Capitolo 12: telefonata non gradita

273 8 1
                                    

21 Settembre 2021

Mostro il sorriso più triste degli ultimi giorni, salutando con la mano l'aereo in cui dentro si trova la mia amica.

Non sapevo sarebbe partita oggi è mi dispiace non aver passato tanto tempo assieme, ma sono certa che presto ritornerà qui a Milano.

Mi giro verso il mio migliore amico e, in pochi secondi, lui mi stringe subito tra le sue braccia «mi manca già» gli stringo il petto dandogli elle leggere carezze sulla schiena «la rivedremo presto, tranquillo»

Lui non mi lascia, continua a stringermi tra le sue braccia e l'unica cosa che posso fare è quella di ricambiare sempre, senza staccarmi un nano secondo, senza stufarmi del suo caloroso abbraccio.

Stare tra le sue braccia è come stare a casa, con lui sto bene, lo so da sempre.

Tira su con il naso e poi si allontana da me «mi hai perdonata?» domando allacciando il mio braccio al suo e uscendo dall'aeroporto.

Lui scuote la testa, ma sulle labbra ha un ampio sorriso «non vorrei, ma è una stronzata» si gira a guardarmi con il naso leggermente arricciato «alla fine puoi uscire con chi vuoi, chi sono io a deciderlo?»

Quello che cerco di spiegargli da una vita.

Insomma, quando iniziarono le mie uscite con Rafael, Nic non era particolarmente felice.

Non ho ben mai capito se fosse per la squadra o semplicemente perché non gli piacesse come ragazzo e, ad essere sincera, ora non ne voglio assolutamente parlare.

Ormai Rafael fa parte del mio passato, un ragazzo così immaturo non merita il mio amore.

Ancora non riesco a credere che abbia messo in mezzo una gelosia del genere per mettere a rischio la nostra relazione. Avrei preferito mille volte la verità.

Poi mi vengono in mente le parole di Martina, ovvero quelle in cui mi dice che io e il ragazzo al mio fianco siamo una bella coppia.

E poi penso anche alle parole di Laura.

Infondo non mi dispiace pensare che potremmo essere una bella coppia, in fondo posso solo ammettere che sono d'accordo.

Perché è così, siamo così in sintonia, ma allo stesso tempo così diversi, che sembriamo una coppia.

Le nostre risate suonano perfettamente insieme, per non parlare dei nostri movimento sempre coordinati e della nostra telepatia soprattutto.

Entriamo in macchina. Nic accende la radio, ma subito mi affretto a schiarirmi la voce per poter parlare «posso chiederti una cosa?» spengo di getto la radio mentre lui, prima indossa la cintura e poi, si gira verso di me «dimmi tutto»

Voglio seriamente chiederglielo? Mi sento una bambina, anzi peggio, mi sento quella quindicenne di anni fa, ma la curiosità ormai è più forte di me.

Così mi giro a guardarlo meglio, non troppo perché la cintura me lo vieta «perché quella volta-» inizia col dire.

Il mio sguardo si sposta verso le mie mani intrecciate «perché quella volta che venimmo a Cagliari e ti dissi della mia stupida cotta» alzo lo sguardo ed incontro i suoi occhi «tu mi abbracciasti senza dire nulla?» finisco la mia domanda e poi faccio un respiro profondo, non sapendo cosa dire più.

Per un secondo posso leggergli una leggera ansia passargli per lo sguardo, ma poi si sistema meglio «perché non sapevo cosa dirti Gi» si morde il labbro mentre anche lui abbassa leggermente lo sguardo «solo per questo?» ecco l'ennesima domanda.

Lui annuisce e poi alza lo sguardo per incontrare i nostri occhi «insomma, eri la mia migliore amica, non che ora non lo sei, due regioni totalmente diverse con passioni totalmente diverse, non sapevo esattamente come dirti che quello che provavo per te era semplice amicizia» una piccola parte di me è scossa per questa sua ultima risposta.

Un po' fa male sapere che Nic non mi ha mai vista in quel modo, ovvero come una sua probabile ragazza.

Dovevo starmi zitta, non dovevo chiederglielo, ora starò male.

Si perché fa un po' male, se quello che mi ha detto ora lo avesse detto alla ragazzina di quindici anni, molto probabilmente ora non saremmo così amici.

«capito, grazie per avermi risposto» gli mostro uno dei sorrisi più tirati degli ultimi cinque anni e poi lui si gira, mettendo in moto l'auto.

Tra una sua chiacchierata e il mio silenzio, un cellulare comincia a suonare.

Riconosco subito che è il mio perché riconoscerei It's Been a Long, Long time anche se fossi in una stanza piena di cellulari che squillano.

Adoro quella canzone, soprattutto dopo aver visto i film Marvel, la ricorderò sempre come la canzone di Steve e Peggy anche se è abbastanza brutto ricordare una canzone perché l'hai sentita in un film. Ma poco importa, a me piace e basta così.

Rispondo senza neanche osservare chi mi stia chiamando «pronto?» domando guardando fuori dal finestrino.

Ho notato che in questo periodo tutti decidono di chiamarmi mentre sono in macchina, che sia la mia o di qualcun altro.

«Ginevra? Sono io Lautaro» di bene in meglio, insomma, dopo la leggera chiacchierata con Nic, non mi andava di sentirlo, dovevo leggere il nome prime di rispondere.

Sento lo sguardo di Nicolò bruciare sulla mia pelle quando riconosce la voce, leggermente elettronica, provenire dal mio cellulare.

Nonostante sia vicino il mio orecchio è riuscito ugualmente a capire chi fosse e lo capisco quando sussurra "che cazzo vuole questo ora"

Scuoto la testa «ciao Lautaro» sorrido leggermente in modo forzato aspettando che lui mi risponda «come va? Hai risolto con Nicolò?» mi giro verso il mio migliore amico e, caso vuole, lo becco mentre lo scimmiotta.

Mi mordo il labbro «si» non dico nient'altro perché ritengo che queste siano faccende nostre e non mi piace molto sventolare ai quattro venti quello che succede tra me e lui «mi fa piacere»

Lo sento chiaramente sorridere «ti andrebbe se ci rivediamo? Non so, in questi giorni potresti venire a vedere gli allenamenti» mi suggerisce mentre io mi sistemo meglio sul sediolino «si, certo, mi farebbe piacere» chiudo gli occhi «perfetto allora»

«fammi sapere quando vieni» annuisco anche se so perfettamente che lui non può vedermi «senza ombra di dubbio» ci salutiamo e le telefonata termina.

Mi giro verso il mio migliore amico osservando le sue mani sul volante. Le nocche sono così pallide da quanto stringe lo sterzo «"fammi sapere quando vieni"» lo guardo male «che c'è?»

«sono geloso ok?» si gira un nano secondo verso di me. Incrocio di scatto le sopracciglia «sono geloso perché non voglio che altri ragazzi della squadra abbiano a che fare con te, per questo» annuisco e poi chiudo gli occhi «ma non fa nulla, la vita è tua, esci con chi ti pare» mi sorride forzatamente e poi le nostre chiacchiere terminano qui e riprendono solo quando, dopo avermi riportata a casa, mi saluta.

Questo ragazzo mi fa diventare pazza ogni giorno.

Sei sempre stato tu! || Nicolò Barella || जहाँ कहानियाँ रहती हैं। अभी खोजें