sì c-cioè va tutto bene, ci sto"
"Elia sicuro che va tutto bene? Sei strano" dice mentre rimette a posto i piatti puliti della cena.
"No, no tranquillo, va tutto alla grande. Sono solo un po' stanco. Finalmente domani siamo un po' liberi, ho proprio bisogno di sgranchirmi le gambe" dico sorridendo nervoso.
"Dai, vai a riposarti. Tra poco c'è la Compieta e poi possiamo finalmente andare a dormire" mi sorride di nuovo. Ecco ancora quella sensazione strana, un buco nello stomaco. E il pensiero di uscire con lui domani nei campi non so perché ma mi fa paura. Cioè fino a due settimane fa andava tutto bene... cos'è cambiato? Cosa c'è di diverso in me?

Contro il mondo || 1Where stories live. Discover now