...e mi sorrise...

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Appena si è seduta ci sono stati degli istanti di silenzio imbarazzante, ci siamo girate entrambe di scatto, ci siamo guardate negli occhi e ci siamo rigirate immediatamente, subito dopo con la coda dell'occhio notai il suo sguardo e notai che era un sacco a disagio. Aveva l'aria di quelle persone che non volevano essere lì, non volevano tutto questo. Ma d'altronde chi avrebbe voluto?. Mi ci allontano a posta dalla gente, perché so di dare fastidio. A un certo punto si mise a ridere a caso: "risata nervosa?" le chiesi, "si, purtroppo si" rideva, e notavo anche che nel mentre parlava, si toccava i capelli, "perché purtroppo?", "beh, spesso rido nei momenti meno opportuni", "siamo in due!" esclamai, e ridemmo entrambe. Dovevo ammettere che era molto carina quando rideva. "Beh dai, allora; ti spiego" mi disse tornando serie, "sono venuta qua da te per chiederti se fosse tutto okey?" mi disse, io feci una faccia stranita non capendo il perché di quella domanda posta in quel modo, "penso di sì", "boh perché sai, vedevo che piangevi" rimasi, scioccata "ah sì, non me ne ero neanche accorta" le risposi; di solito non piangevo mai, ma davvero mai, avevo imparato a non far vedere le mie emozioni, neanche quando stavo male, per quanto io possa ridere con gli altri, dentro di me piango, e non lo faccio notare, ho imparato a far finta che io sia indifferente a tutto, anche se non è così.

Detto sinceramente sono stata contenta di piangere un po', perché chi come me non piange tiene tutte le proprie emozioni dentro, chi invece ha la fortuna di piangere, fa cadere una parte del suo turbamento a ritmo della caduta delle proprie lacrime. Quella sera mi venne una crisi, cosa che ultimamente capitava spesso, probabilmente per l'accumulo di tutto. E lei, se ne era accorta, sono rimasta piacevolmente stupita dalla sua sensibilità.  "Comunque grazie di essertene accorta" le dissi, "no tranquilla" e mi sorrise. "Ah e grazie di essermi venuta a parlare" le dissi anche, " non ringraziarmi, perché non ho fatto davvero nulla" mi rispose, mantenendo il suo splendido sorriso, ma cambiò espressione dicendomi: "io, comunque, sono Meg", " io, Nicole" le dissi sorridendo, poi mi chiese: "cosa disegni?", "la luna, ma non sono brava per nie...", " Nicole, Nicolee!" urlava mia madre avvicinandosi a me e a Meg, "ehi, Nicole dobbiamo andare" mi disse, intenta nel rigirare i sui tacchi con zeppa; "okey, ora arrivo" le risposi, ma poco prima di andare mi rigirai verso Meg, dicendole: "ehi scusa Meg, non pensavo che sarei dovuta andare così presto" tutto con un tono malinconico poco velato, "stai tranquilla davvero, ci sarà modo di rivederci, come è già successo d'altronde, no?", avrei voluto vedere la mia faccia in quel momento, per capire anche solo dall'espressione quanto potessi essere basita, anche lei si ricordava dell'incontro alla stazione, non che poi fosse stato un vero e proprio incontro, forse solo per i nostri occhi e le nostre anime. "Beh, comunque, magari..." le risposi, abbassando gradualmente il tono della voce durante il continuo della frase, quasi per non farmi sentire, anche se in realtà volevo farmi sentire eccome. "Nicole, Nicolee, dai saluta che dobbiamo andare!" la voce di mia madre ci raggiunse in piedi vicino alla panchina, "okey, ho capito!" mi disse, e con uno scatto mi prese il braccio e la penna dalle mani, e velocemente mi scriveva dei numeri su braccio. Aveva delle belle mani morbide, e il tocco della punta della penna sulla pelle faceva un leggero solletico piacevole; "questo è il mio numero, ciao!" mi disse nel mentre tornava a passo svelto al suo tavolo.

Mi si creò un sorriso splendido in viso.

l'indecisione...Where stories live. Discover now