capitolo 1

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Ogni tifoso azzurro stava esultando. Erano tutti in piedi e molti agitavano in alto cartelloni e bandiere. Urla di gioia, lacrime di felicità e sorrisi enormi sui volti degli italiani. Sul cielo di Londra si stava diffondendo un'atmosfera magica.

Quel ragazzo entrato in campo sei minuti prima della fine del secondo tempo aveva cambiato le sorti della partita in pochi minuti. Un goal al novantacinquesimo e una bellissima giocata che aveva tolto il fiato a ciascuno spettatore.

Lui era riuscito a dare una svolta ad una partita ben giocata ma apparentemente interminabile. La tensione era leggermente calata ed i riflettori erano puntati tutti sul numero 14 della nazionale italiana: Federico Chiesa.

Con la sua scivolata aveva raggiunto l'angolo destro della metà di campo Austriaca e ora tutti applaudivano mentre il telecronista gridava con enfasi il suo nome. L'attaccante aveva fulminato non solo il portiere austriaco ma anche me, seduta sugli spalti, che non riuscivo a distogliere lo sguardo dalla sua figura.

Ora i miei occhi incrociavano i suoi castani che erano parsi proprio alla ricerca del mio volto. Un sorriso colorava il suo viso di allegria. Ecco che lo raggiungevano correndo i compagni di squadra pronti a festeggiare con un abbraccio di gruppo.

La partita riprendeva ma le menti erano rimaste all'azione compiuta pochi istanti prima dal calciatore juventino. Io stessa continuavo a pensarci; rivedevo quello sguardo che per me era stato come una conferma.

Ero finalmente certa che quella tra noi due non fosse più una semplice amicizia; in verità non lo era mai stata e questo lo avevamo capito entrambi dal nostro primo incontro. La luce che si era accesa nei suoi occhi mi aveva dato coraggio. Terminata la partita gli avrei parlato. Volevo farlo, dovevo farlo. Ero determinata.

Mentre riflettevo, i calciatori italiani e austriaci continuavano a dare il massimo in campo.
La fine della partita si avvicinava sempre di più ma il vincitore era ancora incerto.

Al 105esimo minuto scattava il secondo goal per l'Italia. Matteo Pessina mandava la palla nella rete e gli azzurri esultavano per una seconda volta a distanza di alcuni minuti. I cuori degli italiani si riempivano sempre più di speranza e l'aereo verso i quarti di finale sembrava essere quasi decollato.

Poco fortunato e molto critico il secondo supplementare, dove anche Sasa Kalajdzic, giocatore austriaco, riusciva a superare l'imponente Donnaruma. I battiti delle persone sugli spalti acceleravano e il timore dei rigori incombeva sempre più.

Nonostante l'ultimo goal, gli italiani potevano tirare un sospiro. Era arrivato il fischio dell'arbitro e l'incontro era giunto al termine. Mancava soltanto una cosa da fare prima di potermi focalizzare sulla prossima partita: parlare con Federico.

I tifosi stavano lasciando lo stadio e i giornalisti intervistavano i calciatori. Io ero rimasta lì e ascoltavo le parole di una delle star del match.
L'autore del primo goal dell'Italia citava frasi dette dall'allenatore, parlava del suo goal e si complimentava con gli avversari per il grande ottavo di finale appena giocato.

Aveva concluso il suo intervento e si stava dirigendo verso la panchina dove c'erano gli altri compagni ad attenderlo e a commentare la vittoria. Nel frattempo io stavo provando a raggiungerlo in campo per potergli parlare.

- "Ragazzi sapete se Viviana ha già lasciato lo stadio?" esordisce lui a voce alta per farsi sentire bene dai membri squadra azzurra.

Riesco a sentire non solo le sue parole ma anche le risposte incerte dei calciatori alla sua domanda.

Raggiungo anche io la panchina e per attirare l'attenzione del numero 14 provo a dire qualcosa. La mia voce viene però fermata da un nodo nella gola causato dall'ansia.

bella come quel goal || Federico ChiesaWhere stories live. Discover now