CAPITOLO 45

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Oruro, Bolivia, Miniera di stagno abbandonata, Lunedì 12 febbraio 1945

Due soldati portarono Foster e Ortega nel vecchio deposito che serviva a tenere al sicuro gli esplosivi usati nella miniera, una gabbia di ferro chiusa da un pesante lucchetto. Li ammanettarono e li chiusero dentro, poi uno dei due rimase di guardia davanti al cancello. Ortega sedeva a terra, il viso tra le mani, annientato dal rimorso. "E' tutta colpa mia! Sono stato io a portare qui Maria!" Foster non si sentiva di contraddirlo. Anche se aveva capito l'errore ed era diventato anche lui una vittima, aveva consegnato sua figlia al carnefice, e ora chissà a cosa stava andando incontro la poveretta. "Non sono mai stato un buon padre, sono sempre stato occupato a far soldi, ho perso mia moglie, ed ora ho perso anche mia figlia! Sono stato cieco, la mia ambizione mi ha portato a questo punto!" Il vecchio mestizo non aveva più nulla dell'arrogante latifondista che era entrato nella chicherìa solo due giorni prima, adesso era un padre disperato, colpevole senza possibilità d'appello. Alzò il viso tumefatto per guardare l'uomo che poche ore prima aveva tentato di uccidere, le lacrime scorrevano sulle sue guance. "Perché non mi hanno ucciso? Merito di morire!" Foster cercò di dire qualcosa per scuotere il vecchio. "Avanti, la smetta di piangersi addosso! Non dobbiamo gettare la spugna, dobbiamo trovare un modo per liberarci e salvare Maria!" Mentre le pronunciava si rendeva conto di come suonavano assurde le sue parole. Erano legati, chiusi a chiave e sorvegliati da una guardia armata. In più lui era piuttosto malconcio, la ferita al braccio aveva smesso di sanguinare, per fortuna la pallottola aveva attraversato il muscolo dell'avambraccio senza ledere l'osso o l'arteria. Invece la testa risentiva ancora dei colpi ricevuti, e gli sembrava di avere un martello che picchiava sul suo cervello come se fosse un'incudine. Cercava di guardarsi intorno per farsi venire un'idea, ma la sua mente era totalmente occupata dal pensiero di quello che stava affrontando Maria. Povera ragazza! Non oso pensare cosa stia passando!
Maria incespicava davanti al soldato che la spingeva, senza troppi complimenti, lungo il corridoio che portava agli alloggi della truppa, allestiti nei magazzini della miniera, un po' perché le manette dietro la schiena le facevano perdere l'equilibrio, un po' per la disperazione. Non riusciva a pensare a niente di peggio di ciò a cui andava incontro, e non sapeva come uscirne. Pensa Maria, pensa! Cosa farebbe adesso Jack? Improvviserebbe, certo, e si caverebbe d'impaccio! Ma io sono solo una ragazza, non un uomo d'azione! Un momento... Ma certo! Sono una ragazza e sono laureata in lingue straniere! Si voltò verso il giovane soldato e, in perfetto tedesco, gli disse: "Sei proprio sicuro di volermi dividere con i tuoi compagni? Se mi aiuti a scappare io potrei essere gentile con te..." Lui teneva lo sguardo fisso davanti a sé, lo abbassò un istante quando la sentì parlare la sua lingua, poi tornò a guardare nel vuoto senza rispondere. Maria non si diede per vinta. Sorrise al ragazzo ammiccando con l'espressione più sexy che riusciva a produrre in quelle circostanze. "Se mi porti dagli altri forse non riuscirai nemmeno a toccarmi, mentre potresti avermi tutta per te subito, poi potresti inventare una scusa e liberarmi dalle manette..." Il soldato rifletté un attimo, poi il suo volto inespressivo si allargò in un sorriso, mentre pensava: L'ingenua si concederà prima a me, poi la porterò comunque dagli altri, non voglio beccarmi una pallottola in testa come il mio compagno! Spinse Maria dentro uno sgabuzzino lungo il corridoio, si guardò intorno prima di entrare, chiuse a chiave la porta, e l'ultima cosa che vide quando si voltò fu il piede nudo di Maria che volava verso il suo mento.
Foster andava avanti e indietro come un tigre in gabbia nel vecchio magazzino, cercava di farsi venire un'idea, di improvvisare qualcosa che gli permettesse di liberarsi. In un angolo del magazzino c'erano delle vecchie casse di legno, sul fianco si leggeva ancora la scritta sbiadita "Dinamite"; ma far saltare in aria la miniera per fuggire non gli sembrava un'idea molto furba. Il lucchetto del cancello era solido, non era facile da aprire. Osservò con attenzione la gabbia di recinzione del magazzino che li rinchiudeva; per quanto vecchia non presentava falle o aperture. Poi c'era sempre il soldato di guardia, che non li avrebbe certo lasciati uscire indisturbati. Per quanto pensasse, stavolta non gli sarebbe stato facile trarsi d'impaccio. E poi come faceva a concentrarsi? Immaginava Maria nelle mani dei soldati, povera ragazza, non aveva potuto salvarla questa volta!
Il soldato tedesco riaprì gli occhi mentre Maria gli stava mettendo ai polsi le sue manette. Evidentemente gli aveva preso le chiavi dalla cintura mentre lui era svenuto. Aprì la bocca per parlare, ma una fitta lancinante gli distorse la faccia in una smorfia di dolore. "Meglio che non parli, hai la mascella fratturata... Sei svenuto per il calcio che ti ho dato. Fa male vero? Mi dispiace, ma non mi sento tanto in colpa, visto che volevate violentarmi e poi uccidermi, direi che si tratta di legittima difesa." Maria iniziò a togliere i pantaloni al giovane soldato, che la guardò stupito. "Non farti venire strane idee Fritz, ho soltanto bisogno della tua divisa per passare inosservata e tornare nell'hangar; prenderò anche i tuoi stivali, sono un po' grandi, ma non posso fare tanto la schizzinosa, visto che sono scalza..." Terminò di vestirsi, poi si avvicinò da dietro al soldato tenendo in mano la sua pistola di ordinanza. "Mi spiace tanto Fritz, ma non posso lasciarti sveglio con il rischio che tu dia l'allarme. Buonanotte, e sogni d'oro!" Così dicendo lo colpì alla nuca con il calcio della pistola. Uscì dallo sgabuzzino con indosso la divisa, i riccioli rossi raccolti sotto il berretto con la visiera. Si guardò intorno nel corridoio, nessuno faceva caso a lei, c'era molta agitazione, due jeep stavano uscendo dal cancello d'ingresso e sembravano avere molta fretta, in una di esse riconobbe la sagoma imponente di Ernst Röhm. Bene! Meglio non avere in giro quel cane rabbioso mentre cerco di liberare Jack. Si inoltrò nell'hangar ora in penombra, e si diresse nella direzione in cui aveva visto trascinare Jack e suo padre poco prima. Passando davanti al tavolo dov'era il proiettore scorse lì a fianco il Collare, aperto, vuoto. Questo me lo riprendo, forse avremo bisogno dell'aiuto di Pachamama... Lo richiuse e fece per legarselo al collo, poi notò che il microfilm era ancora nel proiettore. Non c'è tempo Maria, sbrigati, devi liberare Jack!

