Capitolo 2: Il diario

5 0 0
                                    

Da che l'uomo ha cominciato a pensare si è preoccupato di ciò che lo aspettava oltre la vita.

L'Averno, l'Oltretomba, l'Aldilà: il medesimo luogo si è visto attribuire i più disparati nomi da tutte le civiltà che hanno calpestato, era dopo era, la Terra. Ciascuna di esse ha plasmato la vita oltre la vita secondo le proprie credenze e le rassicurazioni che sentiva il bisogno di trovarvi.

In tutte queste culture, dall'inizio dei tempi sino ad ora, è presente una figura ricorrente, un re o una regina, un custode o un guardiano. Osiride, Ade, Plutone, Hel... I nomi variano, ma lo scopo è il medesimo: vegliare sulle porte dell'Aldilà e accompagnarvi tutte le anime dei morti.

Vorrei proporre ora un esercizio.

Per il suo buon esito, si deve innanzitutto mantenere una mente aperta ed elastica, e considerare reale almeno uno di questi luoghi oltre la vita: non importa quale, o con quale accezione, l'importante è immaginarlo come realtà concreta.

Come ogni possibile Aldilà, anche questo avrà un custode preposto ad accogliere i trapassati.

Ed ora, veniamo alla consegna: cosa accade se a un'anima viene precluso l'ingresso?

Temo di aver trovato a mie spese la risposta: vampiri.

Raccolgo in questo diario tutte le mie memorie e le testimonianze riguardo questa scomoda e surreale verità per la quale l'uomo non è ancora pronto, nella speranza di poter fare la mia parte in una società che un domani potrà trovare rimedio a questo agghiacciante orrore che le civiltà passate ci hanno silenziosamente tramandato.

Non so come sia consuetudine cominciare un racconto: al contrario di quanto sosterranno gli scettici, sono un medico e non un narratore.

In ogni caso, la mia personale vicenda non inizia con una storia di vampiri, ma una semplice, forse banale ma affatto comune, storia d'amore.

Lei si chiamava Florence, una giovane e splendida assistente ai tempi dei miei studi di medicina.

La vidi per la prima volta nell'aula anatomica del professor Van Helsing. Si stava sciacquando le mani dal sangue dell'operazione che aveva appena assistito.

Forse la mia mente è più ristretta di quanto mi piace pensare, ma mi ero sempre prefigurato una fanciulla inorridire alla vista del sangue, e mai me ne sarei immaginato una trattarlo con tale naturalezza e rispetto.

Aveva ragione lei, ovviamente: il sangue è ciò che permette la vita, è naturale, ordinario.

Lei, invece, era tutto fuorché ordinaria.

Ebbi la pazienza e il riguardo di concludere con successo il corso, prima di attirare le sue attenzioni. Ci affezionammo in fretta.

Mi conquistai il privilegio di chiamarla mia, e di esibire una fascia dorata all'anulare che potesse ricordarmi ogni istante di quanto la fortuna mi avesse arriso.

Le cose cambiarono con la medesima celere velocità.

Florence si ammalò. Un male nuovo, sconosciuto.

Consultai tutti i colleghi ed i professori più capaci: chi diceva fosse il corpo, chi la mente.

Conoscevo abbastanza l'uno per potermi dire impotente a riguardo, così iniziai a studiare anche l'altra. Non ottenni niente.

Florence continuava a peggiorare, ed io non potevo fare alcunché per alleviare la sua pena, e la mia con lei.

Quando un uomo incontra la disperazione, scopre che ogni limite viene a cadere: della paura, dello scetticismo, della decenza.

Lacrime d'inchiostroWhere stories live. Discover now