Prologo

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Milano, 11 dicembre 1962.

Una coltre di nebbia avvolgeva l'aria, si faceva sempre più fitta al calar della sera. Sembrava che tutta la città fosse finita in una tela impressionista, era qualcosa di veramente suggestivo.
Prima di rincasare, Vittorio era appena entrato in un piccolo locale all'angolo di Piazza Duomo, Caffè del Corso: era proprio così che si chiamava.
Vide improvvisamente tutto cambiato, non aveva parole.
Al bancone non c'erano più gli stessi sguardi che aveva incontrato l'ultima volta che vi era passato. Una donna bionda in tailleur era appoggiata alla cassa, non poteva avere più di quarant'anni.
Dov'era finito Salvatore? Si era per caso volatilizzato nella nebbia padana, sarà forse dovuto tornare in Sicilia? Mere domande senza risposta scorrevano come il nastro di una pellicola cinematografica incastonata nella mente dell'architetto lombardo.
Si sedette al tavolino vicino al juke box dopo che il suo sguardo cadde inceppandosi in uno strano titolo che risaltava dalla testata del Corriere della Sera:

Milano Infernale: ci son Conti che non tornano

Cosa sarà mai questo? Continuava a cincischiare, la fronte aggrottata e il solco rugoso non si apprestava a passare.
Si apprestò a leggere l'articolo, non ne sapeva proprio nulla. Era vero che non aveva avuto proprio tempo per tutto il giorno oltre a quello che era appena arrivato. L'avranno cacciato, il suo primo pensiero andò a quel legame con Ravasi che nel frattempo era tornato dall'America e aveva acquistato la Rinascente avendo avuto così una vera rinascita. Solo questo e l'aveva saputo, ormai non si faceva che parlare di questo per le vie milanesi. Ma stavolta in realtà non si parlava più di quella famiglia, la pagina davanti ai suoi occhi non trattava affatto di resurrezione o risveglio e parole simili, il Paradiso aveva ormai chiuso definitivamente le porte e non ci sarebbe stata fede o speranza e carità alcuna per evitare, tanto meno risolvere il caso.
Persino il mondo crollò tutto addosso a Vittorio che si mise le mani tra i capelli e aveva cambiato espressione, gli occhi gli scoppiavano e la voglia del caffè gli era totalmente passata, la donna della cassa se ne accorse e intervenne in suo aiuto.

"Signore, Vi sentite bene?" un'improvvisa pacca sulla spalla lo fece un po' in qualche modo tornare alla realtà.

L'uomo annuì ma era chiaro che niente era affatto vero, era rosso in volto e pareva di aver perso ben dieci anni della sua vita anche in un solo secondo: era già evidente tutto.

"Volete qualcosa?" chiese di nuovo la donna, poca confidenza e ben capiva che non era più nessuno.
"No, sto bene! È ora di andare!" liquidò tutto, gli occhi ancora più grandi e ora capiva perché tutto fosse cambiato, prima di tutto la sua vita e aveva ragione Marta, lui era nulla e per questo tra loro era finita: il suo fallimento cominciava da lì.

Da quello passarono lenti e rapidi i giorni, la gente che prima si stava preparando al Natale e ai primi saldi, adesso non aveva più voglia. Il Paradiso che prima significava tutto per gli abitanti del posto, quasi uno sfogo dalla frenetica vita quotidiana e dal freddo cisalpino incominciò per esser considerato come un mero ricordo remoto per poi passar completamente all'oblio. Ogni qualvolta che qualcuno passava di lì sentiva il cuore abbuiarsi e andare in frantumi, il silenzio assordante infastidiva i timpani, le ragnatele si ramificavano tra i pensieri, ormai tarli passivi continui nella mente.
Era un'epoca aurea pronta a passare alla storia come indimenticabile ma che non sarebbe mai tornata, ormai più quella.
Trascorsero anche i mesi, furono parecchi e soprattutto molto lunghi. L'apatia era forte a tal punto da non recare distinzione tra periferia e centro città, era un'amarezza dentro al cuore che prima o poi sparì. I giovani non la conoscevano neppure e fu proprio allora che tutto cambiò, accadde decisamente così.
Come per magia le porte del Paradiso si aprirono un'altra volta facendo sì che il sole entrasse, pur essendo Milano una città piuttosto uggiosa lo fece. Forse era perchè andò all'asta o chissà cosa altro. Lo fece e come al di là delle vetrine, ovunque. Tornò il sorriso negli occhi delle persone e soprattutto dei turisti, anche loro fecero loro ritorno e Milano finalmente non fu più sola.
Vittorio no, non risedette più alla sua scrivania in noce anche se il Paradiso aveva ripreso nuovamente come per incanto a splendere d'energia e amore. Ormai non era più suo essendo ovviamente divenuto di un altro imprenditore e questi aveva all'incirca la sua età.
Naturalmente i nomi non erano più i soliti e nemmeno quelli che il Signor Conti pensava, erano altri: Veronesi era la parola che spiccava di più e compariva più volte. Ettore Veronesi, un magnate di gran fama: aveva comprato tutto e come se l'aveva fatto.