Foster stava cercando di far parlare la guardia, di provocarlo, nella speranza di spingerlo a entrare nella gabbia. "Facile fare il prepotente se l'altro ha le mani legate, se sei un uomo vieni dentro e affrontami alla pari, slegami e vediamo se sei un soldato del Reich oppure una pappamolla qualsiasi!" Il militare rimaneva inespressivo, guardava fisso davanti a sé, non sembrava reagire alle provocazioni. Foster fece un ultimo tentativo. "Andiamo, non puoi essere così vigliacco! Apri questa gabbia e vediamo cosa sai fare!" Il soldato si avvicinò bruscamente al cancello, sgranò gli occhi, estrasse la chiave dalla tasca e aprì lentamente il lucchetto. Foster era sbalordito. Non poteva esserci cascato davvero... Ortega alzò la testa sentendo aprire il cancello. Dalla penombra dietro le spalle del loro carceriere videro che un soldato tedesco gli teneva la pistola puntata alla testa, poi si tolse il berretto, e una cascata di riccioli rosso fuoco rivelò ai due uomini increduli chi c'era sotto la divisa. "Scusate il ritardo, sono stata trattenuta..." Ortega sgranò gli occhi, stupito di vedere sua figlia viva, in divisa, e con una pistola in mano. Foster si limitò a sorriderle: "Ora sono di nuovo io ad essere in debito con te. Come hai fatto a liberarti?" Maria gli rivolse un sorriso enigmatico mentre spostava il soldato dal cancello per farli uscire, puntandogli la pistola alla fronte. "A volte gli uomini bisogna saperli prendere..."

Il Collare di PachamamaWhere stories live. Discover now