Lecce, 11 dicembre 1963.

"Dovevo dirtelo, mi spiace! Ci rivedremo, ciao... mio caro e amato Carlo!" Gigliola era completamente con le lacrime agli occhi, lui a quella notizia non osò dire nulla.

"Ho quasi finito, mancano solo le scarpe e poi sarà tutto a posto... non ho molto nel guardaroba, se ciò così non fosse... se avessi avuto anche solo qualche soldo in più non mi sarei buttata in questa avventurosa scelta..." era passata già più d'un'ora da quando la ragazza era rincasata dopo essersi vista con il suo Carlo sotto il solito lampione della piazza principale della loro città.

Aveva le lacrime agli occhi ma non poteva farci niente, era infelicemente anche lei una delle infinite vittime dei suoi tempi: era fortemente combattuta, maledette la miseria e l'emigrazione. Le paure di lasciare tutto quello che l'ha vista fino a quel giorno, l'ansia di partire e la preoccupazione di non farcela: erano queste alcune delle tante emozioni che la facevano fremere mentre era intenta a disfare l'armadio e a riempire le valigie quasi appena prima di partire. Inizio a piangere, come poteva mai essere tutto questo?
Ad un tratto uscì dalla stanza come per riprendersi e cercò di non incrociare gli sguardi dell'amica e della sorella che era venuta a prenderla per uscire insieme, l'aveva sentita entrare dopo aver suonato e che sua sorella Aspasia le avesse aperto la porta.
Era una casa piuttosto modesta la loro, abitavano da sole con la madre Nilde e il padre Giuseppe le poteva seguire il più delle volte non altro che da lontano. Le precarietà della vita e il misero lavoro la chiamavano e non poteva ritirarsi indietro. Amava la famiglia e le figlie e considerava il tutto come uno delle cose più fondamentali al mondo ma per loro non poteva esserci se non solo con il cuore ogni qualvolta inviava loro i propri più che generosi aiuti. Molti rimanevano così a quell'epoca che equivarrebbe ora a ben circa 60 anni fa.

"Ciao, Gigliola Cos'è che non va?" chiese l'amica ancora del tutto inconsapevole di cosa stesse realmente accadendo.
"Niente, va tutto bene!" smorzò in un fil di voce, voleva negare l'evidenza e anche in quello fallì.

L'ansia era tanta e tremenda, cercò di placarla mettendosi un ciuffo dietro l'orecchio.

"Dai, non me la racconti giusta, che hai?" replicò la castana con una faccia alquanto insinuante e perplessa.
"Marina, mi spiace ma devo farlo!" la mora sbuffò, gli occhi di Marina erano diventati ancora piu grandi di quanto già realmente fossero.

Erano degli occhi cerulei e rari, sembravano quasi essere usciti dalle loro orbite. Marina rimase proprio stupita dalla risposta vaga che l'amica aveva appena esalato.

"Non ho più speranze qui... Marina, devo partire... emigro e me ne vado a vivere a Milano! Per ora e per sempre!" replicò.
"Cosa? E tua sorella lo sa? Carlo..." venne interrotta.
"Carlo, si... mia sorella, ancora no... sembrerebbe strano ma è stato all'improvviso, le bollette non riesco più a pagarle... le maestranze tessili non pagano assai e nemmeno come devono... i prezzi sono aumentati negli ultimi tempi, sarà stata la guerra.. non so, nemmeno i rinforzi dati da mio padre bastano a tutto..." cercava di trattenere le lacrime.
"Eh, mannaggia..." sospirò la ragazza dagli occhi blu.
"Che avete?" irruppe la gemella nel soggiorno, recava in mano la bacinella del bucato.
"Aspasia... aspetta, lasciami parlare... ciao, gemella... io sto per partire..." ancora in un fil di voce, l'altra aggrottò la fronte "Vado a vivere a Milano... vi scriverò... Geme, con un aiuto doppio potrai sopravvivere..." continuò, questo era il nomignolo che le dava.

Daniele Liotti as Ettore Veronesi

(il nuovo proprietario del Paradiso)

Cristiana Capotondi as Teresa Botticelli (la nuova barista)

Alessandro Tersigni as Vittorio Conti

Pilar Fogliati as Gigliola Orsini

Matteo Martari as Carlo Carafa

Beatrice Grannò as Aspasia Orsini (sorella di Pilar)

Matilde Gioli as Marina Perrone (amica di Pilar)

Anna Valle as Nilde Pagliara (mamma di Pilar)

Alessio Boni as Mario Orsini (papà di Pilar)

Il Paradiso Delle SignoreWhere stories live. Discover now